Capannoni, strade e piazzali: in 4 anni persi 3158 ettari di terreno fertil
È come se in un lustro fosse scomparso un sesto del Parco del Ticino. Nuove case ma soprattutto logistica: il record è di Brescia e Bergamo, con consumo di suolo accelerato da nuovi insediamenti lungo la Brebemi
La prima minaccia, oggi, è la logistica. Capannoni che sorgono uno in fila all’altro, lungo le autostrade, vicino agli svincoli, accanto agli aeroporti.
In Lombardia è un vero e proprio boom, come anche in Emilia occidentale (Piacenza su tutto) e nel Novarese. Ed è la principale minaccia al suolo fertile in Lombardia: negli ultimi 5 anni sono scomparsi 3518 ettari di terreno boscoso o agricolo, sostituiti da capannoni, case, piazzali asfaltati, strade. È come se in un lustro fosse scomparso un sesto dell’intero Parco del Ticino.
Una emergenza sottovalutata, specie in aree già fortemente urbanizzate, dove l’impermeabilizzazione del suolo – coperto di asfalto o cemento – diventa una possibile minaccia se associati con fenomeni di precipitazioni estreme, più frequenti per effetto dei cambiamenti climatiti.
In occasione della Giornata mondiale del Suolo – istituita dalla FAO per focalizzare l’attenzione sull’importanza della salute del suolo – anche Legambiente Lombardia rilancia l’allarme per la crescita sregolata del suolo consumato a uso immobiliare logistico, associato spesso alle grandi infrastrutture di trasporto: in Lombardia “in testa” alla classifica negativa c’è la provincia di Brescia, con 900 ettari di terreno fertile persi in cinque anni, seguita da Bergamo.
Non è un caso: qui un grande acceleratore di costruzioni, specie nella logistica, è stata la BreBeMi, l’autostrada che attraversa anche la Bassa Bergamasca, un territorio fino a pochi anni fa caratterizzato da una ridotta pressione edificatoria.
Le province di Lombardia per consumo di suolo
La provincia con maggiore consumo di suolo, come detto, è Brescia, con 898,5 ettari “inertizzati”. Segue Bergamo con 551,3, poi Milano con 436ettari. Segue poi la bassa pianura di Mantova, Pavia e Cremona (rispettivamente 597,3, 351,7 e 258,3 ettari consumati).
Rilevante, rispetto alle dimensioni della provincia, anche il dato di Varese, con 168,6 ettari: qui la pressione è soprattutto concentrata sull’area di pianura, tra Alto Milanese e Malpensa, dove sono in corso anche ulteriori grandi opere.
A Lodi in cinque anni si sono persi 134,4 ettari, in provincia di Monza e Brianza 119,6, a Sondrio 72,9, a Como 67,2. La provincia meno esposta è Lecco, con 56,6 ettari consumati nell’ultimo lustro.
Il “caso” di Brescia
Il dato di Brescia dice anche un’altra cosa: l’accelerazione del fenomeno. Nell’ultimo anno sono scomparsi 307 ettari di suolo, ed anche se il dato va letto alla luce dell’inasprimento del fenomeno dopo il blocco legato alla pandemia del 2020, è un valore che eccede i livelli degli anni della ‘bolla’ speculativa del cemento registrata a inizio secolo.
In cinque anni è come se per ogni abitante della provincia si fosse costruita una formazione di cemento armato di 7,2 mq, più del doppio della media regionale ferma a 3,5 mq/abitante.
Legambiente: “Serve un intervento della Regione”
Quasi sempre i nuovi insediamenti logistici sono accolti con favore da sindaci e amministratori locali, in cambio di oneri di urbanizzazione, vale a dire soldi freschi per il Comune, e di prospettive di crescita dei posti di lavoro. Una dinamica spesso figlia dell’idea di competizione tra Comuni: se un sindaco o una comunità ponessero ostacoli a un nuovo insediamento, a un grande player internazionale (come quelli dell’e-commerce) basterebbe la minaccia di spostare l’investimento nel Comune vicino.
Secondo Legambiente è necessario un intervento a livello più alto: «Chiediamo a Regione Lombardia di dare un seguito agli impegni votati due anni fa in Consiglio Regionale, intervenendo sul fenomeno immobiliare logistico, per evitare che continui ad alimentare urbanizzazioni espansive» dice Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. «Dopo gli impegni solenni sulla necessità di impedire che i capannoni consumino nuovo suolo anziché riutilizzare le aree dismesse, nulla è stato fatto. E allo stesso tempo la Regione continua a spingere infrastrutture stradali, come la Cremona-Mantova o la Vigevano-Malpensa, il cui vero obiettivo resta, all’opposto, quello di attrarre gli investimenti immobiliari dei grandi operatori logistici e commerciali».
Difendere il suolo agricolo: la terra nutre il pianeta
Se da un lato nuove grandi opere (come la ferrovia Gallarate-Malpensa) intaccano aree di bosco preziose in territori molto urbanizzati, dall’altro i progetti nelle aree della bassa pianura vanno anche a intaccare terreni ad alta produttività agricola: è un aspetto che per esempio ha mobilitato gli agricoltori nella Bassa intorno ad Abbiategrasso contro il progetto di superstrada Vigevano-Mercallo A4.
Quando si parla di consumo di suolo, ci si riferisce principalmente alla scomparsa di suolo agricolo, che rappresenta il tema della Giornata Mondiale del Suolo di quest’anno, in un momento di crisi globale degli approvvigionamenti alimentari la perdita definitiva di suoli coltivati è particolarmente grave. Ma la cementificazione, ricorda Legambiente, è solo una delle modalità con cui viene aggredita la capacità del suolo di produrre cibo in virtù della propria naturale fertilità. In particolare, quest’anno la FAO mette in guardia circa la crisi dei nutrienti del suolo, che determinano non solo le rese, ma anche la qualità nutrizionale delle materie alimentari ottenute dal suolo.
«La cattiva salute del suolo, oltre a minacciarne a lungo termine la fertilità, ammala gli ecosistemi e colpisce direttamente la salute umana – aggiunge Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia – e purtroppo in Italia sono proprio i suoli agricoli lombardi quelli più colpiti dall’eccesso di nutrienti legato alle somministrazioni di fertilizzanti chimici e deiezioni zootecniche. Occorre usare al meglio le risorse della nuova programmazione della PAC 2023-2027 per aumentare la sostenibilità dell’agricoltura e soprattutto della zootecnia lombarda, riportando queste attività ad un rapporto equilibrato con il suolo, riducendo gli eccessi produttivi e perseguendo l’obiettivo di riduzione dell’impiego di fertilizzanti indicati dalla strategia Farm to Fork nell’ambito del Green Deal europeo».
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