“Ats, qualcosa non quadra”: forte denuncia del sindacato
Il sindacato Fials evidenzia numerose problematicità nella gestione dell'emergenza ma anche nel rapporto tra la direzione e i dipendenti
“Qualcosa non quadra”. Titola così un lungo e articolato documento divulgato dal sindacato Fials che solleva dubbi e critiche sull’attività dell’Agenzia di Tutela della salute delle province di Varese e Como. Un’analisi delle richieste, delle risposte e degli atteggiamenti che lasciano dubbi sull’efficace gestione dell’emergenza in atto:
«Dopo un lungo letargo, pare indotto da anestetici regionali, il risveglio dei vertici dell’ATS Insubria è prodigo di rassicurazioni pasquali e incredulo sulle molteplici critiche piovute copiose da sindaci, strutture, medici e parti sociali oltre che da cittadini che si sono sentiti lasciati soli. ATS rassicura per bocca del direttore generale: «stiamo monitorando con attenzione e posso affermare con certezza che la situazione è sotto controllo». La dottoressa Esterina Poncato presenta dati rassicuranti sia sui contagi che sui morti nelIe RSA.
Non si capisce perché soggetti istituzionali, direttori di RSA, operatori, cittadini e parti sociali si accaniscano nel denunciare chi avrebbe l’obbligo di coordinare i soggetti istituzionali del territorio e dettare misure univoche e chiare descrivendolo come assente e, in alcune circostanze, omertoso. Qualcosa non quadra.
Gli stessi dati forniti non sono interpretabili o lasciano spazio a valutazioni dubbie. Non conoscendo il dato relativo ai tamponi effettuati e non essendo state monitorate tutte le strutture il dato percentuale è inattendibile e la comparazione con i dati complessivi della Lombardia mette in evidenza il fatto che l’evoluzione nel territorio insubrico, nonostante il notevole vantaggio dei pochi casi iniziali, non può ritenersi soddisfacente.
E’ noto che il virus è presente in 30 strutture per pazienti fragili (non ci sembra un dato trascurabile), non è noto se nelle restanti 80 strutture siano stati fatti i tamponi per cui l’assenza del virus non è documentabile.
Senza trascurare il dato (mai comunicato) degli operatori contagiati ai quali vanno sommati quelli che sono in malattia con sintomi ai quali non è stato fatto il tampone.
Per avere un’idea delle misure di intervento dei vertici ATS si può valutare quello che è successo su un campione ristretto di popolazione: i dipendenti dell’ATS Insubria.
Dal giorno 9 marzo la Direzione strategica non è fisicamente presente in ATS, non esistono comunicazioni ufficiali e non sono state date direttive su eventuali deleghe. Dopo due giorni (11 marzo) la Direzione Generale informa i dipendenti ATS di casi di infezione da Corona Virus tra i dipendenti. Non viene specificato il numero di persone contagiate i luoghi dove questi lavoratori operano, le misure di contenimento del contagio vengono messe in campo a singhiozzo, in modo insufficiente e tardivo si continua a lavorare come se nulla fosse accaduto.
Nonostante le sollecitazioni pressanti dei rappresentanti dei lavoratori (RSU e RLS) che chiedono a più riprese informazioni, anche a fronte di un presunto (ancora una volta nessuna informazione chiara) aumento delle persone contagiate e in quarantena solo 9 giorni dopo (18 marzo) sono comunicati i primi dati.
Quali misure di monitoraggio e contenimento sono state adottate dalla Direzione strategica dell’ATS?
Prescindendo dalle progettualità comunicate ma a circa due mesi dall’insorgenza della pandemia non ancora del tutto operative (radiologia territoriale), pare che mentre tutto il territorio chiede ad ATS Insubria di essere più presente nel rispondere ai suoi bisogni emergenziali, ATS ritiene che il personale in servizio è in esubero perché si registra un calo di attività. Qualcosa non quadra.
Ma come può essere possibile? L’ATS, vista la gravità del momento, svolge un ruolo fondamentale di coordinamento delle azioni di prevenzione e di lotta contro l’infezione. Mentre tutti lamentano una difficoltà a comunicare con ATS, ad avere direttive, ad essere rassicurati, l’ATS ritiene prioritario ridurre i servizi e far
smaltire le ferie? Questa è la misura per contenere il contagio? Questa è la risposta a chi chiede supporto?
Qualcosa non quadra.
Il personale dell’ATS vuole lavorare e rispondere ai bisogni del territorio, cercando di essere loro stessi per primi un esempio virtuoso per i cittadini, nel rispetto pieno delle indicazioni del governo nazionale e regionale.
E’ possibile e doveroso, anche utilizzando il lavoro agile, essere attivi per dare quelle risposte che da più parti sono denunciate come lacunose o assenti. L’ATS sono i lavoratori che vogliono sentir parlar bene della loro ATS e che garantiscono il funzionamento di un ente il cui ruolo in questa situazione risulta fondamentale.
Sarebbe molto grave se si mettesse ATS a rischio di mal funzionamento senza reale necessità e validi motivi.
I lavoratori chiedono ad ATS di organizzare con efficacia ed efficienza il lavoro delle diverse unità operative al fine di rispondere nella maniera più efficace possibile alle richieste provenienti dal territorio: strutture residenziali e semiresidenziali, Enti Locali, medici di base. Si tratta di abbandonare vecchi schemi di lavoro a compartimenti, figli di un’idea burocratico – adempitiva: in questa situazione emergenziale solo una stretta collaborazione tra i diversi settori di ATS può essere in grado con tempestività di gestire i bisogni complessi e multifattoriali espressi dal territorio.
I lavoratori chiedono un’organizzazione efficace e sicura che consenta di dare il dovuto contributo utilizzando tutti gli strumenti previsti dalle norme per limitare spostamenti e co presenze in ufficio, tenendo presente che nel momento in cui si chiede la presenza in sede si sta potenzialmente aumentando il rischio di contagio e che quindi tale richiesta deve essere effettuata in maniera più che mai responsabile e mossa da un bisogno reale, dopo aver vagliato possibili altre modalità.
Se il burocratese prevale sull’efficacia… Qualcosa non quadra».
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