Per il Bar Kilino di Angera si attende il “miracolo” di Natale
Uno spiraglio che potrebbe evitare di mettere la parola fine a un'attività centenaria. Il Kilino è un punto di riferimento per generazioni di ieri e di oggi e di questi tempi la chiusura di un locale che funziona è una perdita per tutta la comunità
Ci vuole poco tempo per chiudere un locale con la sua storia, molto di più per crearne uno nuovo e di questi tempi per una saracinesca che si abbassa per l’ultima volta non è detto che se ne alzi un’altra. La notizia della chiusura del bar Kilino di Angera è una di quelle che mettono tristezza perché segna la fine di un’epoca, almeno per una comunità locale come quella del Basso Verbano. Il bar sul lungolago, è un punto di ritrovo con una storia centenaria. È uno di quei posti che nei paesi si danno quasi per certi, perché sono lì da sempre e praticamente sempre aperti, anche nelle sere in settimana d’inverno quando le persone in giro si contano sulle dita di una mano e non è un modo di dire. Da lì sono passate intere generazioni, di ieri e di oggi, anche solo per un caffè o per una serata in compagnia.
Il Kilino è gestito da oltre vent’anni da Sistiana e Cesare “Cece” Ballabio, che alla fine degli anni Novanta lo hanno rilevato dai precedenti gestori, anch’essi con una lunga esperienza dietro al bancone. Lo hanno riarredato e trasformato più volte, rendendolo un locale contemporaneo e anche alternativo per la zona. Sistiana e Cece sono in mezzo ai giovani da sempre, in passato hanno gestito altre attività, sempre nello stesso settore, e sanno bene che per far funzionare un bar non è abbastanza avere un bel locale, servono soprattutto mestiere e personalità. Quando si entra al Kilino basta guardarsi attorno d’altronde. Perfino le pareti non mai state sono muri spogli e freddi: hanno raccontato in questi anni dei viaggi dei due titolari verso l’Asia e le mete più esotiche e lontane, hanno fatto da sala mostra per tanti artisti locali più o meno emergenti, hanno ospitato concerti, serate di incontro, finali di mondiali, oggetti e manifesti che a loro volta avevano qualcosa da raccontare.
Tra qualche settimana probabilmente anche quei muri non avranno più nulla da dire e non per una scelta voluta. “Dobbiamo restituire i locali ai proprietari che hanno altre intenzioni per l’edificio. Ed entro il 9 gennaio dobbiamo lasciare il bar vuoto, di conseguenza la storia del Kilino per quanto ci riguarda si chiude qui” raccontano Sistiana e Cece con tanta amarezza. Ed è comprensibile perché in questo lavoro, il locale è pubblico per definizione ma per chi lo porta avanti diventa come la propria casa che ogni giorno si apre a decine di persone nuove e con le quali a volte si condivide molto più che un semplice caffè. Un bar che funziona è un vero e proprio servizio per la comunità e in questo periodo storico lo è ancora di più, quando si ha bisogno di avere relazioni vere e non solo virtuali. Per dovere di cronaca bisogna dire che nei giorni scorsi qualche spiraglio sembrava essersi aperto, forse perché da entrambe le parti c’è la consapevolezza di quello che si rischia di perdere. “Non sappiamo se crederci a un lieto fine – dice Cece – sarebbe un vero miracolo di Natale”.
Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.