La Lombardia e il Quirinale, il “caso Violi” accende lo scontro
Il Pd ha il gruppo di opposizione più consistente e sperava di mandare un suo uomo come "grande elettore", ma a votazione ha premiato i Cinque Stelle. Anche nel centrodestra c'è qualche attrito
È uno dei mille elettori – più o meno, si vedrà tra quarantene e positivi – che voterà il Presidente della Repubblica. Ma Dario Violi, trentaseienne bergamasco consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, è oggi al centro dello scontro politico in Lombardia: a sorpresa è stato eletto nella terna di nomi (con Attilio Fontana e Alessandro Fermi, presindente del Consiglio Regionale) che rappresenterà la più popolosa Regione d’Italia al voto per il Quirinale.
«Il centrodestra in Lombardia ha calpestato la prassi sempre rispettata nell’elezione dei rappresentanti tra i grandi elettori» dice l’ex ministro Francesco Boccia a poche ore dal voto dell’aula lombarda. I democratici sono sul piede di guerra, perché ritengono spettasse al Pd mandare il proprio rappresentante come “grande elettore” che rappresenta la minoranza al Pirellone.
«Il rispetto per le istituzioni passa attraverso il rispetto delle regole e delle prassi consolidate». E anche se appunto non c’è nessuna norma nero su bianco, «in tutti i consigli regionali sono eletti due rappresentanti per la maggioranza e un rappresentante per l’opposizione e quando non c’è un’indicazione unitaria si elegge il capogruppo del maggior gruppo di opposizione».
Per questo il Pd si aspettava che anche dal centrodestra arrivasse un voto per Fabio Pizzul, individuato come nome valido dai dem. Ma il voto è andato diversamente: Pizzul si è fermato a 17 voti, Violi ne ha incassati 22.
Rigira il coltello nella piaga, dall’area centrista, Manfredi Palmeri, del Polo di Lombardia: «Quanto accaduto in Aula, con la divaricazione PD-Cinque Stelle e con entrambi che per i propri rispettivi candidati cercavano sgambettandosi sostegno da parte della maggioranza, ci fa chiedere come pensano di potere governare insieme la Lombardia», dice caustico.
Che ci sia una alleanza M5S-Pd, però, sembra escluso dalla reazione dei dem lombardi: «Noi rimaniamo convinti che la chiarezza e la coerenza paghino sempre. Prendiamo atto che siamo l’unica forza di opposizione vera in Lombardia» scrive il gruppo consiliare Pd.
Lega pigliatutto, attriti nel centrodestra
Anche nel centrodestra, però, ci sono malumori. Perché i due “grandi elettori” di maggioranza saranno entrambi della Lega: rispettando «la prassi» evocata da Boccia, infatti, il Consiglio ha votato il presidente di Regione (Attilio Fontana) e il presidente della stessa assemblea regionale, Alessandro Fermi. Con il risultato che entrambi i delegati di maggioranza sono in quota Lega, dal momento che Fermi – eletto in Forza Italia – è passato a settembre 2021 nelle file dei salviniani.
Il segnale di fastidio di una parte di maggioranza si vede anche negli undici voti incassati da Viviana Beccalossi. I sospetti si sono appuntati su Fratelli d’Italia, che ha anche risposto a tono: «Noi, come sempre, siamo stati coerenti con la maggioranza, sennò lo avremmo dichiarato» hanno detto in una nota il capogruppo di Fratelli d’Italia Franco Lucente e i consiglieri Marco Alparone, Patrizia Baffi, Paolo Franco, Barbara Mazzali e Federico Romani. «Mentre qualcun altro, come abbiamo notato anche noi, ha sparigliato le carte favorito dal voto segreto».
Nelle file del centrodestra qualcuno ha ipotizzato che si dovesse trovare il modo di rappresentare due diversi partiti. «Fuori tempo massimo» ha sferzato Manfredi Palmeri. «Questa valutazione andava fatta quando l’Ufficio di Presidenza è diventato un inedito monocolore. Fermo restando che la Presidenza del Consiglio non è a disposizione delle decisioni dei partiti, se c’era una questione di opportunità politica, il tema andava affrontato subito e non solo quando se ne vedono le conseguenze».
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