Armi e seconde case nel mirino dei pusher della Valcuvia
Sabato due nordafricani svegliati dai carabinieri dopo essersi introdotti in una casa di vacanza a Gemonio. Attenzione alle armi da caccia detenute nelle abitazioni
Ha fatto per entrare nella sua casa di campagna dove da qualche tempo non andava e si è subito accorta che qualcosa non quadrava: all’interno c’era gente che dormiva. Così ha chiamato il 112 che ha inviato una pattuglia dei carabinieri della compagnai di Luino a perlustrare la villetta, e i militari hanno fatto un’amara sorpresa: la casa era stata occupata da due cittadini di origine apparente nordafricana, probabilmente marocchini pedine della rete legata allo spaccio che in questo periodo è particolarmente attivo nella zona del medio Verbano, oltre che sulle alture della Valcuvia.
I due uomini sono stati identificati dall’Arma e la loro posizione è al vaglio dal momento che in questi casi si agisce d’ufficio se vi sono armi o l’occupazione si è concretata da più di cinque persone: non è previsto l’arresto e se andrà loro male, queste due persone verranno denunciate a piede libero. Una notizia che arriva giusto nei giorni in cui la brillante operazione di rintraccio e cattura dei tre sospettati di ben due episodi di tortura è stata messa a segno dal nucleo operativo sempre dei militari luinesi che sui tetti di Parona hanno arrestato i sospettati che tentavano la fuga sui coppi.
Il punto è che lo spaccio nella zona delle valli è oramai talmente ramificato che, oltre al cambio di passo in materia di pericolosità effettiva di questi soggetti in arrivo anche da lontano per colonizzare non più con armi bianche ma da fuoco le aree di smercio, il pericolo è rappresentato ora anche dall’occupazione di immobili per garantirsi protezione e riparo (nella foto, un blitz nelle grotte della Valganna da parte del nucleo operativo di Luino: giacigli simili sono stati trovati anche a Castello Cabiaglio, Masciago Primo, Rancio e nel versante opposto della Valcuvia).
Una questione di logistca, insomma, che emerge anche nelle carte delle inchieste in cui si fa riferimento continuo agli “schiavi“ della droga che sovente prestano anche il letto agli spacciatori. Nel caso dell’abitazione occupata nei giorni precedenti a quello di sabato, peraltro, nessuna segnalazione di movimenti sospetti è giunta da possibili vicini o persone del posto, quindi segno di uno studio meticoloso della zona, e la decisione di agire senza farsi vedere: «In quella casa non c’è nessuno, e nessuno si accorgerà di noi». E la casa era diventata in effetti un loro nascondiglio dal momento che gli investigatori parlano di «impossessamento» dell’immobile.
L’allarme tra le forze dell’ordine è alto perché le aree frequentate dai pusher coincidono con le zone zone oggetto di passeggiate, escursioni per funghi (quando sarà stagione) e un’altra attività che preoccupa: la caccia. È aperta da fine giugno la caccia di selezione al cinghiale, aprirà quella a cervidi e bovidi il primo di agosto: non è un mistero che la determinatezza dei personaggi che si impongono per lo smercio di eroina a basso costo e bassa qualità nelle valli del Verbano sia piuttosto risoluta, a tal punto da non farsi problemi – perché armati – ad affrontare soggetti che portano un fucile da caccia.
Del resto l’episodio scintilla – da cui è partito il filone di indagini che ha permesso di arrivare al sequestro di una pistola revolver a Brenta (San Quirico) mesi fa, e all’arresto dei tre marocchini per tortura avvenuto pochi giorni fa – è da ascriversi alla grande sparatoria fra Laveno Mombello e Sangiano nella zona della collina del Bostano. Un particolare che non è sfuggito a residenti e prima ancora agli investigatori: le armi da fuoco impiegate sono armi da caccia, “doppiette“ o “sovrapposti” calibro 12 che a lunga distanza suonano come minaccia per il rumore prodotto, ma a 50 metri di distanza uccidono sul colpo. Armi anche frutto di intrusioni in abitazioni private di cacciatori o di semplici cittadini che tenevano da parte lo schioppo “del nonno“; armi ora in mano ai pusher che non di rado le impiegano per minacciare dopo aver tagliato le canne che trasformano i fucili in lupare, ideali nel combattimento fra gli alberi o da tenere nascoste fino all’ultimo dietro la schiena per risolvere situazioni inaspettate: è successo ai danni di un ragazzino non più tardi di un mese fa nella zona di Casalzuigno. Il quindicenne, spaventato, ha raccontato tutto al genitore, ma all’arrivo dei carabinieri il personaggio armato si era volatilizzato fra gli alberi, a pochi metri dalla strada.
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