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I nazisti di Cinecittà e i dispersi in Russia: quando la ricerca storica e giornalistica si uniscono

Alla Ubik di Piazza Montegrappa l'incontro di Glocal con gli scrittori e giornalisti Pier Vittorio Buffa e Mario Tedeschini Lalli. La storia come filo conduttore di due diverse storie portate alla luce tra incredibili e capillari ricerche, alcune nate però anche "per caso"

Glocal 2022 - Tedeschini Lalli e Buffa - Ubik

Un incontro letterario sui i nazisti “rifugiati” a Cinecittà e i dispersi della campagna di Russia per andare a ricostruire e fare luce su pagine del passato, lungo il fil-rouge della Seconda guerra mondiale e, soprattutto, di due ricerche storiche e giornalistiche.

Ieri sera – giovedì 11 novembre – in occasione dell’undicesima edizione del Festival del giornalismo Glocal la Ubik di Piazza Montegrappa a Varese ha ospitato due “amici” della rassegna per il panel “Dal giornalismo alle storie, alla storia”: Mario Tedeschini Lalli e Pier Vittorio Buffa, rispettivamente autori de Nazisti a Cinecittà (Nutrimenti) e Ufficialmente dispersi (Piemme).

Due libri diversi, non solo per le storie, i volti e le vite raccontate, ma anche per il genere: se infatti l’opera di Tedeschini Lalli ripercorre le incredibili, a tratti surreali, vite post-belliche di alcuni ufficiali nazisti responsabili delle Fosse Ardeatine che al termine del conflitto mondiale tornano a vestire le camice brune dietro la macchina da presa per alcuni dei più grandi cineasti, Buffa ha invece scelto di raccontare sotto forma di romanzo la tragica storia dei soldati italiani “ufficialmente dispersi” nelle steppe dell’allora Unione Sovietica, dove sotto ogni girasole si nasconde il corpo di un soldato italiano. O forse meglio dire scelse – dal momento che il libro è stato pubblicato per la prima volta negli Anni Novanta.

Il racconto di Tedeschini Lalli è una storia anche di giornalismo e ricerca digitale, iniziata con una semplice ricerca Google sull’ SS Borante Domizlaff e sfociata in una lunga serie di “indagini”. «Come spesso accade ai giornalisti, in particolare quelli storici – ha spiegato Tedeschini Lalli a Roberto Morandi di VareseNews – cercavo altro e mi sono imbattuto in quella che sarebbe divenuto il mio lavoro, che ha impiegato “cinque anni lordi” per arrivare alla sua realizzazione. Quel giorno su internet invece di trovare l’attività di Domizlaff in quanto ufficiale dell’SS mi sono invece imbattuto in pagine su pagine riguardanti il film del ’61 di Dino Risi Una vita difficile, con Alberto Sordi. Nel film Domizlaff non solo recita la parte del nazista ma è addirittura accredito nei titoli di testa con nome e cognome».

Un maggiore delle SS che partecipò e sparò alla Fosse Ardeatine si era ritrovato dunque con un piccolo ruolo a fare da comparsa in una pellicola, uno dei grandi film della cinematografia italiana, che raccontava la storia di Italia su un soggetto di Rodolfo Sonego, ai tempi della guerra comandante partigiano militante nel Bellunese. «Mi ricordo che mi chiesi come fosse possibile che criminali di guerra potessero essere così esposti – ha sottolineato Tedeschini Lalli, che ieri ha vestito una maglia bianca in segno di solidarietà con gli attivisti per la libertà dei prigionieri di coscienza nelle carceri egiziane -. In realtà lungo la mia ricerca non ho trovato la risposta a questa domanda ma altri film a cui Domizlaff ha partecipato e altri personaggi come lui, come Karl Hass. Il libro è più la storia della mia ricerca attraverso archivi, interviste ai figli degli ufficiali o i manoscritti degli stessi ufficiali avevano scritto per giustificare le loro azioni: sono dovuto passare dall’altra parte dello specchio».

Glocal 2022 - Tedeschini Lalli e Buffa - Ubik

Da Cinecittà all’Ucraina (l’armata italiana durante l’occupazione aveva il suo quartier generale a Stalino, oggi Donetsk) e la Russia non di oggi, ma di pochi anni prima rispetto al dramma delle Fosse Ardeatine, dove un’intera generazione di ragazzi nati tra il ‘21 e il ’23, che oggi sarebbero tutti alla soglia dei cent’anni come nel caso di “Zio Contentino”. Il romanzo di Buffa riprende un sottogenere letterario aperto da Mario Rigoni Stern e dal suo autobiografico Sergente nella neve.

A differenza di Rigoni Stern, considerato dall’ospite di Glocal una delle sue più «emozionanti conoscenze», Buffa rientra invece nella categoria di quegli scrittori e giornalisti (auto)definiti della “seconda generazione“, ovvero i figli e nipoti dei reduci di guerra e della catastrofe che, attraverso il ricordo e l’apertura dei dossier della dissoluta Unione Sovietica e del KGB sui prigionieri italiani, sono riusciti a ricostruire la storia di molti degli oltre centomila dispersi e, come nel caso di Buffa, aprire un sito a loro dedicato.

«Per le famiglie il fatto di non avere notizie ufficiali dei propri, figli, fratelli, nipoti ha rappresentato per molti anni un vero e proprio dramma. Nel mio romanzo ho cercato di indagare la natura umana e mente di un uomo, mio padre, e attraverso la sua quella di più uomini secondo gli strumenti che avevo: tanti libri e pochi uomini. Per tutta la mia vita ho visto i segni di quello che una guerra come la campagna di Russia ha lasciato sulla sua vita. Ho conosciuto due tipologie di reduci, c’è chi non parla e chi a un certo punto ha sentito il bisogno di “tirare fuori tutto”».

Altrettanto fondamentali sono state le carte di Mosca su cui Buffa ha potuto mettere mano durante gli anni Novanta durante la propria ricerca giornalistica in Russia: «Queste schede cambiavano e riscrivevano la storia di una persona, perché per molte persone la data di dispersione non coincideva più con quella della morte, magari avvenuta dopo due anni di prigionia. Questa cosa mi sconvolse, mi creerò una sorta di shock da cui deriva appunto il titolo del romanzo “Ufficialmente dispersi“, perché poi in realtà il destino di alcune queste persone fu ben diverso da quello che i parenti hanno potuto sapere o immaginare per tanti anni».

Glocal 2022 - Tedeschini Lalli e Buffa - Ubik

Pubblicato il 11 Novembre 2022
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