Per la frana di Cerro di Laveno rimane aperto il filone dell’inchiesta penale
Dopo la notizia del risarcimento per gli oltre 800 mila euro in sede civile potrebbero arrivare sviluppi sul fronte dell’inchiesta in Procura
Ha destato molto interesse la notizia della sentenza del giudice civile di Varese Giulia Tagliapietra che il 16 marzo scorso ha deciso per un risarcimento ai congiunti delle due vittime, nonno e nipote, travolti da una frana nell’autunno 2014 a Cerro di Laveno Mombello.
Se la decisione per gli oltre 800 mila euro (per il 75% gravanti sul Comune di Laveno Mombello e per il rimanente quarto sul privato proprietario di parte della collina franata) è arrivata, seppure dopo nove anni dai fatti, risulta mancante il tassello legato all’accertamento di eventuali responsabilità penali.
La Procura aveva richiesto a suo tempo l’archiviazione e gli stessi legali che hanno patrocinato in civile le famiglie delle vittime si opposero: il giudice per le indagini preliminari ordinò ulteriori approfondimenti alla magistratura inquirente, che insisterebbe sulla richiesta di archiviazione.
In pratica, da una parte c’è chi sostiene che anche l’eventuale chiusura della strada da parte del Comune – la via Gattirolo a Cerro – non avrebbe evitato la frana della collina; dall’altra invece i legali sostengono che la decisione di interdire il passaggio delle auto nella via che dà sul retro della villetta dove morirono Giorgio Levati e la nipote Adriana De Pena Moya Rochely, avrebbe se non altro aumentato l’allarme sulla possibile pericolosità di occupare l’abitazione quella notte in cui la frana si portò via le loro vite.
L’ipotesi di una prosecuzione dell’azione penale deve fare i conti coi tempi della prescrizione per il capo d’imputazione di omicidio colposo plurimo, mentre sarebbero più lunghi i tempi di prescrizione per il reato di disastro colposo (che tuttavia non risulta contestato nel capo d’imputazione).
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