Troppa pioggia, muoiono pecore e agnelli
Il maltempo ha messo in grave difficoltà i pastori che con le loro greggi stanno transitando sui pascoli della provincia. «Con tutta questa pioggia l'erba è marcita, le femmine non riescono ad allattare i piccoli e più di qualche capo non ce l'ha fatta»
«Sono stati giorni terribili. Con tutta questa pioggia le mie pecore non riuscivano più a trovare da mangiare, le madri non riuscivano ad allattare gli agnelli e più di qualche capo non ce l’ha fatta». La tregua per Walter Binda, storico pastore di Malgesso, arriva nell’ultima domenica dell’Avvento con i primi raggi di sole che scaldano gli animali e asciugano i prati. Una settimana di maltempo è stata una vera sciagura per le greggi che girano per i pascoli della provincia perché quando piove troppo l’erba marcisce e gli animali non mangiano e si indeboliscono. «A soffrire sono soprattutto i piccoli che dipendono in tutto e per tutto dalle madri a loro volta in difficoltà» spiega il pastore.
Oggi il gregge di Binda è a Barza, una frazione di Ispra. Poco più di un migliaio di pecore e una decina di asinelli hanno trovato un buon pascolo completamente esposto al sole. I cani sonnecchiano sdraiati ai bordi della strada, con un orecchio teso ad ascoltare i belati degli agnelli che richiamano l’attenzione degli adulti. È un lavoro duro, quello del pastore, con pochissimi margini di guadagno e un impegno che non ha quasi mai pause. «Può sembrare strano ma ci sono troppi pastori in giro, il problema è che molti di questi sono improvvisati – dice Binda – La mia famiglia se lo tramanda da generazioni. Io ho iniziato a 8 anni in Val Formazza e adesso c’è mio figlio che continua la tradizione».
Purtroppo il mercato è cambiato rispetto al passato e i pastori non hanno alternative: quando i piccoli sono cresciuti vendono il gregge in blocco ai grossisti che tendono a tirare molto sul prezzo. «Un tempo – continua Binda – il guadagno lo facevi con i privati a cui vendevi pochi capi ma con un margine accettabile, oggi è già tanto se rientri dei costi affrontati».
Nemmeno il mercato della lana è ormai più conveniente. I costi della tosatura e della prima lavorazione sono troppo alti rispetto al prezzo praticato all’ingrosso per la materia grezza . «Fino a vent’anni fa se ne facevano due – sottolinea il pastore – oggi ci si limita a una tosatura, il minimo indispensabile. Io la faccio alla fine dell’estate e questa scelta in parte mi ha aiutato perché con la pioggia che c’è stata se le mie pecore avessero avuto il manto lungo sarebbe stato un ulteriore problema».
Per la maggior parte delle persone fare questa vita alla soglia dei 68 anni sarebbe impossibile, invece per Walter è l’unica vita immaginabile: «Potrei già essere in pensione, perché ho versato i contributi agricoli, ma è più forte di me. Non mangio carne di pecora e nemmeno i prodotti derivati dal latte, eppure questi animali sono la mia droga. Nel 1993 avevo deciso di smettere, era il mese di novembre ma a maggio ho ripreso con il mio lavoro. Senza le mie pecore non saprei come fare».
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.