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Dopo i fatti di Leggiuno parla in aula l’imputata: “Non volevo sfregiarla al volto con la flûte di champagne”

Il racconto in aula di quanto avvenuto l’11 ottobre del 2020 fuori dall’Euro Bar. Storie di uomini contesi che finiscono in un bagno di sangue

ambulanza

Quarant’anni da poco passati, frequentatrice di locali della costa del Lago Maggiore, intrecci ordinari, anche storie che si trasformano in relazioni che nascono e poi finiscono, ambienti in cui ci si conosce e spesso, per diverse questioni, si entra nel campo della rivalità amorosa.

Poi arriva la telefonata e l’intreccio da virtuale diventa reale, con relative conseguenze legate al momento. Questa fotografia è d’obbligo per anticipare il contenuto della deposizione come esame spontaneo reso in aula dalla donna a processo per un reato grave, gravissimo, tanto da venir discusso nel processo dinanzi non ad un giudice monocratico ma ad un collegio composto da tre magistrati.

Il reato di recente introduzione nel Codice è quello di deturpamento permanente dell’aspetto della persona che prevede pene fino a 14 anni di reclusione; una ratio che nasce dall’eventualità che qualcuno voglia, (nelle more di una follia vendicativa) lasciare un segno indelebile sui connotati di qualcun altro. Nato dopo i fatti riconducibili alla «coppia dell’acido», questo reato viene a Varese contestato in un processo giunto alle sue battute finali e che alla prossima udienza prevista per l’autunno arriverà a sentenza. Dunque l’accusa di aver volontariamente imbracciato un collo di una flûte rotta per tagliare il volto della rivale verrà dai giudici soppesata nelle parole dell’imputata che ha spiegato che sì, ha visto il sangue della sua antagonista sgorgare, fatto che l’ha portata a fermare il litigio, ma di non aver intenzionalmente impiegare il vetro per deturpare.

Ma ecco la scena: 11 ottobre 2020, periodo Covid, ancora distanze, prime timide uscite dopo i nervosi lockdown che ne hanno preceduti altri. L’imputata che sempre a Leggiuno ma in un bar poco più a Nord riceve una telefonata da amici per andare all’Euro bar, noto locale sulla provinciale 69, quella che costeggia il lago, a 5 minuti d’auto. La donna arriva, raggiunge gli amici, ma le si pone di fronte il problema dell’incontro con una ragazza (più giovane, di 27 anni) che aveva avuto un flirt col suo ex fidanzato qualche tempo prima. «Era su di giri, secondo me ubriaca, mi ha chiesto di uscire mentre portava un vassoio di bicchieri che poi le era caduto. Poco dopo si è nuovamente ripresentata coi bicchieri pieni di vino bianco, siamo uscite e abbiamo cominciato a parlare».

Poi succede qualcosa, forse la voglia di sotterrare quell’antica ascia di guerra nata dai dissapori per le relazioni amorose incrociate. Sta di fatto che la parte offesa (la ragazza che rimarrà poi tagliata in volto) vuole abbracciare l’altra donna che, però, si oppone: «C’era ancora il Covid, non avevo voglia di abbracciare nessuno», ha raccontato nel suo intervento in aula l’imputata. Questo comportamento ha indispettito l’altra donna che ha cominciato ad aggredirla e a spintonarla. Ecco che entra in gioco il bicchiere, un oggetto piuttosto sottile, lavorato, allungato a guisa di leggera coppa che serve appositamente a spumare le bollicine e che secondo l’imputata gli si rompe inavvertitamente durante quei frenetici movimenti della colluttazione; la stessa donna percepisce un taglio sulla mano e lancia d’istinto l’estremità che ancora impugna, quella del manico del calice, la più robusta.

E qui accade il fatto. L’altra ragazza diventa una maschera di sangue, gli amici della ferita escono e ne scaturisce un pestaggio, con persone che scappano, corrono via, alcuni si chiudono nel locale e alla fine la donna oggi accusata di aver sfregiato l’antagonista va in caserma dai carabinieri, l’altra in ospedale (decine di punti). La discussione delle parti è rinviata al 5 dicembre.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it
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Pubblicato il 05 Luglio 2023
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