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Assessore vicesindaco in divisa per far conoscere la linea Cadorna

Sorpresa per i bambini dell’asilo del paese che si sono visti intimare l’“Alt!“. «Erano divertiti e incuriositi»

Avarie

«Don, ci sono i soldati». E c’erano davvero tre persone in divisa l’altro giorno, venerdì, ad accogliere i bambini dell’oratorio di Brezzo di Bedero che forse nulla sapevano di quei muri a secco, quelle feritoie nella montagna servivano proprio ai militari, per scopi difensivi, circa cent’anni fa.

I tre personaggi in divisa, con le mostrine della fanteria del Regio Esercito, erano però il vice sindaco e l’assessore del paese, oltre a un consigliere della vicina Portovaltravaglia.

Tutti e tre, in qualità di volontari, hanno accolto i ragazzini per spiegare loro l’importanza di quei luoghi che tra l’altro, nelle vicinanze, vennero frequentati anche dai partigiani durante la Resistenza.

«Abbiamo aspettato i ragazzini dell’oratorio che una volta arrivati hanno avuto qualche titubanza, dopo averci visti in divisa, del resto noi gli abbiamo intimato l’“Alt“! – spiega divertito l’assessore Dario Colombo, che insieme al vice sindaco Giuliano Targa e al consigliere di Porto Mattia Tonella componeva la pattuglia – . Alla fine abbiamo spiegato ai ragazzi l’importanza di questo luogo e cos’è la Linea Cadorna. Loro ci hanno ascoltati con interesse e hanno proseguito la visita».

Le divise sono state di recente acquistate in Toscana dall’amministrazione comunale di Brezzo di Bedero e servono proprio a questo, a divulgare la cultura della memoria dei luoghi ricordando lo sforzo profuso dai militari – ma anche da tanti uomini e donne del posto – che costruirono la linea difensiva che abbracciava non solo le Prealpi lombarde, ma anche piemontesi fino ad arrivare in valle d’Aosta.

«Non è la prima volta che accogliamo i visitatori della Cadorna in divisa – spiega Dario Colombo che per l’occasione era in divisa da caporale -. Già durante la “Camminata dell’Alto Verbano” ci ritrovammo con una postazione appositamente realizzata e attrezzata con un “cavallo di frisia“ (uno sbarramento in metallo per impedire il passaggio di unità corazzate ndr) nel punto in cui gli atleti ricevevano la punzonatura per il passaggio. Anche in quell’occasione fu molto interessante assistere alle reazioni degli atleti, che si fermavano e chiedevano. Molti di loro, una volta finita la gara, sono tornati».

Sembra che attorno a questo luogo vi sia un rinato interesse legato alla storia e che molti volontari abbiano preso gusto a queste comparsate in costume d’epoca.

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Pubblicato il 08 Luglio 2019
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