Colacem, i vigili del fuoco svuotano il magazzino danneggiato dall’incendio
L'acqua utilizzata nelle operazioni causa il vapore ancora visibile sulla cementeria. Restano in vigore le ordinanze dei sindaci ma i dati rilevati sono rimasti al di sotto dei limiti di guardia
Venti ore dopo le fiamme, c’è ancora un piccolo pennone di vapore bianco che esce dal magazzino della Colacem – il cementificio di Caravate – interessato dall’incendio di lunedì 8 gennaio. Sul posto continuano a operare le squadre dei vigili del fuoco che stanno progressivamente svuotando il capannone dal CDR (combustibile derivato dai rifiuti), il materiale ancora contenuto all’interno della struttura.
Il lavoro svolto è il seguente: gli uomini al lavoro tolgono strati di materiale e, nel contempo, bagnano con le lance quello sottostante che è ancora caldo. Il fumo che fuoriesce dalla struttura è, in realtà, vapore che si crea quando l’acqua arriva a contatto con il CDR. Il combustibile solido non potrà essere riutilizzato e verrà quindi trasportato in direzione di aziende specializzate nel suo smaltimento.
Intanto le attività lavorative principali all’interno dello stabilimento di Caravate (la Colacem si trova a poche decine di metri dai confini di Gemonio e Cittiglio, a poche centinaia da quello con Brenta) non sono ancora riprese perché l’acqua di tutto il comparto, necessaria anche per il processo produttivo, è stata messa a disposizione dei vigili del fuoco per le operazioni in corso.
Sono intanto ancora in vigore le ordinanze emesse nella serata di lunedì dai sindaci di Caravate e Gemonio (Nicola Tardugno e Samuel Lucchini): un provvedimento precauzionale con il quale la popolazione è stata invitata a non uscire di casa al di là delle necessità lavorative e scolastiche e a non aprire le finestre nelle ore successive all’incendio. Anche i bambini delle scuole primarie, lunedì, hanno ricevuto le mascherine prima di uscire dalle classi. La situazione comunque è giudicata tranquilla anche perché – spiega Tardugno – i valori delle sostanze nocive misurati dai tecnici dell’ARPA, sono sempre rimasti abbondantemente al di sotto dei limiti di guardia consentiti dalla legge.
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