Cure a domicilio dei pazienti Covid: il professor Grossi spiega cosa fare
Il primario di malattie infettive dell'ospedale varesino è nel Gruppo di lavoro permanente dell'Istituto Superiore di Sanità
(nell’intervista del 31 marzo scorso il professor Grossi parlava in generale della situazione pandemica e delle cure domiciliari)
No agli antibiotici se non in presenza di una documentata infezione batterica, no ai corticosteroidi se non c’è necessità di ossigeno, no all’eparina se non negli allettati e no all’idrossiclorochina. Sì, invece, ad un monitoraggio costante delle condizioni, con particolare attenzione alla saturazione dell’ossigeno e alla somministrazione di farmaci sintomatici quali il paracetamolo o FANS.
Sono le principali indicazioni contenute nella circolare del Ministero della salute per l’assistenza a domicilio del paziente con infezione da Sars CoV2 . Tra i firmatari delle linee guida promosse dal Ministero c’è anche il professor Paolo Grossi in qualità di componente del Gruppo di lavoro permanente “Quesiti scientifici relativi all’infezione da Coronavirus 2019-nCoV” istituito nel febbraio 2020 in seno al Consiglio Superiore di Sanità – Sezione III, coordinato dal Presidente del Consiglio Superiore di Sanità Prof. Franco Locatelli, per far fronte all’emergenza COVID-19.
«Una corretta gestione domiciliare dei pazienti è fondamentale, sia perché può migliorare di molto la prognosi, sia perchè, riducendo la necessità di ricovero, consente agli Ospedali di concentrarsi anche sulla cura delle altre patologie».
CAMBIANO LE INDICAZIONI TERAPEUTICHE DOMICILIARI
Una prima stesura del documento risale al novembre scorso, sulla scorta dell’andamento pandemico della prima ondata: «Da allora, però, c’è stata un’importante evoluzione sul tema – continua Grossi – soprattutto con l‘introduzione degli anticorpi monoclonali. AIFA e il Dipartimento ministeriale di Prevenzione hanno quindi introdotto degli aggiornamenti che ci sono quindi stati sottoposti prima della divulgazione».
ANTICORPI MONOCLONALI
Proprio agli anticorpi monoclonali è dedicato un paragrafo del documento, in cui si ribadiscono le condizioni in base alle quali i Medici di Medicina Generale possono segnalare un paziente per questo tipo di trattamento, che deve necessariamente essere somministrato in ambiente ospedaliero: «La selezione dei pazienti da trattare con anticorpi monoclonali è affidata ai Medici di Medicina Generale, ai Pediatri di Libera Scelta e ai medici delle USCA, anche se la prescrizione deve essere confermata dallo specialista. – precisa Grossi – In particolare, questa terapia deve essere riservata ai pazienti COVID con sintomi lievi o comunque moderati, insorti da non oltre dieci giorni, e con condizioni di particolare rischio di sviluppare la malattia in forma grave».
«Purtroppo non esiste ancora una terapia mirata contro il SARS-CoV-2 – conclude il prof. Grossi – ma in questi mesi le nostre conoscenze sul SARS-CoV-2 e sulla malattia denominata COVID-19, che esso provoca sono cresciute, consentendoci di curarla con efficacia in molti casi. E’ però davvero decisivo applicare correttamente le indicazioni. In sintesi, abbiamo ancora poche armi, ma se le usiamo bene, evitando trattamenti inutili e intempestivi, ce la possiamo fare!».
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.