Quando Nedo Fiano arrivò a Brezzo di Bedero per raccontare l’orrore
Nel 2003 il testimone sopravvissuto ai lager nazisti invitato dal Comune intervenne in un momento pubblico destinato al mantenimento della memoria delle giovani generazioni. Il ricordo dell'ex sindaco Daniele Boldrini
Pochi giorni prima di Natale è venuto a mancare, all’età di 95 anni, Nedo Fiano, uno degli ultimi sopravvissuti del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, lucido testimone di quella tragedia, scrittore e consulente di Roberto Benigni per il film vincitore del Premio Oscar “La vita è bella”.
Avvicinandosi il “Giorno della memoria” – il 76° anniversario dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz del 27 gennaio 1945 – i ricordi mi portano al 2003, quando il Signor Nedo Fiano aveva accolto l’invito del Comune di Brezzo di Bedero, portando la sua testimonianza della terribile
esperienza della Shoah, in un incontro con gli studenti dell’Istituto Santa Marta – Educandato Maria SS. Bambina di Roggiano (Brissago Valtravaglia) il giorno 8 febbraio 2003. Quello stesso anno Nedo Fiano incontrò i ragazzi del Liceo Scientifico “Vittorio Sereni” di Luino e
la testimonianza venne raccolta in un testo pubblicato dallo stesso Istituto scolastico.
Questa fotografia, di qualità modesta (foto qui sopra), è un fotogramma del filmato realizzato quel sabato mattina all’Educandato di Roggiano e rappresenta il primo momento di grande impatto sui ragazzi presenti.
La Dirigente scolastica stava introducendo l’incontro e Nedo Fiano aveva estratto dalla borsa la propria uniforme di cotone a righe bianche e azzurre, l’unico indumento indossato dai prigionieri, anche a 18 gradi sotto zero.
Durante l’incontro venne esibito anche un frammento di mattone del forno crematorio n. 2 di Birkenau, dove fu cremata sua madre, entrata con lui
nel campo e subito assassinata, come altri 9 suoi familiari.
Assistere di persona ad un racconto così forte – direttamente dalla persona che ha vissuto le drammatiche vicende delle leggi razziali, che ha
affrontato il lungo viaggio sul treno dei deportati, che ha subito le feroci punizioni all’interno del campo di concentramento, che ha vissuto sulla propria pelle il demoniaco progetto di annientamento della dignità e della persona – è un’esperienza che rimane nella mente e nel cuore, che colpisce la sensibilità e che mette in discussione le certezze della nostra vita.
L’esperienza di quella giornata mi accompagnerà sempre. Quel sabato 8 febbraio 2003 – iniziato la mattina prestissimo con il viaggio in auto da Milano in compagnia del Signor Fiano, poi il momento istituzionale con gli studenti, il pranzo, il ritorno a Milano – ho condiviso un’intera giornata con Nedo Fiano, abbiamo parlato della sua storia personale e familiare, dell’assurdità di quanto accaduto solo pochi decenni prima, dei momenti difficilissimi dopo la liberazione, il reinserimento nella società e la sua vita “successiva”.
La cosa più toccante è stata ascoltare la forte motivazione del suo impegno nel portare nelle scuole la testimonianza di una tragedia dell’umanità, il difficile approccio psicologico e la complessa elaborazione del dramma.
È stata una giornata intensa, ricca di dialoghi forti, ma anche di molta spontaneità e naturalezza. Mi hanno colpito la sua determinazione nella testimonianza, il suo dinamismo culturale, la brillantezza, la simpatia, la sensibilità, l’approccio positivo alla vita.
Chiudo questo mio ricordo riportando il comunicato diramato in occasione del Giorno della memoria 2003.
“Nell’ambito delle celebrazioni del "Giorno della memoria", organizzato dall’Amministrazione comunale di Brezzo di Bedero, sabato 8 febbraio a Roggiano si è svolto un incontro tra gli studenti dell’Educandato Maria SS. Bambina ed il signor Nedo Fiano – sopravvissuto alla terribile esperienza del campo di sterminio di Auschwitz.
Nedo Fiano ha fornito ai ragazzi ed agli adulti presenti una testimonianza che si porteranno nel cuore per lungo tempo; ha saputo interessare il pubblico, in religioso silenzio per oltre due ore, con un racconto che non si è limitato alla narrazione dei fatti, ma ha lasciato ad ognuno un’eredità morale, un impulso perché si mantenga vivo il ricordo di quanto accaduto
E’ stato un racconto coinvolgente che ha scosso le coscienze di molti e ha fatto rivivere situazioni terribili: Nedo Fiano ha simulato con i pugni sul tavolo l’insopportabile rumore delle ruote del treno che i deportati hanno sopportato per sette giorni e sette notti ammassati su un carro bestiame; ha riproposto in lingua tedesca gli imperativi ordini delle guardie del campo di Auschwitz – Birkenau; ha simulato il modo animalesco in cui venivano costretti a mangiare (in una ciotola senza posate) e le punizioni corporali subite dagli internati in caso di mancata osservanza delle rigidissime norme di disciplina. Ha inoltre esposto la propria uniforme di cotone a righe bianche e azzurre, unico indumento che anche a 18 gradi sotto zero indossavano i prigionieri, ed un frammento di mattone del forno crematorio n. 2 di Birkenau, dove fu cremata sua madre, entrata con lui nel campo e subito assassinata, come altri 9 suoi familiari. In pratica Fiano ha illustrato le modalità con cui il progetto nazista perseguiva lo scopo di annientare la dignità umana e la personalità, prima di procedere all’annientamento fisico degli uomini ritenuti “nemici della razza ariana”.
Nedo Fiano ha precisato di non essere venuto per ottenere solidarietà, che ora non serve a niente, ma di voler incontrare gli studenti per lasciare un seme di speranza per il futuro, mantenendo viva la memoria di quella tragedia umana. Ha invogliato i ragazzi a coltivare sempre i valori del rispetto degli altri, della solidarietà, della libertà. Ha fornito una vera e propria lezione di vita, rivolgendosi ai ragazzi con queste parole che meritano di essere riproposte quasi integralmente: “””…la vita è tutta in salita, bisogna essere forti, essere capaci, occorre avere una coscienza che ci guidi sul sentiero dove vogliamo camminare. La vita vuole uomini preparati, per vivere ci vuole una licenza come per
guidare la macchina, altrimenti viviamo la vita all’avventura, da incoscienti. Il mio corpo lo guido io, nessun altro. Chi mi dà la possibilità di non commettere dei crimini? Questa mia ricchezza interiore che ho assimilato da mille cose, dalla scuola, dalle persone, dai miei genitori. Non affrontate la vita da soli, senza preparazione. Vi ho raccontato le mie terribili sofferenze che, come milioni di altre persone, abbiamo subito per sette anni da quel famigerato 1938. Vi passo il testimone perché vi impegniate nella vita a fare qualcosa di sano, di giusto, di onesto, qualcosa di corretto non solo per voi, ma anche per gli altri. Tenete sempre presente questa parola: solidarietà. Non dobbiamo essere indifferenti ai guai degli altri. Gli altri fanno parte di noi stessi e noi facciamo parte degli altri. Questa è la società che deve venire fuori da quell’immane carneficina, da quel grande dolore. Se ciò accadrà vuol dire che non abbiamo fatto questo tentativo per nulla. Io questo tentativo lo farò finché avrò la forza per farlo.“””.
Nedo Fiano è stato salutato con un lungo, sincero e commovente applauso, che nelle intenzioni dei presenti voleva essere un modestissimo risarcimento morale per l’enorme debito che il genere umano ha nei confronti di tutte le vittime dell’olocausto.”
Daniele Boldrini
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.