Persi e ritrovati, la montagna della Valgrande che a volte perdona
La Valgrande è l’area selvaggia più grande d’Europa e per questo motivo una delle più belle ma anche una delle più pericolose. C'è una lunga serie di salvataggi ma anche disavventure finite in tragedia
Natura incontaminata, forza degli elementi e il cellulare che non prende. La Valgrande è l’area selvaggia più grande d’Europa e per questo motivo una delle più belle ma anche una delle più pericolose, teatro di camminate mozzafiato così come di incidenti montani nei quali la parte più complessa è proprio quella delle ricerche dei malcapitati dispersi.
L’ultimo è avvenuto domenica e si è appena concluso fortunatamente con il ritrovamento di un disperso ancora in vita. Si tratta di un malnatese di 66 anni, Arnaldo Tosin, esperto camminatore, era andato a fare un’escursione con il suo cane domenica scorsa 17 novembre: l’animale si è allontanato dopo la caduta del suo padrone e non è ancora stato trovato. Lui è stato tratto in salvo oggi, martedì 19 novembre. Il giorno prima era morto, precipitato tra le rocce, Ferruccio Rossi, di Colazza in provincia di Novara, affezionato di questa area selvaggia.
Una vicenda che riapre un ricordo doloroso per la provincia di Varese che, tra tante disavventure in quella terra incontaminata, annovera anche quella di Paolo Rindi, il 19enne che perse la vita dopo una caduta. Il suo corpo fu ritrovato quasi un mese dopo la tragedia, nel marzo del 2016.
Montagna amata. Montagna che fa paura, e per questo le regole da rispettare sono le stesse del mare: prima fra tutti quella di non addentrasi mai da soli. Regole di buon senso che a volte non scongiurano l’imponderabile come la storia dei due ragazzi della provincia di Varese Christian e Luca, che rimasero nel marzo 2019 per ben tre notti bloccati in una gola della Valgrande: «Dormivamo abbracciati, ci coprivamo con le foglie», il loro racconto impossibile, eppure vero: pochi e buoni passaggi salvavita che hanno permesso di cavarsela.
La stessa cosa vale per la signora che la scorsa estate alla Forcora, sopra Maccagno con Pino e Veddasca è rimasta per giorni e notti intere bloccata nel bosco: ha bevuto l’acqua raccolta con le felci per sopravvivere: Giuseppina Bardelli, 89 anni, di Malnate, era scomparsa in Forcora mercoledì 21 e ritrovata domenica 25 agosto. Un caso talmente “di scuola“ che viene riprodotto negli scenari di soccorso nelle esercitazioni della croce rossa italiana.
Il ritrovamento, ferito, ma in vita, di Arnaldo Tosin riapre l’elenco dei ricordi per casi analoghi sempre in Val Grande, ma no solo. Nell’estate del 2023 un turista milanese di 53 anni rimase per due giorni in montagna, sempre in Val Grande da solo: venne trovato dai soccorsi in buone condizioni.
Lo stesso valse per un villeggiante sempre di Milano che anni fa mise in allarme un paese intero, Orino, in Valcuvia: ci sono, sì, dislivelli importanti anche sul Campo dei Fiori, ma l’ottantenne era stato cercato dappertutto dopo ben tre notti passate all’aperto nel settembre 2020: venne ritrovato da un volontario della protezione civile di soli 18 anni non distante da una pista che si percorre tranquillamente a piedi, in bici o a cavallo: era lì, aspettava di essere trovato.
La Valgrande, la più grande area selvaggia d’Europa
La Val Grande, situata in Piemonte, nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, è la più vasta area wilderness e uno dei luoghi più selvaggi delle Alpi. Il suo territorio, oggi parte del Parco Nazionale della Val Grande, si estende su 15mila ettari di boschi, gole profonde, torrenti limpidi e montagne imponenti come il Monte Zeda (2.156 m).
Questa valle, un tempo abitata e coltivata, è stata progressivamente abbandonata a partire dal XX secolo, consentendo alla natura di riprendersi il suo spazio. Oltre alla bellezza del paesaggio, la Val Grande custodisce una ricca biodiversità: caprioli, camosci, lupi e aquile reali convivono in un ecosistema protetto, insieme a una flora varia che spazia dai boschi di faggi ai prati alpini.
La storia del territorio è altrettanto affascinante, con tracce umane che risalgono al Neolitico, alpeggi abbandonati e un ruolo significativo durante la Resistenza. Oggi è un luogo amato dagli escursionisti per il silenzio e l’autenticità, ma richiede preparazione e rispetto, poiché la sua natura incontaminata può essere ostile e pericolosa.
Un pericolo costituito soprattutto dalle poche infrastrutture: non ci sono rifugi attrezzati come in altre zone di montagna, e molte aree sono completamente isolate anche dalla rete della telefonia mobile. In caso di incidente, l’assenza di strade e accessi rapidi rende complesso il lavoro dei soccorritori. Gli interventi devono spesso essere effettuati a piedi o con elicotteri, allungando i tempi di recupero.
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