Alberto Torregiani sul caso Battisti: “Non cerco vendetta ma solo giustizia”
L'ordine di arresto nei confronti dell'ex terrorista potrebbe rappresentare il primo passaggio verso l'estradizione dal Brasile. Il figlio del gioielliere ucciso il 16 febbraio del 1979, ospite dell'associazione "Amici di Mario Berrino" di Ispra, aveva detto che il 2019 poteva essere l'anno buono
«Non cerco vendetta ma solo giustizia. Forse il 2019 sarà l’anno buono». Oggi per Alberto Torregiani c’è una notizia che apre più di uno spiraglio verso quel desiderio di giustizia che da quasi 40 anni lo porta a testimoniare la propria drammatica storia. L’ordine di arresto nei confronti di Cesare Battisti, emanato dal giudice supremo brasiliano, potrebbe infatti rappresentare il primo passaggio verso l’estradizione dell’ex terrorista leader dei Pac, proletari armati per il comunismo. La formazione terroristica è stata riconosciuta responsabile di quattro omicidi tra cui c’è anche quello di Pierluigi Torregiani, padre di Alberto, assassinato il 19 febbraio del 1979 davanti alla sua gioielleria di via Mercantini a Milano. Quel giorno Alberto, appena quindicenne, si trovava con il padre in attesa di andare a fare i compiti a casa di amici, ma un colpo di pistola lo raggiunse alla schiena e da allora vive su una sedia a rotelle. (nella foto Alberto Torregiani nella Sala Serra del comune di Ispra)
Cesare Battisti, latitante dal 1981 dopo la fuga dal carcere di Frosinone, deve scontare in Italia la condanna, pronunciata in contumacia, a due ergastoli per quegli omicidi. A due di questi, tra cui anche quello del gioielliere Torregiani, non partecipò materialmente ma ebbe il ruolo di co-organizzatore. I Pac colpivano i commercianti che avevano reagito e si erano difesi durante le rapine, definite dai terroristi “espropri proletari”.
Battisti è stato latitante prima in Messico, poi in Francia e dal 2004 in Brasile dove ha ottenuto dal presidente Lula Da Silva lo status di rifugiato politico e dal 2010 il diritto d’asilo permanente.
Non più di un mese fa l’associazione “Amici di Mario Berrino” di Ispra ha invitato Alberto Torregiani a raccontare la sua storia e a fare alcune riflessioni sul significato di giustizia, troppo spesso negata alle vittime di terrorismo. Nel 2004 Torregiani ha pubblicato con il giornalista Stefano Rabozzi un libro dal titolo “Ero in guerra ma non lo sapevo” (Agar Edizioni), duecento pagine che rappresentano il primo tentativo di riportare un po’ di verità e giustizia su questa storia. «La scelta di scrivere un libro a 25 anni di distanza dai fatti – ha spiegato Torregiani – nasceva dal fatto che fino ad allora la verità non era emersa e questo faceva il gioco di Battisti latitante. C’era un bisogno di chiarezza rispetto all’attentato perché si dicevano tantissime inesattezze e cose non vere. Oggi credo che questa vicenda sia una questione di giustizia che non riguarda solo me ma tutti i cittadini italiani. Interrogatevi sul perché le richieste di estradizione non sono mai andate a buon fine».
Di Pierluigi Torregiani si sono dette tante cose, molte delle quali inesatte. Di certo è un uomo che ha lasciato un ricordo molto positivo alla Bovisa il quartiere dove ancora oggi il figlio ogni tanto ritorna. «Mio padre era una brava persona – ha raccontato Alberto – un uomo mite. Era armato perché in quel periodo, come molti altri commercianti, era sotto tiro. Non era certo un giustiziere, come invece è stato descritto. Sponsorizzava una piccola società di calcio del quartiere e aiutava le persone bisognose, ma non ostentava mai la sua ricchezza. Aveva scelto di andare ad abitare alla Bovisa perché non aveva mai dimenticato le sue umili origini, una scelta educativa anche per noi figli».
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