Dice “meningite” davanti ai colleghi e a scuola è il panico
Nel paese in Piemonte dove abita una parente della donna morta a Luino, per una frase pronunciata nella concitazione, si è scatenato l'allarme per 24 ore
La telefonata è arrivata mentre Maria era a scuola. E’ scoppiata a piangere e alle colleghe che le chiedevano cos’era accaduto, Maria (nome di fantasia) ha riferito la più spontanea delle frasi: “Mia cognata è morta. Aveva solo 32 anni e tre figli. Sospettano una meningite”.
C’è un retroscena nella notizia che abbiamo dato ieri, giovedì 2 febbraio, su una donna morta per meningite. L’allarmismo che ha colpito per un giorno una parente, in un paese a distanza di molti chilometri da Luino, in Piemonte. Una storia emblematica, che vale la pena di raccontare. La donna lavora per una cooperativa che gestisce la mensa scolastica di una scuola elementare. Quando la chiamano per darle la terribile notizia è al lavoro. A fine turno si reca dai familiari, a Luino. Non guarda il telefono, vive il suo lutto con discrezione.
Ma intanto, le parole che ha pronunciato in mensa, sotto choc, ronzano nella testa dei colleghi. Qualcuno comincia a raccontare. In poco tempo si diffonde, nel paese, la voce che c’è un pericolo meningite. Le arrivano decine di chiamate. Tutti le chiedono se può esserci un pericolo di contagio.
A Luino nel frattempo la situazione è la seguente. La giovane donna morta di meningite era di Mazara del Vallo, in Sicilia; aveva 32 anni e tre figli in tenera età. Il marito e i ragazzini vengono sottoposti alla profilassi nella mattinata di giovedì, subito dopo il decesso. Altri parenti arrivano nel pomeriggio, ma nel frattempo è giunto il responso delle analisi. Non è infettiva. Non c’è bisogno di profilassi. Quando la sera, dopo una giornata alla mensa scolastica, Maria arriva in ospedale ormai non c’è più nessun dubbio. Non c’è bisogno di profilassi.
L’ALLARME
L’allarme in ospedale è cessato, ma l’allarme nel paesino è al culmine. Venerdì mattina Maria viene chiamata dalla scuola, dal comune, dalla cooperativa. Una maestra della scuola è anche vicesindaco in paese, quindi nel turbine delle telefonate la donna non capisce più con quale istituzione stia parlando. Cerca di spiegare, ma l’allarmismo è forte. Qualcuno avanza l’ipotesi che non si rechi al lavoro lunedì prossimo, per precauzione. Nelle mezzo delle telefonate spunta l’idea di farsi rilasciare un referto dall’ospedale di Luino, in cui si dica che non è infettiva. Il marito chiede se è possibile, ma gli dicono di no. In effetti l’ospedale non rilascia questo tipo di carte. Ce l’ha confermato l’azienda ospedaliera. Ecco cosa ci hanno risposto.
«È un dato scientifico sostenuto da evidenze accertate e condivise – dichiara il professor Paolo Grossi, primario del reparto di malattie infettive all’ospedale di Varese – La meningite da pneumococco non è infettiva per cui non si può chiedere una certificazione su una questione così chiara e indiscussa. A livello pratico, si può ottenere un documento firmato dal proprio medico in cui si ricorda il dato scientifico ma è davvero un documento del tutto privo di senso»
« Da dieci anni Regione Lombardia ha abolito qualsiasi tipo di certificazione legato alle malattie – ricorda inoltre il direttore dell’ASST Sette Laghi Callisto Bravi – Nel caso specifico, nonostante la richiesta del datore di lavoro sia inappropriata, il lavoratore deve farsi fare una dichiarazione dal proprio medico di medicina generale a cui mostrerà il referto dell’ospedale. Il medico potrà certificare la mancanza di presupposti di contagio davanti a un caso di pneumococco».
COME VA A FINIRE
La scuola del paesino piemontese è un po’ in subbuglio. Per capirne di più chiamiamo la dirigente dell’istituto comprensivo, comprensibilmente turbata dalla vicenda. L’insegnante ci dice che non è stata lei a parlare con la donna e che la scuola non ha ufficialmente ordinato a Maria di stare casa. Alla fine la cooperativa spiega a comune e scuola tutta la questione. Maria riceve alle 18 una telefonata in cui le viene detto di stare tranquilla e di andare a lavorare.
MORALE
Il risultato di questa vicenda è che la famiglia della donna deceduta, in 24 ore, si è trovata investita da una tragedia, ma anche dal sospetto, solo per una frase detta in un momento particolare. Maria per qualche ora si è sentita come un’appestata. Non è probabilmente colpa di nessuno, forse avremmo reagito tutti così, ma per fortuna, alla fine, ha prevalso il buon senso di chi ha cercato, con metodo, di spiegare le cose prima che prevalessero altri sentimenti.
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