“Restauro della Chiesa di Abbiate: un’esperienza unica”
Intervista all’architetto Gaetano Arricobene che sta seguendo dall’inizio l’intervento di Restauro Conservativo della chiesa: a marzo potrebbero iniziare i lavori per il tetto
La rinascita della chiesa di Abbiate è molto vicina. Ad assicurarlo è l’architetto Gaetano Arricobene che sta seguendo dall’inizio l’intervento di Restauro Conservativo della chiesa di Abbiate, sia nella fase progettuale che nella fase delle diverse autorizzazioni necessarie. L’approvazione definitiva del progetto è finalmente arrivata nelle scorse settimane e a breve dovrebbe essere pubblicata la gara d’appalto per l’individuazione della ditta edile che si occuperà dei lavori. A spiegare le procedure, facendo così il punto della situazione, è direttamente l’architetto Arricobene.
Ad oggi si stanno sistemando le vetrate e sono stati messi in sicurezza alcuni affreschi della volta centrale. Ma cosa comprende il progetto di ristrutturazione della chiesa nel suo complesso?
«Bisogna parlare di intervento di Restauro Conservativo e non di ristrutturazione, visto che ci occupiamo di una chiesa, ossia di un edificio vincolato ai sensi del Codice Beni Culturali. L’intervento sulle vetrate è stato generato dalla caduta di un pannello della vetrata raffigurante S. Agata, avvenuta alla fine di marzo del 2019 a causa del forte vento. Ovviamente quella vetrata era in uno stato di degrado tale da non reggere all’azione delle intemperie e, poiché molte altre vetrate versavano nelle stesse condizioni, si è deciso di intervenire praticamente su tutte. Prima, però, è stato acquisito il benestare della Soprintendenza sulla base di una progetto di intervento che abbiamo elaborato e sottoposto in tempi brevi.
Le superfici decorate di una buona parte della volta centrale sono state sottoposte a una ricognizione mediante l’utilizzo di una piattaforma elevatrice, in modo da verificare le zone in fase di distacco e “toccare con mano” i problemi in quota, che non è possibile apprezzare dal basso a occhio nudo. Si è anche installata una rete di protezione per prevenire i danni derivanti dalla possibile caduta di altri frammenti di intonaco dalla volta della navata. In particolare vi è la zona in corrispondenza del soprastante abbaino, che da accesso alle coperture dal sottotetto, interessata da infiltrazioni di acque meteoriche, che potrebbero generare altri problemi. Il progetto generale di restauro, approvato dalla Soprintendenza, prevede il ripristino di tutte le coperture della chiesa, eliminando il manto sotto coppo in fibro-cemento, che contiene eternit e rinforzando le strutture lignee che si presentano parecchio ammalorate e “pasticciate” da diversi interventi di manutenzione che si sono succeduti nel tempo. Contemporaneamente si interverrà sulle centine lignee della volta della navata centrale, che non è in muratura portante ma è, di fatto, un controsoffitto voltato, appeso alle strutture lignee del tetto».
Quali sono state le difficoltà che ha dovuto affrontare nella progettazione?
«Non le ritengo difficoltà, ma piuttosto complessità di alcune fasi di lavoro: in particolare i rilievi e la restituzione grafica dello stato di fatto hanno comportato parecchio lavoro proprio per lo stato in cui versano le strutture lignee. Oltre che misurare e disegnare ciascun elemento, è stato necessario verificare la specifica capacità portante, elemento per elemento, allo scopo di determinare cosa sostituire e cosa mantenere delle vecchie strutture. Non sarebbe pensabile, in un intervento di restauro, sostituire tutti gli elementi lignei indiscriminatamente».
C’è una tempistica sull’apertura e durata del cantiere per il rifacimento del tetto?
«Stiamo lavorando, in accordo con gli enti preposti (in particolar modo con l’Ufficio Consulenza Amministrativa della Diocesi di Milano), per celebrare una gara d’appalto tra ditte qualificate e aggiudicare i lavori al più presto. Vorremmo iniziare i lavori entro il mese di marzo e concluderli entro la fine dell’anno, meteo e finanze permettendo!»
Come mai i tempi sembrano così lunghi nella fase progettuale? Immagino non sia certamente facile mettere d’accordo tutti gli attori…
«Bisogna ricordare che abbiamo concluso il progetto in pieno lock down, dopo alcuni confronti da remoto con alcuni membri del CAEP e del Comitato, con tutte le complicazioni del caso. In realtà i tempi diventano lunghi se sommiamo alla progettazione la fase di autorizzazione del progetto: la Parrocchia può trasmettere il progetto alla Soprintendenza solo attraverso la Curia, rispettando un protocollo specifico che prevede alcuni passi fondamentali per ottenere l’autorizzazione canonica; la Soprintendenza, una volta ricevuto il progetto, ha per Legge fino a 120 giorni per dare risposta. Quindi direi che siamo stati fortunati! Avremmo potuto impiegare molto più tempo per acquisire i permessi. Di fatto dobbiamo ancora avere l’autorizzazione canonica e presentare la pratica edilizia, ma questo potrà avvenire solo dopo aver aggiudicato i lavori, dovendo comunicare quale impresa li eseguirà».
Dopo l’intervento del tetto, quali altri interventi completeranno la ristrutturazione della chiesa?
«L’idea di mettere a posto il tetto deriva dal desiderio di restaurare le superfici decorate interne: non avrebbe avuto senso restaurare i dipinti murali con il rischio che potesse piovere dentro la chiesa! Quindi immagino che, una volta sistemato l’involucro esterno della chiesa, si possa riprendere l’idea dei restauri interni. Ovviamente serviranno altre risorse, quindi dipenderà molto dalla generosità dei parrocchiani e dalle opportunità che si presenteranno, in futuro, di richiedere contributi alle diverse forme di bandi e finanziamenti, che speriamo di riuscire ad ottenere».
C’è qualcosa che l’ha particolarmente stupita o affascinata di questo progetto?
«Sicuramente mi ha molto affascinato la struttura “a carena di nave” della volta della navata. Avere la possibilità di studiare i magisteri costruttivi del passato e trovare le soluzioni per intervenire delicatamente con altre strutture in affiancamento, così da rispettare quanto è stato realizzato ad arte molti anni prima di noi, è qualcosa di straordinario, che rende interessante la mia professione. E ogni volta è un caso a sé, una esperienza unica, una nuova avventura. Immedesimarsi per cercare di comprendere cosa è stato fatto e come, con mezzi e strumenti neanche lontanamente confrontabili con le possibilità che abbiamo oggi, permette di relativizzare ciò che troviamo e ciò che ci ripromettiamo di fare. Intervenendo sempre con grande rispetto per chi ci ha preceduto e con grande dedizione per la Comunità parrocchiale, che custodisce il patrimonio artistico e che ha il dovere di tramandarlo alle generazioni future».
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