Momò, da calciatore a senzatetto
Da Tortona arriva una storia opposta a quella a lieto fine di Moussa, che da profugo in un barcone della speranza è diventato un calciatore di serie D. Ce la racconta Lorenzo Franzetti
Da Tortona arriva una storia opposta a quella a lieto fine di Moussa, che da profugo in un barcone della speranza è diventato un calciatore di serie D.
Momò infatti in Italia ci è venuto da calciatore, e si è ritrovato senzatetto.
La sua storia l’ha scritta l’isprese Lorenzo Franzetti, di cui vi abbiamo da poco parlato per la sua scelta di vita: da giornalista appassionato di ciclismo a “uomo che si sporca le mani” proprio con le biciclette.
Ora, sul suo profilo facebook, racconta questa storia, scoperta durante una gita: speriamo che anch’essa abbia, prima o poi, una migliore conclusione.
La storia di Momò è ancora tutta da scrivere.
2 gennaio, anniversario di Coppi, quest’anno ci ho portato tutta la famiglia su a Castellania. Nevicava. Toccata e fuga di rito, brividi e strette di mano di vecchi nostalgici e poi discesa su Tortona, per pranzare con i tradizionali agnolotti. Sotto i portici di Tortona, il deserto o quasi: c’era solo Momò. Quasi congelato. Con la sua faccia rassegnata, ma con la pettinatura da calciatore.
E’ mia moglie Alessandra a notarlo e a farlo parlare. Momò è l’ennesima vittima delle illusioni: gira tra Tortona e Voghera, dormendo sui treni. Ha in mano un certificato medico che lo attesta come calciatore. Era venuto in Italia per inseguire un sogno, per giocare a pallone: si è affidato a un falso procuratore, dice lui, e a promesse vuote. Qualche partita gliel’hanno fatta giocare, in un paio di squadrette a Genova e dintorni, e poi fine del sogno: era tutto finto, la storia vera lo ha fatto precipitare in provincia, come uno dei tanti clandestini.
Alessandra gli ha regalato una sciarpa, che non è quella dei tifosi, ma è molto più preziosa per uno che gioca la sua partita ogni notte, al gelo dell’indifferenza e della pianura. Una storia disgraziata, questa, di un ragazzo di madre nigeriana e padre camerunense: sognava di fare fortuna col calcio. E’ l’unica certezza, questa illusione.
Il resto è una storia ancora tutta da capire, è la versione di chi si ritrova ai margini, non in panchina, accanto a un allenatore, ma tra i portici di Tortona e la stazione di Voghera. Abbiamo contattato e coinvolto un ragazzo del posto, che fa il mediatore culturale, che si chiama Claudio Cheirasco, per cercare di raddrizzare il destino di Momò.
Si può fare qualcosa?
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.