Nella scuola dei mestieri, fiore all’occhiello della città
Stanno per chiudersi le iscrizioni al Centro di Formazione Professionale di viale Rimembranze, fra vecchie e nuove professioni che aprono la mente dei giovanissimi
Le nonne della casa di riposo che si lasciano coccolare dalle giovani estetiste, 14 anni, che tagliano loro i capelli, tinta e piega, e magari in cambio si fanno raccontare storie di una volta.
I ragazzi della scuola di cucina e di sala, che si lasciano istruire all’arte del servire da un professore che ha shakerato il primo cocktail mentre faceva la quarta elementare.
Molti sogni, tante vite, altrettante storie, dietro le quinte del Cfp di Luino, il Centro di Formazione professionale che conta 220 studenti e dove le iscrizioni per i corsi che formeranno le future professionalità di questo territorio si chiuderanno fra pochi giorni.
Vale la pena ascoltare la varietà delle attività che qui vengono offerte dalle parole della direttrice Ornella Borrè, dal 1975 al Centro e che qui ha fatto gavetta e carriera: è la responsabile di questa struttura dal 2011.
«Qui formiamo estetiste e parrucchiere, cuochi, camerieri, elettricisti, florovivaisti e falegnami» spiega dal suo ufficio al pian terreno della struttura.
Da lì si parte per una breve visita: il laboratorio di elettronica e l’aula dove le apprendiste estetiste stanno imparando il mestiere con musica new age per rilassare le clienti. C’è il corso per falegnami, l’unico della provincia di Varese, uno dei rarissimi rimasti in Lombardia: non sono tantissimi i giovani che vogliono intraprendere questa affascinante professione, ma la voglia di arrivare resiste e alla fine in molti trovano un’occupazione nelle aziende del territorio. E in Svizzera, «anche se con la crisi, non è più come una volta», conferma la direttrice.
«In molti vanno oltre confine per l’apprendistato, ma non sempre tutto va per il meglio e allora rientrano in Italia. Abbiamo anche questo tipo di studenti, oltre che i ragazzi che terminano le scuole medie inferiori e si iscrivono da noi per avviarsi ad un mestiere. Vengono poi i giovani che decidono in un primo momento di iscriversi alle superiori per poi cambiare idea al primo o anche al secondo anno».
Qui in tre anni si impara anche a servire ai tavoli e a cucinare. Mentre con coltelli e impasti si respira un’ottimo profumo di cucina in un ambiente pulito e ordinato (merito del professor Moreno Tosi), è sotto lo sguardo severo di Roberto Riva che escono gli uomini di sala, i commis, i sommelier, i barman che in molti locali della zona trovano una giusta collocazione, come professionalità e capacità di trattare col cliente.
«Infatti la cosa più difficile da tramandare è l’educazione», spiega Riva dietro una camicia immacolata, due baffi quasi alla Stalin e un doppiopetto scuro. Un maître, insomma, che spiega a ragazzi di 14, 15 anni, come si sta al mondo. Nelle vene di quest’uomo scorre sangue di baristi, ristoratori e albergatori: la sua famiglia gestiva un locale ad Arolo dal 1889; da qui passarono svariate personalità in libera uscita dopo la conferenza di Stresa, nel 1935, quando si pensava di fermare Hitler con le parole.
Infatti in molti andavano nella sponda magra a bersi un drink, nel bar dove Riva imparò a neppure 10 anni a fare i cocktails. «Ne ho anche inventato uno: gin, campari, un po’ d’arancio…».
Mestieri da ribalta, e da retroscena. È bello sapere che molti di questi giovani troveranno lavoro nel Luinese e sono orgogliosi di mettersi spesso a disposizione del territorio, come le ragazzine che di tanto in tanto vanno alla casa di riposo monsignor Comi per prendersi cura degli anziani del posto.
Poi, naturalmente, c’è l’attività più visibile, come quella dei ragazzi di Riva che lo scorso 29 gennaio hanno dato prova di grande professionalità nella gestione del buffet durante un importante convegno sulla mobilità, dove i duri insegnamenti di chi servì – quasi – il Re d’Inghilterra, alla fine son venuti fuori.
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