L’associazione Amici della terra chiede la sospensione del consiglio comunale di Sesto Calende
Mercoledì 31 marzo l'amministrazione presenterà la proposta di alienazione dei terreni dedicati agli orti sociali in via Bacula. La onlus:" Il sindaco è chiamato a garantire ai cittadini spazi di cooperazione per il progresso del vivere e dell'ambiente cittadino"
Riceviamo e pubblichiamo la lettera del presidente dell’associazione Amici della Terra Varese Arturo Bortoluzzi in cui viene richiesto al soprintendente di sospendere il consiglio comunale sestese di mercoledì 31 marzo. Tra i punti (n.6. ndr) all’ordine del giorno risulta infatti “l’approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni del patrimonio comunale” che riguarda anche i terreni dedicati agli orti sociali di Via Bacula. Dopo le 334 firme raccolte dal gruppo “Orti Urbani a Sesto”, la presa di posizione della onlus a due giorni dalla seduta cittadina.
Illustre Soprintendente,
siamo a chiedere un suo intervento urgente che vada a sospendere il Consiglio Comunale convocato per discutere e approvare la vendita di un terreno in territorio comunale edificabile. Le costruzioni che saranno inevitabilmente realizzate stravolgeranno il paesaggio e la storia del territorio.
Trattiamo di una questione (Orti urbani in un terreno edificabile di proprietà comunale) che sarà affrontata e risolta nel consiglio comunale del Comune di Sesto Calende convocato per il 31 Marzo. Alcuni cittadini, che hanno costituito un apposito comitato, hanno fatto presente le loro ragioni a difesa dei valori storici e paesaggistici del territorio.
Siamo, in pratica, venuti a sapere dal giornale locale di questa protesta e dei suoi motivi. Abbiamo scritto al Sindaco del Comune di Sesto Calende per fare presente tre questioni:
una di ordine storico, distruzione dell’area destinata a ospitare gli orti;
una di ordine ambientale, vendita di un terreno comunale per permettere ai privati di poter costruire;
una di ordine legislativo, che è il rispetto della vigente Costituzione italiana.
Tratto subito questo argomento.
Con ragione possiamo parlare di Costituzione incompiuta.
Non era una elegante astrazione intellettuale discutere, quasi settant’anni fa, del paesaggio, dell’architettura e dell’arte come un fatto pubblico.
L’articolo 9 della Costituzione “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” non nacque dal nulla. Il dopoguerra fu un momento fervido di riscatto e di comune visione di uomini e donne di diverse fedi e culture, dai liberali, ai socialisti, ai comunisti, ai democristiani.
Se la sovranità appartiene al popolo, come è scritto nell’articolo 1 della Costituzione, anche il patrimonio storico e artistico appartiene allo stesso direttamente. Non alla politica, che agisce al chiuso. Noi siamo della opinione che il Comune non possa agire prima di aver sentito le persone che vivono nel suo sedime.
E la Repubblica tutela il patrimonio innanzitutto per rappresentare e celebrare il nuovo sovrano cui il patrimonio ora appartiene: il popolo. Cosa è il patrimonio storico e artistico? Non è un calcolo matematico, cioè la somma dei musei, delle singole opere, dei monumenti; è, invece, “una guaina continua che aderisce al paesaggio – cioè al territorio della Nazione – come la pelle alla carne di un corpo vivo”. Questo lo Scrive Tomaso Montanari, storico dell’arte, in un libro polemico e ben documentato dal titolo “Costituzione incompiuta, Arte, paesaggio e ambiente”, editore Einaudi.
Siamo con Montanari perché si istituisca una sorta di magistratura del patrimonio indipendente dalla politica che sani il perenne conflitto tra lo Stato e le Regioni competenti in materia urbanistica (il consumo del suolo: l’8,1 percento della superficie nazionale è coperta da costruzioni, rispetto alla media europea che è del 4,3 percento).
Chi deve controllare i controllori e la politica?
Lo stato siamo noi!
Siamo noi a dover essere i custodi del più grande patrimonio artistico che appartiene come fatto spirituale alla civiltà del mondo.
Siamo noi cittadini, che ben consci dei nostri diritti, dobbiamo prenderci coraggio (ed essere attivi e vigili), protestare, a più livelli, per il modo in cui vengono trattati i beni storici del nostro territorio.
Il Sindaco di Sesto Calende è pertanto chiamato a garantire ai cittadini spazi di cooperazione per il progresso del vivere e dell’ambiente cittadino. Questo è illogico che venga occupato da una costruzione in un momento come questo dove il sentire sociale è drasticamente pendente verso il risparmio territoriale che è una vera priorità.
Non riusciamo a vedere, in questa decisione, quale possa essere la bontà che lui vede per la socialità.
Il Comitato “Orti Urbani” ha già esposto al Sindaco e agli organi di informazione le proprie critiche e le proprie proposte. Noi le sposiamo e rispondiamo così facendo nostro quanto è stato significato.
Ci attendiamo una risposta fattuale dal Consiglio Comunale e dal Sindaco nella riunione fissata per mercoledì p.v. Sarebbe questo un miracolo che non possiamo che invocare.
Riteniamo che la competente soprintendenza non possa tenersi fuori da questa questione che tocca sia aspetti ambientali e paesaggistici, sia il rispetto della storia del territorio e di coloro che lo hanno abitato.
Il terreno di proprietà comunale non è libero, è detentore della storia dell’abitato che lì aveva costruito i propri orti.
Pertanto Le chiediamo con massima, urgenza, di far sospendere ogni decisione comunale a tal proposito.
Cordialmente
Il presidente
Arturo Bortoluzzi Varese, 29 Marzo 2021
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