“La tassa sulla salute per i frontalieri è illegale”: sindacati e Acif dicono nuovamente no, forti di un parere giuridico
Nel parere legale chiesto dai sindacati diversi indizi di contrasto con norme costituzionali, europee e di diritto internazionale. Sindacati italiani e svizzeri uniti nel chiedere il ritiro del provevdimento
Sindacati dei frontalieri e Acif, l’Associazione dei comuni di frontiera italiani, proseguono nella battaglia contro la cosiddetta “tassa della salute” per i frontalieri. Questa mattina, nel corso di una conferenza stampa, hanno presentato il parere legale relativo al tributo previsto a carico dei cittadini italiani frontalieri.
Giuseppe Augurusa della Cgil, Marco Contessa della Cisl e Pancrazio Raimondo della Uil, insieme ai colleghi dei sindacati svizzeri Unia Giorgio Gargantini e Ocst Andrea Puglia, hanno riassunto i termini della questione ma soprattutto fatto il punto sulle risposte legali riguardo la tassa.
«Nel corso dell’approvazione della legge di Bilancio 2024 è stato introdotto un cosiddetto contributo al sistema sanitario nazionale volto, nell’intenzione del legislatore, a finanziare le retribuzioni del personale sanitario delle aree di confine, carico dei cosiddetti “vecchi” frontalieri italiani in Svizzera, che sono tassati secondo il sistema d’imposizione fiscale previsto dagli accordi del 1974 – Ha spiegato Giuseppe Augurusa – Tale contributo è definito in misura tra il 3% ed il 6% per i frontalieri ed i propri familiari a carico a partire dal 1° gennaio 2024 ed è reso attuativo da provvedimenti devoluti dal Governo alle quattro Regioni di confine: Alto Adige, Valle D’Aosta, Piemonte e Lombardia e dunque definito sulla base delle decisioni dei governi locali. Solo che i provvedimenti attuativi non sono ancora predisposti». A questa misura si sono opposti i sindacati ma anche l’Associazione dei comuni italiani di frontiera e numerosi enti locali tra comunali e sovracomunali interni alla fascia di confine dei 20km che definisce lo status di frontaliere fiscale ai sensi di legge.
La richiesta del parere legale ha reso più chiari i punti che, secondo i sindacati, rendono questo “contributo” non applicabile, perché in contrasto con norme costituzionali, europee ed internazionali. Ecco quali:
Articolo 32 della Costituzione italiana – L’articolo 32 recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” e garantisce il diritto universale alla salute e, quindi, diritto di accesso al sistema sanitario nazionale per tutti i cittadini italiani indipendentemente dalla condizione di reddito.
Discriminazione tra i cittadini italiani e dell’Unione Europea – L’introduzione di quella che è a tutti gli effetti una tassa sulla salute creerebbe una discriminazione tra cittadini italiani e cittadini dell’Unione europea, anche in violazione agli accordi sui sistemi di regolazione sociale dei lavoratori Ue che lavorano all’estero.
Violazione degli obblighi internazionali – «Questo provvedimento, scritto in maniera frettolosa sei mesi dopo la sottoscrizione del nuovo accordo fiscale tra Italia e Svizzera poi convertito in legge, viola gli obblighi in tema di trattati internazionali – ha spiegato Marco Contessa – perché l’accordo sottoscritto non contiene assolutamente questa tassa, ma prevede che i per vecchi frontalieri resti invariata la tassazione alla fonte, ovvero da parte svizzera».
Violazione delle norme sulla doppia imposizione fiscale – Il provvedimento, secondo i sindacati, con l’introduzione di una doppia imposizione fiscale viola i principi contro le doppie imposizioni dei Paesi Ocse, malgrado con il trattato internazionale del 2020 si fossero definite, tra le altre, le misure volte ad evitare la doppia imposizione.
Questi gli indizi di incostituzionalità del provvedimento introdotto dal Governo e dal Parlamento italiano nel corso dell’ultima legge di bilancio, con cui sindacati e Acif cercheranno di contrastare il provvedimento. Come? Tre le possibilità ancora percorribili. Le Regioni interessate (Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige) avrebbero potuto fare ricorso alla Corte Costituzionale anche “ex ante”, cioè prima che la norma venisse effettivamente applicata. «L’atteggiamento delle quattro regioni su questo tema, però, è differenziato – ha detto Marco Contessa – Mentre la Lombardia rivendica la validità della norma, il Piemonte ha espresso la volontà di non applicare la norma, ma non l’ha impugnata nei termini». Dunque questa strada è preclusa. La norma potrebbe essere impugnata davanti alla Corte Costituzionale dai lavoratori, ma “ex post” cioè quando verrà effettivamente applicata. Anche i sindacati potrebbero impugnarla, in quanto “portatori di interesse”. Infine i lavoratori potrebbero fare ricorso alla Commissione mista. Tutte strade che si stanno valutando.
I sindacati, forti anche del parere legale, chiedono nuovamente il ritiro del provvedimento ed il completo rispetto della legge 83/23 approvata all’unanimità del parlamento la scorsa estate: «Rinnoviamo l’istanza di un superamento della tassa della salute, la convocazione del tavolo interministeriale istituito, la piena applicazione del valore della Naspi per i primi tre mesi di disoccupazione. Si auspica altresì un proficuo ripristino dei rapporti Italia/Svizzera che risolvano anche la questione delle liste dei comuni di frontiera».
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