Industriale di Varese compra un castello e scopre un delitto del 1300
L'incredibile storia del cavaliere di Gragnola, ucciso nel 1340 con un colpo di balestra in gola. Oggi è un caso scientifico
Il cecchino mirò in volto e lasciò andare la corda. Un omicidio a sangue freddo, con una balestra. La freccia penetrò in gola staccando i denti dell’arcata superiore, l’uomo morì sul colpo. Il delitto avvenne nel Castello dell’Aquila di Gragnola, comune di Fivizzano, in provincia di Massa Carrara. La proprietaria non ha segnalato il fatto alla polizia, bensì alla Sovrintendenza ai beni culturali. Lo scheletro è infatti “resuscitato” durante i lavori di restauro del maniero, nel 2004, appartenuto ai Malaspina ma ormai diroccato quando nel 1996 fu acquistato da Gabriella Maria Girardin Faverio, 74 anni, figura molto importante per la provincia di Varese, professoressa di italiano ma anche moglie di Luciano Faverio, titolare della Inca, una importante fabbrica di cosmetici di Porto Valtavaglia.
Il restauro del castello è ormai concluso: è diventato una sala banchetti e un luogo di soggiorno in dimora storica. L’investimento insomma sarà ripagato grazie a un business turistico e artistico. Basta suonare al cancello per effettuare la visita completa (5 euro). Arrivarci è una scoperta. Lo vedi quasi per caso ammirandolo, da lontano, svettare sulla collina che domina il borgo di Gragnola. Una strada malconcia ti conduce alla sommità. Si raggiunge un cancello, si suona e la castellana ti accompagna tra le stanze del castello. Nel 1949 la torre pericolante fu demolita con la dinamite. Da allora andò tutto in rovina, ma un recupero prodigioso ha riportato tutto com’era un tempo. Ora, dall’alto della torra antica si può godere un panorama sugli Appenini, la Lunigiana, e sulla sottostante Versilia che lascia di stucco.
IL RITROVAMENTO DEL CAVALIERE
Per “vendere” ai turisti questi castelli, tra Emilia e Toscana, spesso ci si inventa la leggenda di un fantasma. Qui invece ti raccontano che è avvenuta un cosa ancora più intrigante. Durante gli scavi per ricavare dalla vecchia porcilaia un bagno, è stato rinvenuto uno scheletro. «Pensavo si trattasse di partigiano – osserva la proprietaria – e invece trovammo nel collo dello scheletro la punta di una freccia». Il racconto che la donna rivolge ai turisti è questo: il delitto avvenne intorno al 1340, così avrebbe sentenziato l’analisi al carbonio 14 effettuata a Miami. Tre università se ne sono già occupate. Si sono tenuti convegni e conferenze. Ai turisti di passaggio viene mostrato un filmato tridimensionale che ricostruisce come avvenne l’omicidio. L’uomo era un cavaliere, ma più precisamente un messaggero. Aprì la bocca per lo spavento e la freccia lo uccise sul colpo. Il corpo fu sepolto in tutta fretta. Doveva essere di stirpe nordica. Su internet si possono trovare diversi materiali sulla vicenda. Al netto dei pur ovvi aspetti di marketing, resta il fascino di un recupero effettuato con grande intelligenza. Un pezzo di storia Toscana rinata, piano piano, grazie a un investimento privato che arriva da industriali di Varese. Ma non solo: sembrerebbe proprio la fusione di una miniera inestimabile di storia e cultura, con la passione e la capacità di chi l’ha fatta rinascere usando bene i propri soldi.
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