Cent’anni e non sentirli, la seconda vita delle stazioni del Sommaruga
Nate come scali della tranvia, oggi rivivono sotto forma di abitazioni private o edifici pubblici. Viaggio nel tempo, quando muoversi senz’auto non era un lusso
Il Grand Hotel e le ville liberty, il ristorante e la funicolare: non solo immobili, ma monumenti del nouveau italiano a Varese, che fanno rima con Giuseppe Sommaruga, il grande architetto celebrato con un evento culturale fra Milano e la città giardino per il centenario della sua scomparsa.
Una vita che ha lasciato segni culturali indelebili, e conosciutissimi. Alcuni di questi, meno visibili, sono ancora oggi vissuti più o meno inconsapevolmente da centinaia di persone. Una parte della mostra dedicata a Somamruga prevede infatti un percorso espositivo che comprende anche le “Stazioni della ferrovia Ghirla-Ponte Tresa (attribuzione, 1911-1915), foto attuali e disegni riprodotti”.
Ed eccola, in questo viaggio di una mattina, questa prima opera disegnata dal grande allievo di Camillo Boito, che si incontra monumentale e spoglia, baciata dal sole di aprile, proprio di fianco alla statale della Valganna. Siamo alla stazione dei pullman di Ghirla, costruita fra il 1912 e il 1914 che serviva in origine come importante stazione della tranvia della Valganna, realizzata nel 1905 e anch’essa esempio del genio varesino capace di muovere treni, più simili a tram, fra valli e laghi con una linea elettrica e un po’ di vapore.
Un idillio di rotaie e natura venuto meno alla metà degli anni ‘50, quando l’ultima corsa della tranvia si fermò per più ripartire. Era giunto il tempo del trasporto su gomma. E anche le pensiline del Sommaruga si adattarono, perché ad esse trovarono riparo negli anni a venire migliaia di viaggiatori in corriera, per raggiungere Varese o Lavena Ponte Tresa. Ancora oggi la struttura – di grandezza monumentale e con diversi segni del tempo ben visibili – viene utilizzata dalle autolinee come stazione. L’area è ora di proprietà del demanio dello Stato che la concede in uso all’azienda dei trasporti.
Ma il genio del Sommaruga non si estingue a Ghirla, perché numerose sono le stazioni che portano nella zona una firma estetica, l’idea di un segno distinguibile a vista d’occhio.
È un viaggio nel tempo, e nello spazio, proposto da Paolo Ricciardi, del sito valganna.info, sempre innamorato di questi luoghi e guida di un tracciato – la tranvia – vero e proprio fiume carsico capace di inabissarsi fra le case nei paesi, confondersi con viottoli; entra ed esce dai cancelli per sparire nei garages delle abitazioni: “La ferrovia passava di qui, vedi?”.
E difatti la prima fermata dopo Ghirla è celata fra ordinate ville a schiera con giardino tra cui ne primeggia una, riadattata a residenza privata, in via dante Alighieri a Cugliate Fabiasco. Una casa delle stesse fattezze di quella disegnata dal Sommaruga per Ghirla, ma con volumi più minuti: siamo difatti in una stazione intermedia dove sono distinguibili gli uffici del personale, forse ora riadattati a living, a cucina o a stanza da letto del pianterreno, chissà. Poi gli spazi del primo piano, proprio come a Ghirla. E ancora un locale esterno, una piccola costruzione con tetto spiovente: forse era un piccolo ricovero attrezzi o segnali ferroviari, o un magazzino per sale e sabbia, in vista delle nevicate che da queste parti ancora oggi sono copiose.
Una costruzione davvero fotocopia di quella appena lasciata a Cugliate la si trova nella vicina Marchirolo, nella parte “nuova” del paese, in via fratelli Sapori oggi sede al piano terra della Proloco e al piano superiore residenza privata: anche qui casa e casotto separato.
Ma non è finita perché a Cadegliano Viconago la seconda vita della stazione è anche qui assicurata dalla presenza dell’ufficio postale a pianterreno, e della biblioteca civica a quello superiore. Una delizia leggere la fermata: “Arbizzo-Viconago-Cadegliano”: siamo esattamente sul crocevia delle tre frazioni, a poca di stanza dalla chiesa e in faccia al municipio.
Si torna verso la Valganna ed ecco l’ultima sorpresa: il casello di Piacco, nell’omonima via in frazione Cadegliano è diventata una minuta e ben tenuta abitazione privata, con giardino e cancello da cui correva il tracciato della tranvia, per poi gettarsi poco più sotto nelle gallerie verso Lavena Ponte Tresa. Con questa ferrovia si partiva da Varese, per traversare la Valganna e arrivare fino al Ceresio e poi sull’altro lago, il Verbano a Luino, e proseguire lungo l’intera Valcuvia fino a Cittiglio.
Un percorso grossomodo ad anello ancora oggi per la gran parte godibile sotto il profilo paesaggistico, dove è possibile assaporare il paesaggio prealpino. Ancora oggi, nel fondovalle della Valcuvia campeggiano qua e là “le fermate del tram”, solitarie e ben visibili.
Bellezza ben conosciuta nella mente di chi ebbe il compito di tradurla in opere complementari, di pubblica utilità, ancora resistenti, e capaci di vivere una seconda vita.
Giuseppe Sommaruga (Milano 11 luglio 1867 – Milano 27 marzo 1917) di famiglia artigiana studiò all’Accademia di Brera sotto la guida di Camillo Boito. Nella sua architettura volle staccarsi dallo storicismodello stesso Boito e dall’eclettismo provinciale imperante, proponendo una nuova organicità vitalistica che si legò, inevitabilmente, ai modi del Liberty italiano, ma fu aperta alle istanza internazionali, soprattutto dalla scuola viennese, dalla quale egli si differenzia per la plastica matericità delle superfici e per vigore di una decorazione drammaticamente intensa; nel palazzo Castiglioni, a Milano (1903), egli riesce a superare anche l’impianto ottocentesco della costruzione svuotando l’interno e articolandolo nel grande atrio a più volumi nel quale si snoda la scala. Tra le altre opere di Sommaruga la palazzina Salmoiraghi (1906), L’Hotel Tre Croci presso Varese (1909), la Clinica Columbus a Milano (1909) di una viva articolazione spaziale e dalla decorazione più lineare, il Mausoleo Faccanoni a Sarnico.
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