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Luigi Cadorna aveva capito la guerra moderna. “Ma i generali non seguirono i suoi ordini”

Il colonnello Carlo Cadorna, nipote del generale simbolo della Grande Guerra, difende l'operato del suo avo partendo dai documenti. Su tutti, la circolare sull'impiego dei reparti

Generico 2018

La visione di Luigi Cadorna era «innovativa», gli ordini precisi, ma tutto fu vanificato dai generali di Divisione, troppo legati alla guerra ottocentesca o – quelli giovani – ancora troppo inesperti.

A difendere l’operato del generale di Pallanza, insieme a Diaz simbolo dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, è il colonnello Carlo Cadorna, nipote. Autore di “Caporetto? Risponde Luigi Cadorna”, il colonnello dice che «documenti inediti (evidentemente nascosti per anni) ribaltano quanto affermato da molti storici squalificati» .

«Sono i documenti che parlano» premette Carlo Cadorna. «Il diritto e la giurisprudenza prevedono che quando un  Capo delega per iscritto un compito ai propri dipendenti, egli è responsabile soltanto per quello che ha scritto lasciando la responsabilità dell’esecuzione ai dipendenti. Questo riguarda in particolare la tattica e l’azione di comando (regolamento di disciplina) che erano compito specifico dei comandanti di reparto».

Per questo il colonnello oggi contesta una affermazione riportata nell’articolo ma spesso citata, quella di Luigi Cadorna che “mandava al massacro i soldati dalla sede di Udine”: «È contraddetta dalla circolare tattica (impiego delle forze) “Attacco frontale ed ammaestramento tattico” che l’autore evidentemente non ha letto. In essa vi è scritto che i responsabili dell’impiego dei soldati erano i comandanti di divisione. Che era l’artiglieria a dover preparare (con la distruzione dei reticolati), supportare (con il fuoco sulle sorgenti di fuoco nemiche in concorso con le mitragliatrici), e difendere (con il fuoco di sbarramento davanti alle posizioni conquistate) il movimento dei soldati. Inoltre vi è scritto che i fanti dovevano procedere a sbalzi brevi e velocissimi (in armonia con il fuoco di reparto) da un posto coperto all’altro. Non risulta che questo (salvo eccezioni) sia avvenuto pur sotto il controllo dei comandanti di Corpo d’armata e d’armata che avrebbero dovuto concentrare il fuoco nei punti scelti per l’attacco perchè, a loro giudizio, più deboli. La ragione è che la gerarchia militare era composta da vecchi ufficiali che si erano formati quando non c’erano né le mitragliatrici né i reticolati e gli ufficiali giovani erano inesperti». Il colonnello ricorda che «alcuni generali arrivarono al punto di «dire ai soldati che
“dovevano spezzare i reticolati coi denti”», dopo che il filo spinato era rimasto intatto, per  «l’incapacità di concentrare il fuoco delle artiglierie disponibili sui punti decisivi».

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Il colonnello Carlo Cadorna

Le carenze dei generali di divisione era noto al Re ma – continua il colonnello – «Cadorna non poteva farci niente perché non era compito suo e perché il Patto di Londra, firmato a sua insaputa, metteva il nostro comando agli ordini del comando alleato che pretendeva gli attacchi per alleggerire la pressione sul fronte occidentale (fu alleggerita di 16 divisioni!)».

Il compito del generale Cadorna, invece, «era quello di pensare alla organizzazione dell’esercito (3 milioni di uomini) ed alla strategia (produzione industriale, logistica -2000 km. di vie di comunicazione-, fortificazioni -450 km.) ed alla Scuola di Guerra USA è considerato uno dei migliori strateghi di tutta la storia militare (intervista capo SMD al Corriere della Sera) Liddel Hart lo giudicò il migliore della Grande Guerra, Rommel è passato a Caporetto perchè (Capello) lo schieramento nostro era sotto il fuoco dei cannoni tedeschi ma, 15 giorni dopo, sul Grappa, non è passato affatto: eppure era lo stesso esercito di Cadorna perchè Diaz scelse di attendere gli ordini del governo (diario A. Gatti)».

Il colonnello Cadorna torna anche al celebre Bollettino, spesso citato come atto d’accusa verso il generale di Pallanza: «Era rivolto non ai soldati ma ai reparti (quindi ai loro comandanti) e recava le informazioni che Cadorna aveva ricevuto da Capello (7 brigate arrese, 300 mila prigionieri, 250 mila sbandati)».

Non solo: il colonnello sottolinea come quello scritto non sia frutto della penna di Cadorna, ma delle pressioni del governo di allora. «Erano presenti e convinsero Cadorna, riluttante, a firmarlo i ministri Bissolati, Giardino, Dall’Olio. Bissolati disse anche che vi era uno “sciopero militare in atto” (da dichiarazione Porro alla commissione d’inchiesta). Infatti la commissione d’inchiesta, pur nominata contro di lui, assolse Cadorna dall’accusa di aver voluto scaricare le sue responsabilità sui soldati». Dalle lettere familiari, sottolinea il colonnello, emerge il rispetto del generale Cadorna verso i soldati che combattevano sul campo di battaglia, contrapposto invece alle feroci critiche ai generali di divisione incapaci di interpretare la guerra moderna a fronte delle indicazioni della «circolare assolutamente innovativa» sull’impiego congiunto di artiglierie e fanterie.

«Cadorna, prima di accettare la carica che il Re gli offriva, pretese di dipendere soltanto dal Re e non dal governo ed il Re accettò. Questo significa (art. 4 Statuto Albertino) che il Re ha rinunciato alla copertura del governo e si è assunta in prima persona la responsabilità di quello che faceva Cadorna, salvo sostituirlo. Ma il Re non pensava di sostituire Cadorna nemmeno dopo Caporetto ma vi fu costretto da Orlando».

Infine il colonnello richiama anche il destino successivo di Cadorna, nominato Maresciallo d’Italia da Mussolini. «Tra le affermazioni nell’articolo quella che venisse osannato da Mussolini è priva di fondamento: Mussolini fu costretto a promuovere Cadorna (insieme a Diaz e non a Badoglio) da Carlo Delcroix, presidente dei mutilati».

Pubblicato il 22 Settembre 2020
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