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Addio Facebook. Troppe parole in libertà, troppi insulti, troppo astio

Il giornale di Brescia lascia il popolare social network. Ne parleremo con la direttrice Nunzia Vallini venerdì alle 18. Intanto abbiamo raccolto i pareri di autorevoli colleghi ed esperti di comunicazione

Diretta Facebook Live

“Ci siamo tirati fuori, in controtendenza e con convinzione. Troppe parole in libertà, troppi insulti, troppo astio”.

Inizia così l’editoriale di Nunzia Vallini. La direttrice del Giornale di Brescia, insieme alla sua redazione, ha deciso di far uscire il giornale da Facebook. E così da quindici giorni la storica testata non pubblica più post sul popolare social network.

“Non è una scelta contro, ma per qualcosa di molto prezioso: la qualità del nostro lavoro. – Ci racconta la direttrice al telefono – Noi siamo il giornale che ha raccolto migliaia di firme per riportare l’educazione civica nelle scuole, abbiamo valori profondi e crediamo fermamente al confronto e non possiamo accettare uno scadimento progressivo che spesso si trasforma in vero e proprio odio. Per di più ci imbattiamo sempre più in profili che non sono di persone reali, commenti prodotti con bot e non da umani. Una battaglia impossibile da sostenere. Non siamo contro Facebook, ma non possiamo accettare questo stato di cose e quindi usciamo“.

Quello che ci ha racontato Nunzia Vallini lo conosciamo bene. Ogni giorno ci interroghiamo su che senso abbia stare su Facebook. Quando è ripresa con forza la “seconda ondata” della pandemia abbiamo dovuto decidere di stringere le maglie del nostro gruppo Oggi nel Varesotto, dedicato al tempo libero e alle bellezze del territorio. Iniziava a essere un terreno di battaglie e insulti senza alcuna logica. Più volte ci è venuto il desiderio di chiudere i commenti sulla nostra pagina del giornale, perdendo così ogni senso restare su Facebook. Dedichiamo energie importanti all’attività social. Impieghiamo più di un giornalista a tempo pieno ed è un investimento di almeno 50mila euro all’anno, oltre a tutta la fatica di gestire un ambiente che dimostra tutti i limiti possibili.

Malgrado tutto questo ci restiamo. Ci sono diverse ragioni che ci portano a mantenere la presenza e abbiamo raccolto di seguito diversi autorevoli pareri di colleghi perché il confronto è aperto e serve ascoltare le voci di chi conosce bene questo lavoro. Facebook è una piattaforma potentissima dove l’accesso è facile e immediato. Utilizza una tecnologia sempre più sofisticata per acquisire sempre più informazioni e trasformare queste in business per se stessa. È una piazza virtuale diventata sempre più terreno di scontri, ma sarebbe riduttivo considerarla solo questo.

Varesenews è nato prima del popolare social e abbiamo sempre visto con sguardi diversi l’avanzare di Facebook. Da una parte abbiamo capito subito il potenziale cavalcandolo, basti pensare ai numeri delle nostre varie pagine, dall’altra però siamo convinti che il valore sia dentro la piattaforma del giornale e non nella fanpage.

Niente come Facebook evidenzia il paradosso del mondo della comunicazione digitale. È il nostro maggiore e più pericoloso competitor, ma al tempo stesso ci porta traffico e noi lo nutriamo. È una piattaforma invadente e pericolosa, ma non presidiarla, per una realtà nativa digitale come la nostra, sarebbe lasciare uno spazio aperto alle scorribande di altri. Lo vediamo spesso cosa significhi per altri usarlo con pochi scrupoli cavalcando ogni umore pur di fare condivisioni, like e commenti. Il nostro lavoro viene mortificato e noi non ci stiamo a quel gioco.

IL PARADOSSO EVIDENTE

Venerdì alle 18 faremo una conversazione con Nunzia Vallini e sarà trasmessa in diretta Facebook. È un’occasione evidente del paradosso che viviamo. Staremo su Facebook a parlare del perché si è lasciato Facebook. Curioso no? Seguiteci, sarà interessante confrontarci con la direttrice del Giornale di Brescia. Una iniziativa di Varesenews e di Glocal, il festival del giornalismo di cui siamo ideatori e organizzatori e che si è appena concluso.

Di seguito riportiamo diversi contributi di autorevoli colleghi ed esperti di comunicazione sulla scelta del Giornale di Brescia.

UN LOCKDOWN PER FACEBOOK

Nunzia Vallini, direttrice Il giornale di Brescia

Ci siamo tirati fuori, in controtendenza e con convinzione. Troppe parole in libertà, troppi insulti, troppo astio. E troppi profili fake (falsi) che se non generano notizie altrettanto false, si dilettano in manipolazioni neppure tanto dissimulate. Si dirà: ciascuno è responsabile di ciò che scrive e commenta. Ed è vero. Ma in gioco c’è la nostra identità che abbiamo il dovere, oltre che il diritto, di difendere. E con l’identità, anche il nostro modo di fare giornale: informazione di servizio – anche di denuncia se necessario – ma sempre nel rispetto delle persone.

Qui tutto l’articolo.

UN ATTO CORAGGIOSO, MA NECESSARIO

Annalisa Monfreda, direttrice Donna moderna

«Credo che rinunciare non solo ai click portati in dotazione da Facebook, ma anche alla opportunità di introiti pubblicitari che sono proporzionali alle interazioni provocate dai post (indipendentemente dalla loro qualità) sia un atto coraggioso, ma necessario. Aiuterà a ricostruire il bene primario di un giornale, che è la fiducia del lettore».

UN ESPERIMENTO INTERESSANTE

Marianna Bruschi, Caporedattore presso GEDI Gruppo Editoriale

«Lo trovo un esperimento interessante, non tanto per la “battaglia contro le piattaforme”, ma per le priorità da rivedere. In un momento in cui le testate si impegnano a fidelizzare una comunità di lettori, e passano a modelli che prevedono forme diverse di abbonamenti, il traffico da Facebook tende a non essere coerente con questo percorso.

Su Facebook si inciampa sulle notizie, da qui passano i lettori casuali, raramente quelli davvero legati al brand. E allora l’idea di concentrare le energie su altro mi sembra un esperimento da monitorare, come hanno fatto pochi altri all’estero. Per poi magari tornare su Facebook per esempio creando un Gruppo riservato a nicchie tematiche o più di confronto con la comunità.

Non è detto tra l’altro che il traffico del Giornale di Brescia con fonte Facebook debba subire un calo totale, pari al cento per cento. I lettori continueranno, immagino, come avviene ovunque a condividere e a far circolare le notizie anche sul social e questo genererà comunque visitatori».

PRODUCIAMO MENO NEWS E STIAMO SU FACEBOOK

Alberto Puliafito, Direttore di Slow News – Cofondatore di iK Produzioni, Slow News e Barbarik

«Al Giornale di Brescia avranno le loro buone ragioni e se, come dicono, è stata una scelta ragionata, saranno stati convinti di questa cosa, quindi non mi sento di criticare questa idea, anche se – come puoi immaginare – non è quel che farei io. Non capisco bene, poi, perché Facebook no, Instagram sì, ma anche qui ci saranno buone ragioni.

Personalmente credo che ogni volta che abbandoni uno spazio pubblico o percepito come tale lasci un vuoto, e quel vuoto sarà riempito da altri. Il giornalismo che cerco di fare è un giornalismo che abita gli spazi e gli ecosistemi complessi e lo fa in maniera consapevole. Ci sono soluzioni per farlo, anche quando sembra che tutto intorno ci sia solo rissa. Produciamo meno “news” e stiamo su Facebook (o ovunque siano i nostri lettori e le nostre lettrici reali e potenziali) in maniera utile, strutturata, relazionale, associando nuove funzioni alla funzione giornalistica. Fra cui l’ormai imprescindibile funzione relazionale e conversazionale».

LA RITIRATA È UNA SCONFITTTA

Claudia Vago, Project Manager at Fondazione Finanza Etica

«Molto interessante! Ma “abbandonare il campo” non è utile alla causa di fermare la diffusione di fake news, hate speech eccetera. Compito di tutti (dalla scuola ai giornali) è anche educare le persone a un uso più consapevole di Facebook. E allora io, al posto loro, avrei provato a immaginare un modo diverso di aggiornare la pagina Facebook, con un approccio più “didattico”.  Non solo e non tanto sui temi trattati, ma nell’approccio. Magari meno aggiornamenti, o almeno meno centrati sui semplici link agli articoli del giornale per portare lettori e più attenzione invece allo smontare bufale, analizzare comportamenti, mettere in evidenza best practice… il tutto collegato alle notizie da dare. È un lavoraccio, ma la ritirata è una sconfitta».

SUI SOCIAL SI RACCOGLIE QUEL CHE SI SEMINA

Andrea Iannuzzi, Digital managing editor – La Repubblica

«Capisco la provocazione, ma è una scelta che non mi trova d’accordo. Sui social si raccoglie quello che si semina ed è compito di tutti noi contribuire all’ecologia del sistema.

Quella del giornale di Brescia è una resa tardiva. Ci sono diverse buone pratiche nel mondo per gestire le relazioni social con i propri lettori, cominciando dalla pubblicazione di policy precise e dalla loro applicazione rigorosa.

Se si considera Facebook solo una piattaforma di distribuzione di contenuti, il rischio di arrivare a questa situazione estrema è concreto. Se invece si pensa che la pagina Facebook è il primo dei canali di interazione con la propria comunità, si comprende che bisogna dedicare risorse e competenze “senior” a presidiarla. Altrimenti non si capisce perché aziende – anche editoriali – di dimensioni e rilevanza molto maggiori del giornale di Brescia (con tutto il rispetto) riescano a gestire i propri canali social senza eccessivi problemi».

NON SI PUO’ ABBANDONARE UN PRESIDIO

Barbara Sgarzi, Giornalista, docente, consulente. Social media e comunicazione digitale

«Dopo il più grande quotidiano nazionale brasiliano, Folha de S.Paulo, che nel 2018 platealmente abbandonò Facebook dopo l’ennesimo cambio di algoritmo nel newsfeed, dopo Stuff, il più grande gruppo media della Nuova Zelanda che (temporaneamente, così dicono) ha iniziato a luglio un boicottaggio contro tutte le piattaforme di Zuckerberg per protestare contro la politica, secondo loro troppo lassista, nei confronti dell’hate speech, è la volta del Giornale di Brescia.

Molto difficile dare torto alla direttrice Nunzia Vallini che alza bandiera bianca davanti al fiume di commenti incontrollati, zeppi di parole di odio e falsità, generati dagli articoli postati. Difficile soprattutto quando un giornale, anche qui in controtendenza, decide di assumersi la responsabilità non solo di ciò che pubblica ma anche dei commenti del lettori.

Pur comprendendo le ragioni – e lo scoramento – che hanno portato a questa decisione, resto dell’idea che il giornalismo, oggi, si faccia anche inserendosi nel flusso della conversazione social, per quanto sgradevoli possano essere. Che non si possa lasciare un ulteriore vuoto, abbandonando un presidio. Per dirla con Jeff Jarvis, cito da un suo post su Medium, traduzione mia: “Dobbiamo andare sulle piattaforme social, parlare il loro linguaggio, rispettare il loro contesto e usare gli strumenti che offrono – meme, video, foto, persino GIF danzanti, se è quello che serve – e portare valore giornalistico alle conversazioni che oggi avvengono senza di noi”».

NON È UN FALLIMENTO DEL GIORNALE, MA DI FACEBOOK

Andrea Boscaro, Founder and Partner at The Vortex

«La scelta, sofferta e responsabile, del Giornale di Brescia di chiudere la Pagina Facebook per via dei troppi commenti improntati all’odio ed alla violenza, non è un fallimento del giornale, ma di Facebook.

Dopo anni di adesione al principio del “free speech”, anche perché funzionale ad eccitare gli animi di fronte a temi divisivi, il social network ha nel corso di ottobre, sospeso il suggerimento dei Gruppi dedicati alla salute ed annunciato la censura di post antisemiti e volti a negare l’Olocausto.

Il Giornale di Brescia chiuderà la sua Pagina Facebook, ma non lascerà Facebook: i suoi pezzi continueranno ad essere condivisi e commentati da parte dei lettori e c’è da sperare che, almeno in parte, questo continui a produrre accessi al sito e risorse pubblicitarie per la prosecuzione della sua attività giornalistica e di racconto del territorio.

Rimane l’interrogativo su come difendere la possibilità dei molti di confrontarsi sulle notizie locali – quelle che più ci toccano – per colpa di pochi e, sempre più, di pochi organizzati e di fronte a questo interrogativo è lecito domandarsi se un diverso uso di Facebook da parte della testata giornalistica (ad esempio come Gruppo su temi meno sensibili o come Pagina che valorizzi collaborazioni editoriali) non avrebbe potuto limitare l’impatto della perdita di accessi che questa decisione produrrà.

Noi lettori ci auguriamo che non sia un addio, ma un arrivederci».

Pubblicato il 18 Novembre 2020
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