Sikor, Pore e gli altri: i sovietici che combatterono come partigiani in Italia
Fatti prigionieri dai tedeschi, una volta in Italia disertarono e si unirono alla Resistenza. Ora vengono ricordati con quattro incontri italo-russi, a ridosso di una data simbolo nella zona del Novarese, il 24 ottobre
È l’alba del 3 dicembre 1944, i tedeschi sparano in una baita occupata dai partigiani tra i boschi sopra Belgirate, sulle ripide colline affacciate sul Lago Maggiore.
«Viva l’Italia, viva l’Unione sovietica!» urla un partigiano, dopo essersi qualificato come comandante del distaccamento.
Si chiama Pore Mosulishvili e col suo gesto – indicandosi come comandante e uccidendosi poi subito dopo – salverà la vita ai suoi compagni italiani.
Quel cognome strano lo identificava già allora come straniero.
Il suffisso -vili è tipico degli abitanti della Georgia: Mosulishvili faceva parte infatti del nutrito contingente di soldati caucasici che (in divisa dell’Armata Rossa) furono catturati dai tedeschi e inviati a combattere in Italia: un gruppo di georgiani fu mandato nella zona tra Ossola e Lago Maggiore, dove decine di loro disertarono ed entrarono nelle file partigiane.
Ma i soldati sovietici arrivati in Italia in divisa della Wehrmacht per costrizione e passati nella Resistenza italiana furono molti di più: 4981 combattenti, di cui 425 caduti, si quantificò già nel 1967.
Numerosissime sono le nazionalità rappresentate nella Resistenza italiana, ma più numerosi di tutti sono i cittadini ex sovietici, dalla Bielorussia alle repubbliche asiatiche: Massimo Eccli e Sandro Teti hanno aggiornato la ricerca con un nuovo volume (“I partigiani sovietici nella Resistenza Italiana”) che sarà presentato anche nelle province di Novara, Varese e Verbano-Cusio-Ossola, che videro episodi particolarmente rilevanti, come quello – appunto – di Pore Mosulishvili a Belgirate.
Il ricordo degli eccidi del 24 ottobre a Novara e dintorni
Gli appuntamenti sono organizzati da Anpi, Casa della Resistenza di Fondotoce, associazione perseguitati politici, Istituto della Resistenza di Novara e associazione Stella Alpina di Pombia. Intorno ad una data simbolica, quella del 24 ottobre, giorno di tre diversi eccidi tra Novara e la campagna circostante: tra i partigiani trucidati c’era anche Sikor Tateladze, georgiano.
La mattina del 24 ottobre a Momo i partigiani avevano inferto un duro colpo la “squadraccia” della Questura di Novara, dipendente direttamente dal capo fascista della provincia, Vezzalini. Nel pomeriggio erano ritornati in zona quando era già buio, per dar la caccia a partigiani isolati: catturato insieme a due compagni, Sikor fu malmenato e poi impiccato, “credo impiccato ancora vivo, a colpi gli hanno deformato la faccia”, ricordava il parroco del paese (che rischiò a sua volta di essere fucilato dai fascisti).
Gli incontri
Il ricordo dei sovietici in Italia si è rafforzato, paradossalmente, con la Russia di oggi, che ha intensificato gli omaggi e i momenti di contatto (a destra nella foto che apre l’articolo: l’inviato dell’Ambasciata rende omaggio alla tomba di Pore Mosulishvili ad Arona).
In questo 2021 il primo incontro sui “partigiani sovietici” è quello in programma venerdì 22 ottobre (ore 20.30) alla centro Cascina Monte Diviso di Gallarate (via Brennero), sede di una associazione di amicizia Italia-Russia: qui parteciperà anche la fisarmonicista Natalya Chesnova. Il 23 sarà presentato in un convegno mattutino alle 10 alla Casa della Resistenza di Fondotoce (Verbania) e poi alle 21 al teatro comunale di Oleggio. Il 24 ottobre invece l’ultimo appuntamento, alle 17 al teatro comunale di Momo, con la partecipazione del “Coro Pizio Greta” e della violinista Sofia Khisamutdinova. In tutti gli appuntamenti ci sarà anche una troupe russa che riprenderà l’evento.
L’appuntamento di Momo sarà preceduto alle 16 dal momento di commemorazione al cippo che ricorda “il georgiano Sikor”, lungo la strada tra Oleggio e Castelletto di Momo, dove la pianura novarese s’increspa nelle prime colline.
È uno dei tanti cippi che in mezza Italia ricordano il sacrificio dei partigiani sovietici ma anche di altri stranieri di varie nazionalità, dai cecoslovacchi (protagonisti in Ossola di una diserzione di massa nell’estate 1944) ai greci, dai singoli danesi ai tanti jugoslavi che scapparono dai campi d’internamento all’8 settembre 1943, dagli inglesi ai sudamericani. Fino ai tedeschi veri e propri, che (seppur isolati e non numerosi) scelsero di non combattere più per il nazismo, ma per riconsegnare l’Europa – e anche la Germania – alla libertà.
Una Resistenza internazionale, ancora poco conosciuta, a cui fa da contraltare la Resistenza degli italiani all’estero, dalla Francia occupata alla Jugoslavia, dal Belgio all’Albania, che coinvolgeva emigrati o soldati rimasti soli dopo lo sfaldamento dell’esercito all’8 settembre.
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