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Le “rotte contrarie” di De Cesare del mulino di Turro

L'antico mulino di Monvalle, ristrutturato, è diventato una stamperia dove si lavora "come una volta" e il tempo ha un sapore diverso

Il mulino di Turro - Monvalle

Giancarlo Bianchi, in arte De Cesare, dentro una finestra accesa pensa a qualcosa che sia unico, a un’immagine che sintetizzi parole da fissare su una pagina. Il mulino ormai tace, ma è vivo. Nel mezzo della piccola piana di Turro scorre un fiume che la siccità, fortunatamente, non ha prosciugato. In una sera, sul finire dell’inverno, si sente una civetta intramezzarsi col suo stridere eccitato nell’unico suono che riempie l’atmosfera, quello dell’acqua che scorre. La finestra accesa, vista da fuori, promette calore: e così è, dentro la piccola stamperia che sfida un tempo che scorre più veloce del fiume lì accanto.

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«Rotte Contrarie, dice già in quale direzione si spinge ciò che mi piace fare», parla di una casa editrice e di un’associazione che Giancarlo tiene in vita e prova a far crescere assieme a Serena Timperanza. Il mulino è tornato a vivere grazie a Franco Oregioni, il proprietario, che l’ha fatto restaurare, ma De Cesare ci ha messo dentro un’anima culturale, come una scintilla che dà forza alla stamperia: «Prima avevo un piccolo laboratorio a Caravate, dove abito, ora e da quattro anni sono al mulino di Turro di Monvalle, grazie alla disponibilità della famiglia Oregioni».

«Sono un disegnatore, ho sempre voluto fare il grafico, per dare sfogo alla mia creatività, poi sono finito per lavoro a fare grafica industriale e sono stato costretto ad adattarmi a esigenze specifiche. E, soprattutto col tempo, con gli anni anche questo mestiere è diventato sempre più dipendente dai computer, da tempi molto diversi da quelli che servono alla creatività»: un De Cesare rassegnato è difficile immaginarlo e, infatti, ha semplicemente congelato la sua idea fino al giorno della pensione.

Nella sua stamperia di Turro c’è un quadro dipinto su una carta nautica, sulla quale ha riportato una frase: “Ora non è tempo di pensare a ciò che non hai, pensa a quello che puoi fare con quello che c’è”. Non è sua, ma dell’amato Hemingway: «L’autore che sogno di pubblicare, ma impossibile, per i nostri mezzi economici e per i tempi e i costi della mia stampa a caratteri mobili».

Ernest Hemingway, che non l’ha mai conosciuto potrebbe benissimo immaginarselo come De Cesare, dietro a una nuvola di fumo, con la pipa in mano. A pensare, sereno, accarezzandosi il pizzetto: «Dopo vent’anni di pc, ora il grafico lo faccio come quando avevo 25 anni. E come dovrebbe essere. Con il tempo per pensare, mettere a fuoco un’idea, concretizzarla con le mani». Tanti spunti di quest’uomo si colgono dallo sguardo che spazia tra le opere e gli oggetti e le macchine che sono il sale della sua passione, dal torchio calcografico alle incisioni sulle mensole, con la pipa in una mano che disegna fantasmi di fumo, accompagnando le parole, poche e meditate. Il tempo è la grande conquista della nuova vita da pensionato creativo di De Cesare: il tempo lungo che richiedono la serigrafia, la litografia, la composizione di una pagina, la pittura. Il tempo sfumato che sembra scorrere lentamente nelle stanze del mulino, in mezzo alla natura, in fondo a “una strada zitta che vola via, come una farfalla, una nostalgia” (cit. Paolo Conte).

Il mulino di Turro - Monvalle

«Stampare un libro a mano, vuol dire fare le cose con calma. Non si può fare in altro modo. Ed è quello che cercavo». Tempi lunghi e manualità, dal disegno alla lastra fino alla composizione della pagina scritta, lettera per lettera, non diversamente da come faceva Gutenberg, almeno nella sostanza. Un’arte che si sta perdendo: «Oggi la chiamano così, oggi questo mestiere è stato promosso ad arte, ma altro non è che la normalità di un tempo, il lavoro come si è sempre fatto prima dell’avvento dei computer, della stampa digitale e di tutte le nuove tecnologie». Oggi tutto è appiattito da un mondo che va di corsa, che non può aspettare uno stampatore con la pipa che compone le pagine a mano. Lui non si scompone, va avanti: De Cesare e la sua visione sono solo apparentemente fuori dal tempo, solo uno che va di fretta non si accorge che dentro quella ribellione lenta c’è un’anima rock, che t’interroga e mette in crisi il sistema. Avvolto dall’odore del tabacco mischiato con quello della carta e dell’inchiostro, confortato dal calore di una stufa a legna, De Cesare pensa alle future opere da dare alle stampe, mentre una radiolina diffonde i ritmi “pestati” dei Sum 41, parole urlate in sottofondo: “So am I still waiting, for this world to stop hating?” (Così sto ancora aspettando che questo mondo smetta di odiare?).

I tempi lunghi della sua stamperia, obbligano a una selezione naturale delle opere da pubblicare: «Io mi occupo della parte creativa e grafica, per i contenuti narrativi mi avvalgo della competenza di Serena Timperanza». Stampare e rilegare un libro a mano, obbliga a una scelta di opere di poche pagine: «Poesie o racconti brevi, tutta roba a tiratura limitata, che Serena sceglie con grande cura», ma anche la sua opinione conta, poiché dalle parole deve venire la sua ispirazione per le illustrazioni e la copertina, una vera e propria opera d’arte per ogni libro. «Sì la selezione è fondamentale».

Appoggiato a un tavolino, un altro disegno su stampa nautica, un’altra frase che vien fuori da dietro un pesce: “Alla dritta di ogni pena, c’è una gioia sicura”. L’ha scritta Melville, ce la ricorda De Cesare. Lo sforzo, la fatica di chi scrive oggi sta nella capacità di sintesi, quella che serve per i microlibri delle Rotte Contrarie. «Ci sono autori oggi che sono troppo prolissi». E anche banali: non lo dice, ma lo si intuisce. Un mare di scrittori, che riempiono pagine e pagine, scrittori in gran parte per moda, perché oggi è facile sentirsi tali. Quelli ispirati, capaci di misurare le parole, abili nel pesarle, nel dare valore a ogni sfumatura minima sono rari. «Cerchiamo autori locali, anche poeti. Pubblichiamo spesso libri di poesie, ma anche lì c’è una selezione accurata, perché la poesia oggi è di moda, ci provano in tanti, è facile», ma il difficile è non essere banali.

Seguire rotte contrarie, sì, vuol dire non essere vincolati dalle esigenze commerciali, vuol dire scegliere la direzione opposta di un mestiere che oggi è quasi tutto computer grafica, vuol dire lasciar spazio all’artista: “E l’artista non deve fermarsi a fare troppi calcoli, deve andare oltre». Seguire rotte contrarie porta un antico mestiere, che oggi chiamiamo arte, a rispettare le stagioni, perché la carta e l’inchiostro non si sposano bene in inverno: «Questa stagione la dedichiamo a progettare, a pensare a ciò che pubblicheremo in primavera». De Cesare, il suo pensare e la sua pipa hanno girato anche i piccoli cimiteri del basso Verbano: «Alla ricerca di spunti per illustrare il prossimo libro che faremo uscire, una piccola raccolta di poesie di Spoon River, poesie che fortunatamente sono libere da diritti». Per questioni anagrafiche, dice, la sua passione sono i grandi scrittori americani, da Hemingway a London, «e adoro l’antologia di Spoon River»: ha 67 anni, Giancarlo Bianchi, in arte De Cesare, lo rivela con in sottofondo il punk anni Novanta dei Green day, mentre fuori, dove scorre il fiume tutto tace, tranne la solita civetta eccitata.

E adesso?
Un libro.
Leggetemi una pagina.
Non posso.
Gli occhi mi sfuggono al di là della pagina.
Provate questa lente.
Abissi d’aria.
Ottima! E adesso?
Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo in un giocattolo.
Benissimo, faremo gli occhiali così.
(Cit. dall’Antologia di Spoon River)

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Pubblicato il 23 Febbraio 2023
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