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“Si può vivere una settimana nelle condizioni di un bambino africano?” L’esperimento dei theShow a favore dell’adozione

Il tainese Jaser protagonista nel nuovo video targato theShow a sostegno dell’adozione a distanza. Un gioco di ruolo per trasportare a Milano le difficili condizioni di vita che ogni giorno vive un bambino in Africa

Jaser - TheShow - Africa - Milano

Si può vivere una settimana nelle stesse condizioni di un bambino africano?” Sette giorni per immergersi nella vita di un bambino africano, nelle stesse inique condizioni del “Sud del mondo”, piene di rinunce e difficoltà quotidiane, ma nella Milano del 2021.

Una domanda e una sfida che in realtà rappresentano un esperimento sociale proposto dai theShow, il canale YouTube fondato da Alessandro Tenace e Alessio Stigliano tra più amati della piattaforma video con più di 3,5 milioni di iscritti e inoltre vincitore nel 2016 della quinta edizione di Pechino Express.

Il (primo) video di questa settimana realizzato dal “canale editoriale a più voci” si focalizza su un tema caro al collettivo di creativi: l’adozione a distanza: «Cosa si prova e quanto si può resistere, costretti a rinunciare al proprio letto caldo e comodo per dormire in un giaciglio freddo, senza elettricità e acqua corrente? Quali sono le conseguenze fisiche e psicologiche di una routine quotidiana fatta di solo lavoro nei campi e lunghi percorsi di 12 km per potersi procurare acqua potabile e una razione di cibo alla sera?» queste le premesse dalla tesi, le domande alla base dell’esperimento che vuole mostrare – mischiando serio e faceto in un video di circa 30 minuti – com’è vivere senza tutti i comfort a cui siamo abituati e che diamo ogni giorno per scontato.

Per la realizzazione del video theShow ha così raccolto dati e statistiche sulle reali condizioni di vita di questi bambini e li ha trasformati nelle regole del suo esperimento: un vero e proprio “gioco di ruolo”, con obblighi e divieti da rispettare, riportati in buste chiuse che richiamavano ciascuna bisogni primari come “Hai Sete?”, “Hai Fame?”, “Hai sonno?”, divise per orari e giorni. Il tutto per trasportare a Milano un modello di vita il più vicino possibile a quello di un bambino africano.

Protagonista dell’esperimento Jaser (Andrea Baggio), YouTuber nato e cresciuto a Taino – qualche aronese se lo ricorderà in un vecchio video in cui girava per le vie del borgo e del corso con una maschera da cavallo -, tra i volti più amati del canale che, nella rubrica “Si Può Fare?”, sperimenta sulla propria pelle la fattibilità delle situazioni più disparate, come “Si può trasformare 1 dollaro in 1000 dollari a Las Vegas?”, esperimento per sensibilizzare sui rischi e pericoli del gioco d’azzardo.

Missioni più o meno possibili, ma nessuna come questa, “nei panni di un bambino africano”: al secondo giorno di riprese, estremamente provato, Jaser ha dovuto infatti arrendersi, dimostrando quanto quei dati sulle condizioni di vita in Africa si traducano nella pratica in un modello di vita insostenibile e impensabile per un bambino.

«Solo provando a immedesimarsi nei panni dei bambini che vivono al Sud del mondo è possibile acquisire un punto di vista il più umano possibile sulle condizioni di indigenza in cui versano – spiegano i theShow  -. E a questa idea si connette la finalità del video: stimolare una discussione sul tema nella nostra community – che conta oltre 3,5 milioni di persone – e invitare più spettatori possibili a intraprendere il percorso dell’adozione a distanza, sostenendo le maggiori organizzazioni Onlus impegnate a contrastare la povertà nel mondo».

«Se vuoi arrivare primo corri da solo, se vuoi arrivare lontano cammina insieme – recita un proverbio keniota ripreso da Jaser al termine del video, che in un solo giorno ha raggiunto più di 250mila visualizzazioni. -.Vivere una settimana così è impossibile, eppure c’è chi così vive una vita intera – aggiunge poi commentando l’esperienza  -. Una situazione di ansia ed estrema incertezza in cui sono precipitato in pochissimo tempo e che mi ha portato ad arrendermi. Quando ho realizzato che potevo tornare finalmente a tutti i miei comfort, ho provato una sensazione di sollievo e felicità, ma non ho potuto neanche fare a meno di sentirmi “in colpa”, pensando non ci fosse nulla che potessi fare per cambiare la situazione. E invece qualcosa che tutti possiamo fare c’è: può bastare poco per garantire un futuro diverso, perché adozione a distanza significa nutrizione, cure mediche, scuola, lavoro».

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Pubblicato il 17 Febbraio 2021
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