Tra i pendolari sui sedili arrugginiti. “Se è una emergenza ci diano almeno lo sconto”
Le voci dei viaggiatori della Luino-Gallarate, preoccupati per le ipotesi di riduzione del servizio e per il generale senso di disarmo che si respira sulla linea
Un’ora esatta di ritardo. Questa mattina il treno delle 7.20 del mattino da Luino, tra i più utilizzati, è partito con trenta minuti già dalla stazione della città sul lago. Arrivato a Gallarate si è trovato “davanti” – sulla linea verso Milano – i treni in ritardo per un guasto sulla rete Rfi a Certosa. Risultato: arrivo poco prima delle 10, con un’ora secca sulla tabella di marcia.
Tra i viaggiatori in orario di punta c’è la nostra lettrice Giuliana: «Io prendo di solito il 7.20 e il 18.06, i due diretti che non hanno cambio a Gallarate», racconta mentre il treno si avvicina alla metropoli. «Nei giorni scorsi si è parlato di rinnovo dei treni (su questa linea fornita da Trenitalia a Trenord, ndr), li sopprimevano perché erano in riparazione, ci aspettavamo un miglioramento». Soppressioni e sostituzioni con autobus sulle corse in ora “di morbida” Gallarate-Luino in realtà riguardavano l’indisponibilità dei treni da tre carrozze mandati in officina per le riparazioni ordinarie. Ma anche sui treni del mattino e della sera – quelli che raccolgono centinaia di persone – non è che vada molto meglio. I pendolari luinesi mostrano una foto del treno della sera di due giorni fa: le staffe che agganciano i sedili al pianale del pavimento sono arrugginite e malmesse. E i sedili – forse già rinnovati in passato – sembrano comunque vecchi di decenni: si cambia la similpelle delle sedute e dello schienale, ma la struttura è sempre la stessa. Molto, molto diversa da quella che si vede sui treni più moderni che circolano ad esempio sulle linee delle Nord di Saronno o sulla Milano-Varese-Porto Ceresio.
Ogni giorno la nostra lettrice Giuliana parte e arriva dalla monumentale stazione di confine di Luino: un tempo i binari erano addirittura coperti da una tettoia, ma oggi l’impressione che si ricava è quella di uno spazio in disarmo. «L’anno scorso la stazione è stata chiusa sei mesi per rifare il sottopassaggio, che mancava» racconta Giuliana. «Da inizio anno sembra abbandonata, ci sono impalcature all’interno e sul tetto, mancano le pulizie, mancano le porte e i piccioni entrano e sporcano ovunque. Ci siamo rivolti al sindaco, farà montare degli spuntoni contro i piccioni, ma certo non ci saranno ovunque e non risolvono il problema».
E se questa è Luino – stazione capolinea, punto di interscambio con la rete svizzera – figuriamoci le altre stazioni della tratta, dal lago giù giù fino a Gallarate. A Besnate la sala d’aspetto era appena stata riaperta (la gestione è in carico al Comune), «e ora ci tolgono i treni?» si chiedevano stupefatti gli abitanti del paese vicino a Gallarate.
«Ho lo stesso timore del sindaco di Maccagno, che non ci sia volontà di risolvere i problemi perché si vuole eliminare la tratta a favore dei merci». L’Alptransit – il grande progetto svizzero per spostare merci dal trasporto su gomma alla rotaia – trova resistenze qui anche per questo: per il timore che non solo non porti benefici, ma comporti anche sacrifici ulteriori per chi oggi si sposta in treno. E qui – allontanandoci per un secondo dai problemi contingenti dei pendolari – si pone un problema ben più ampio: le grandi opere hanno bisogno di costruire il consenso e qui forse non lo si sta facendo nel modo giusto.
Alptransit a parte, il problema dei viaggiatori è quotidiano, siano i pendolari delle ore di punta o chi (compreso qualche turista) deve muoversi a metà mattina o metà pomeriggio. Quelli, appunto, che già hanno sperimentato le sostituzioni con autobus che – stando al nuovo piano – riguarderanno stabilmente otto corse Luino-Gallarate tra mattina e tarda serata. «Perché in questo periodo di altissimo disagio non proporre degli sconti considerando che non tutti i treni soppressi vengono sostituiti con altri mezzi?» si chiede un’altra pendolare luinese. Per ora non se n’è parlato, ma – se davvero è un «piano d’emergenza», come l’ha definito l’assessore di Regione Lombardia Claudia Terzi, se davvero lo Stato vuole investire come ha assicurato il ministro Toninelli – potrebbe essere un piccolo risarcimento, sull’esempio del “bonus”, lo scontro all’abbonamento per le tratte con troppe ritardi. Ma soprattutto rassicurerebbe gli utenti della linea, perché potrebbe essere garanzia che il piano «d’emergenza» è davvero limitato nel tempo e non soluzione definitiva.
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