Evitare le alluvioni si potrebbe, grazie ad una gestione lungimirante e sostenibile del territorio
Tanti relatori all’evento organizzato da Alfa in Camera di Commercio per raccogliere una sfida non più rimandabile per enti pubblici e professionisti della costruzione
Un pomeriggio dedicato al come cambiamenti climatici e l’eccessiva antropizzazione abbiano portato il nostro territorio ad un aumento esponenziale del rischio idrogeologico, con le conseguenze che ormai abbiamo imparato a conoscere. Se sono le immagini delle Marche quelle che abbiamo ancora ben vivide davanti ai nostri occhi, impossibile dimenticare come negli ultimi anni fenomeni alluvionali importanti abbiano riguardato anche la provincia di Varese.
Regione Lombardia ha recepito alcune normative nazionali ed europee circa la gestione efficace dei sistemi idraulici che permettono alle acque meteoriche, quelle che cadono al suolo durante le giornate di pioggia, di defluire con maggiore successo. Si parla di “invarianza idrica” quando si cerca di fare sì che tale deflusso possa avvenire come se una data area non fosse stata antropizzata.
«Quello di oggi è un primo approccio – ha dichiarato il presidente di Alfa Paolo Mazzucchelli – Lo dico agli amministratori: ci siamo proposti di redigere noi insieme ai comuni quel documento obbligatorio di cui parla Regione Lombardia. Siamo un ente pubblico e abbiamo delle responsabilità: il decisore politico deve capire che solo i più grandi comuni possono affrontare temi così difficili come il dissesto idrogeologico, i piccoli non possono rimanere soli. Alfa si farà portavoce delle loro esigenze: quello dell’invarianza è un piccolo passo che la nostra società sta affrontando insieme ai comuni suoi soci».
Nel corso del pomeriggio tanti interventi in rappresentanza delle diverse realtà interessate dal tema e che sono coinvolte nella elaborazione di una soluzione: dal mondo accademico al legislatore regionale, dagli architetti ai sindaci.
Per Elena Brusa Pasquè, presidente e Coordinatrice referente della Commissione sostenibilità dell’Ordine degli Architetti di Varese, che per prima è intervenuta «Il tema dell’invarianza idrica non deve essere visto come un limite, ma come un’opportunità: ci può essere bellezza anche negli strumenti volti a realizzare il piano che ci chiede Regione Lombardia. Tutti noi ci siamo chiesti cosa accade all’acqua piovana durante o dopo un forte temporale. Un lungo e tortuoso percorso per riuscire ad infiltrarsi nel terreno. Complici i cambiamenti climatici e le infrastrutture inadeguate, abbiamo imparato a conoscere eventi catastrofici. Occorre progettare in modo che ciò che viene realizzato non si ritorca contro di noi e le future generazioni.
Noi architetti anticipiamo prevedendo le instabilità dovute anche al clima. Ingegneri e architetti sono più di altri anticipatori di esigenze dell’uomo e oggi fra i primi bisogni c’è imparare a prevedere la natura violenta dei cambiamenti, una grande responsabilità per gli urbanisti perché le nostre omissioni rischiano di riflettersi sulla società. Così la politica deve investire sull’acqua, sulla sicurezza. Cambiamo allora il modo di costruire le città, teniamo conto del sottosuolo, dei piani di manutenzione delle tubature e delle giunzioni. Ricordiamoci che la terra può sparire da sotto i nostri piedi. Diventiamo come acqua in una brocca: adattiamoci al cambiamento, disimpariamo l’imparato e progettiamo con principi nuovi».
E’ stato poi Alessandro Nicoloso, agronomo forestale, nel suo intervento “Acqua: scenari per una gestione sostenibile” a spiegare nel dettalgio quali sono le cause all’origine delle alluvioni, che sono prettamente antropiche: l’impermeabilizzaizione del suolo e il sotto dimensionamento delle reti, unito ad un atteggiamento che ci porta a vivere le cose con la filosofia del “è sempre andata così” e credere che dunque sia lecito continuare sulla strada di sempre, di fronte ad esigenze nuove. Nicoloso ha illustrato come in un contesto urbanizzato il 55% delle acque piovane non riesce a defluire nel sottosuolo, contro il 10% delle zone non impermeabilizzate, quindi non costruite.
Il che fa si che davanti ad un evento meteorologico importante dal punto di vista delle precipitazioni, le zone urbanizzati si alluvionino. Si è parlato anche di strategie per il futuro, già disponibili nel presente, per ridurre il dissesto, l’impermeabilizzazione e riportare a pelo libero i tratti tombinati, per ridare spazi di divagazione ai corsi d’acqua, pianificare e progettare con una visione del territorio a lungo termine e ammettere l’incertezza, educando alla consapevolezza del rischio.
C’è stato spazio anche per l’inquadramento normativo in cui tali cambiamenti vanno attuati, grazie all’intervento della dottoressa I.Tolone di Regione Lombardia, che ha illustrato gli adempimenti obbligatori che i comuni devono redigere per affrontare la tematica, ossia:
- l’adeguamento del regolamento edilizio comunale;
- la redazione del documento semplificato sul rischio idraulico comunale, ad oggi recepito da 146 comuni a rischio idrogeologico su 514 in Lombardia (26 su 73 in provincia di Varese),
- lo studio comunale della gestione rischio idraulico (insufficienza rete fognario, criticità scarichi ecc..) ad oggi realizzato da soli 119 comuni su 994 a rischio in Lombardia (8 su 138 in provincia di Varese);
«Bisognerebbe tendere a queste architetture verdi, lasciandoci dietro il grigio», ha concluso Tolone, mentre Alfa su questo punto, tramite le parole del presidente Mazzucchelli, si è detta disponibile ad affiancare i suoi soci ( i comuni) qualora avessero bisogno di un supporto nella redazione dei documenti richiesti dal legislatore regionale.
Gian Battista Bischetti, Professore Ordinario Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali – Università degli Studi di Milano ha poi ripercorso le cause (cambiamenti climatici e eccessiva antropizzazione) degli eventi alluvionali che si generano in seguito al come progettiamo le aree urbane. Nel suo intervento ha spiegato come sulla eccessiva antropizzazione si possa intervenire al livello locale, anche “micro”locale, e quali interventi si possono eseguire per invertire la tendenza.
«Nel paradigma tradizionale si tendeva a sistemi volti ad allontanare rapidamente le acque reflue, ma la conseguenza è avere valori di portata continuamente crescenti arrivando all’insufficienza del collettore, con aumento dei problemi tecnici e del sovraccarico. Esiste un approccio alternativo che non è nuovo, ma è iniziato negli anni ‘50 in centro Europa. A livello mondiale è più recente, ma comunque consolidato. Le “smart cities” pensano anche a questi aspetti, quali utilizzare sistemi a basso impatto ambientale evitando il recapito rapido dei corsi d’acqua, uscendo dall’ottica del “tutto nel sistema fognario”. Un risultato ottenibile grazie a dispositivi che perseguono l’obiettivo di gestire il più possibile a livello locale il deflusso meteorico. Fermo restando che sia difficile da realizzare sull’esistente, in un contesto come quello italiano di città e nuclei storici vecchi di secoli. Sono cambiamenti da realizzare nell’arco di decenni, tempo necessario anche per formare i nuovi professionisti».
Il discorso dalle teorie alla pratica lo ha riportato Fabio Passera, nella doppia veste di sindaco di Maccagno con Pino e Veddasca e di membro del CdA di Alfa srl: «Il mio comune ha solo 2500 abitanti, ma una superfice enorme, seconda solo a quella del comune di Varese. Un’amministratore di un comune di 2500 abitanti non può gestire da solo il rischio idrogeologico di un’area di 40 km quadrati. Per questo il ruolo di raccordo di Alfa può e deve essere importante specialmente per i piccoli comuni di cui è costellato il Nord della Provincia, dove per altro è più alto il rischio di dissesto».
A questo punto il pomeriggio si è concluso con l’intervento dell’ingegnere Marco Callerio, Responsabile Ufficio Invarianza idraulica di Alfa e di CAP, che ha illustrato la necessità di un sistema di drenaggio urbano sostenibile, che permetta di gestire le acque meteoriche in modo sostenibile da un punto di vista qualitativo e quantitativo.
«Si deve progettare secondo buone pratiche. Realizzare dei micro-sistemi a monte in modo che la portata a valle sia regolata. Si possono fare interventi di alleggerimento nelle rete già esistenti. Se ripensassimo il verde urbano delle città rendendolo un sistema di infiltrazione, di drenaggio urbano?»
Domande che possono trovare risposte nella capacità di visione degli enti pubblici e dei privati e che non possono più essere eluse davanti all’innegabile urgenza dell’argomento.
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