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Don Domenico di Barza che costruisce la bellezza con chi cerca una vita nuova

Alla Casa don Guanella di Ispra il sacerdote accoglie i ragazzi che hanno vissuto l'esperienza del carcere per aiutarli a ritrovare un futuro

Generico 20 Mar 2023

Il parco è tornato bello, unico. «Mi piace sistemare le cose, rimetterle a posto»: il senso delle parole di don Domenico è molto più ampio. Un parco, oggi tornato bello, è qualcosa di più di un’opera di giardinaggio e architettura verde: oltre i fiori, le piante, il bel viale rinato, è il simbolo dell’inclusione, è il segno concreto di una rinascita, di una ripartenza di persone finite ai margini e pronte a rientrare nel mondo. Il parco è un’oasi di pace nell’ex villa Mongini di Barza, oggi centro spirituale e di vita comunitaria dei Padri Guanelliani (oltre che una Rsa).

E in quel parco è arrivata la primavera col suo profumo di fiori che risale spinto dal vento, dai boschi della Quassa, fino al Poggio dove l’antica torre medioevale, con il grande orologio a dodici quadranti che scandisce il tempo delle giornate di don Domenico, dei suoi collaboratori e dei ragazzi della Locanda della Misericordia: giornate a costruire bellezza.

«Bellezza che è anche una scoperta, qualcosa di nuovo o una giusta ricompensa per gente che ha vissuto nel “brutto”, in una realtà che la bellezza l’ha dimenticata»: una dozzina di carcerati a fine pena, si preparano al mondo fuori, ritrovando bellezza. Una dozzina di persone di nazionalità e religioni diverse. E don Domenico è un po’ padre un po’ fratello maggiore, nel suo vivere tra sacramenti, semi da coltivare, piante da potare: garbato, calmo, ma rigoroso e preciso, con l’istinto che tende all’armonia. «Fratellanza», dice pensando all’idea di tolleranza e di pace di papa Francesco. Fratellanza che, in un certo senso, è anche quello un “sistemare le cose”, come ama ripetere lui stesso.

«Come insegnava don Luigi Guanella e nella direzione che indica papa Francesco: aprirsi alla fratellanza, soprattutto verso gli ultimi. E nelle carceri oggi troviamo gli ultimi degli ultimi, spesso non sono nemmeno numeri, nemmeno classificabili, se consideriamo che molti non hanno nemmeno i documenti». Don Domenico Scibetta, che oggi ha 54 anni, entrò in seminario da giovanissimo con l’idea sì “del sistemare le cose” tipica dei brianzoli, ma con una vocazione sincera e tutta da coltivare: «Fin da bambino, avevo in mente questa strada, il dare la vita per gli altri. E sono cresciuto in un ambiente cattolico, vicino ai padri guanelliani. E da sempre mi porto dentro l’idea di don Luigi Guanella, di occuparmi di “quelli di nessuno”».

Da Bulciago, nel cuore della Brianza, a Barza, minuscola frazione di Ispra, il cammino spirituale e al tempo stesso concreto di don Domenico dura da quasi tutta la vita e apre non solo porte, parchi e giardini, ma soprattutto menti. «Tutto il mondo è patria vostra, continuando a citare il mio riferimento don Luigi Guanella: che nel mio piccolo è un aprirsi al mondo che arriva da fuori ed entra in casa, nella quotidianità». Una storia lunga quasi un secolo, quella della casa Don Guanella di Barza, ma è l’ultimo capitolo che segna una piccola rivoluzione, innescata dalla pacata positività di don Domenico: «Dopo i primi anni qui, in cui mi sono concentrato sulla sistemazione dell’antica villa, ho cercato di concretizzare ciò che chiedeva papa Francesco, nella sua enciclica “Fratelli tutti”. Con gli altri collaboratori, non solo sacerdoti, si è cercato di aprirci al territorio, alle sue necessità più urgenti.

Generico 20 Mar 2023

L’idea di costruire un’opportunità per i carcerati è stata provvidenziale. Quasi per caso, ricevemmo anni fa la richiesta dal carcere di Ivrea per accogliere un ragazzo. Aveva commesso un errore che rischiava di compromettere per sempre il suo futuro. Il carcere, purtroppo, non ti aiuta a un cammino redentivo e a farcelo comprendere fu proprio questo ragazzo che si è poi rivelato una risorsa e un prezioso consigliere per il progetto che è venuto dopo». Con la Locanda della Misericordia un piccolo gruppo di carcerati entra nella vita di una casa religiosa, ma non solo: «È sì un’esperienza di detenzione alternativa, gestita in collaborazione con le autorità e le forze dell’ordine, ma vogliamo andare oltre. Qui i ragazzi arrivano a Barza dopo essere stati selezionati e dopo un confronto molto attento con le autorità e i cappellani delle carceri lombarde: andiamo a incontrarli, prepariamo il loro inserimento qui, dove trovano una casa. Una casa con regole precise».

Sì, il senso di paternità muove la idea di don Domenico verso l’apertura e accoglienza: «Non è sempre una convivenza facile, spesso è faticosa, ma qui si vive in una comunità allargata e si vuole aiutarli, prepararli a uscire nel mondo, quando finiranno di scontare la loro pena».

A Barza arrivano ragazzi e ragazze individuati tra coloro che riescono a ottenere gli arresti domiciliari: «Vengono qui a imparare a costruire il “dopo”, pensando a reinserirsi nella società, lavorando, costruendo qualcosa insieme: i ragazzi si occupano di giardinaggio, dell’orto, di un frutteto che abbiamo da poco preso in gestione. Il meno giovane è responsabile dell’orto, un detenuto che nella vita precedente era proprietario di un ristorante è il coordinatore della pizzeria, il marocchino che faceva il manovale qui si occupa dei lavori in muratura. Tutti insieme e io con loro ci occupiamo di mantenere la bellezza del parco. Le ragazze sono molto poche e si inseriscono nell’attività di accoglienza della nostra casa spirituale, nella ristorazione, imparano un lavoro che verrà utile per chi volesse cercare occupazione nelle strutture turistiche. Ognuno viene responsabilizzato: certo, devono essere seguiti, monitorati, ma la fiducia è fondamentale».

Generico 20 Mar 2023

La vecchia stalla della villa, con il lavoro di squadra e la “spinta” positiva di don Domenico è diventata una pizzeria, gestita in toto dai ragazzi (aperta il pubblico il giovedì e il sabato sera). E, inevitabilmente, è un aprirsi al territorio, è un confrontarsi con la gente del posto: «Quando si parla di carcerati, la diffidenza della gente la metti in conto. E anche qui, seppur abbiamo tante persone che si danno da fare per aiutarci, c’è molta prudenza: la gente, diciamo, è guardinga. Ma io ai miei ragazzi dico sempre che molto dipende da loro. “Voi dovete far cadere l’idea di carcerato o straniero, sta a voi far cadere la chiusura”, anche se non è facile, è una bella sfida». I ragazzi che approdano alla Locanda sono spesso stranieri o non credenti: «Non solo. Ci sono anche diversi musulmani che vengono qui da noi e che hanno iniziato il Ramadan proprio in questi giorni. Noi dimostriamo concretamente che si può benissimo convivere, nel rispetto reciproco e rivolgendoci a un dio unico, misericordioso, provvidente: questo unifica chi è cattolico e chi è musulmano, per esempio. La fraternità universale è un po’ il mio faro, ispirato da papa Francesco, ed è ciò che ci deve aiutare a convivere bene».

Sistemare le cose. Che vuol dire lasciar cadere ogni paura, guardare fuori dal cortile, respirare l’aria pulita del parco, contemplare il monte Rosa che si staglia nel cielo di fronte a quel luogo che ricostruisce bellezza in tutti i sensi: «Sì, proprio così, la bellezza salverà il mondo». Ed è un messaggio che, seppur nella sua pacatezza, don Domenico vorrebbe lanciare con gioia fuori, oltre le mura della villa e del giardino: «Soprattutto ai ragazzi, alle comunità giovanili dei paesi qui attorno, che vedo un po’ spente». Ci vuole energia positiva: «Se non ti piace la strada che stai percorrendo, comincia a pavimentarne un’altra». Rimboccarsi le maniche e sistemare le cose: ecco la rivoluzione semplice di una piccola realtà e di don Domenico. Il viale che dai campi del Monzeglio sale verso la villa che fu del tenore Mongini e oggi è tornato uno splendore. Chi lo intravvede appena, passando velocemente in automobile sulla strada parallela, non può capire, ma per quei ragazzi e quel prete che l’hanno riportato all’antico splendore, con settimane di fatica e calli sulle mani, quel viale è il simbolo di un mondo abbandonato, apparentemente perso, che invece rinasce. Nella bellezza.ù

Tutti gli articoli della rubrica di Lorenzo Franzetti

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Pubblicato il 23 Marzo 2023
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