Una vita tra i giovani. Don Giorgio Ferrario lascia un ricordo indelebile in tante generazioni
Dal seminario di Arcore dove insegnava italiano al liceo Sereni di Luino ha lasciato il segno in centinaia di ragazzi che ne hanno apprezzato le sue qualità umane e spirituali
Don Giorgio Ferrario, deceduto oggi all’età di 83 anni in seguito ad una caduta a Curiglia, lascia tantissimi ricordi in chi l’ha conosciuto.
Come parroco ma soprattutto come professore, entrato nell’anima di tanti giovani che oggi sono diventati adulti e che hanno potuto conoscere la sua capacità dialettica . Tra questi c’è l’autore di questo articolo, che fu suo studente al liceo Sereni dove insegnava religione, nell’ultimo decennio del secolo scorso, e don Norberto Brigatti che invece lo conobbe alle medie come insegnante di italiano.
Il ricordo di Orlando Mastrillo: «Amava la montagna don Giorgio Ferrario e proprio in montagna aveva passato gran parte del suo sacerdozio. Prima di Curiglia, infatti, era stato parroco a Dumenza, sempre nella sua amata valle. Voce sempre calma ma ferma, sorriso gentile, una grande capacità di stare coi ragazzi e comunicare con loro. Lo ricordo così negli anni del liceo a Luino. Io ribelle, rappresentante di istituto, sempre pronto a polemizzare. Lui calmo, posato, divertito dalla vitalità dei giovani e sempre pronto a riportare tutto quello che vedeva alla vita di Gesù».
Il ricordo che ha lasciato nella memoria dei suoi studenti è testimoniato dalla festa a Curiglia per i suoi 50 anni di sacerdozio, nel 2016, circondato da tanti fedeli, ex alunni del liceo Sereni di Luino dove ha insegnato a generazioni di studenti e i colleghi della scuola.
Lo ricorda con grande affetto anche don Norberto Brigatti, parroco attualmente a Segrate e in precedenza sacerdote a Casciago, Milano, Busto Arsizio e Legnano, che ha avuto don Giorgio Ferrario come insegnante di italiano alle scuole medie in seminario ad Arcore: «Era il 1966, lui era ai primi anni di insegnamento e io ero in prima media – ricorda don Norberto -. Mi ha trasmesso l’amore per la lingua italiana e latina, una traccia forte che non dimentico. Ci siamo rivisti per i suoi 80 anni insieme ad altri compagni di quella classe: in tre siamo diventati sacerdoti, abbiamo un gruppo e ci sentiamo spesso. Avremmo dovuto rivederci a breve sulle sue montagne. Aveva posizioni forti a livello ecclesiastico, che richiamavano al ritorno al Vangelo. E amava la sua terra in maniera viscerale, diceva spesso in dialetto che non avrebbe voluto lasciare la sua Curiglia perché temeva che dopo di lui sarebbe stata abbandonata. Colpiva davvero l’affetto per la sua terra e per la popolazione di quelle zone. Lui era di Gazzada, era nato nella portineria di Villa Cagnola e lì aveva vissuto: lo penso spesso quando ci sono degli eventi in quel luogo».
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