Frontalieri e tassa sanitaria, “una partita che mette in gioco il sistema bancario italiano“
Una mossa apparentemente tecnica potrebbe trasformarsi in una svolta epocale nei rapporti finanziari tra Italia e Svizzera. L'opinione del consigliere comunale di Luino Furio Artoni

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento del consigliere comunale di Luino Furio Artoni in merito ad un argomento che riguarda migliaia di frontalieri ma anche gli equilibri del sistema bancario italiano.
Una mossa apparentemente tecnica potrebbe trasformarsi in una svolta epocale nei rapporti finanziari tra Italia e Svizzera. La recente mozione presentata al Consiglio nazionale elvetico dal deputato Piero Marchesi dell’UDC sulla questione della tassa sanitaria dei frontalieri sta infatti assumendo i contorni di una partita ben più ampia, che potrebbe ridisegnare il panorama bancario italiano.
Il deputato elvetico parte dal presupposto che la tassa sulla salute costituisca una violazione degli accordi bilaterali tra Italia e Svizzera e, violazione per violazione, propone che la Confederazione elvetica fornisca i dati dei lavoratori frontalieri necessari all’Italia per l’applicazione della contestata tassa sanitaria solo in cambio di un accesso pieno ed equo al mercato finanziario italiano per le banche svizzere, come previsto dalla Road Map del 2015 (mai pienamente attuata).
Una richiesta che, se accolta, potrebbe portare all’apertura di sportelli bancari elvetici sul territorio italiano, con conseguenze potenzialmente dirompenti per il sistema bancario nazionale.
Dunque, dai frontalieri si passa agli istituti finanziari, con un evidente danno per le banche italiane.
Questa tassa sulla salute, che ormai sta diventando un vero e proprio tormentone e tormento, oltre a presentare profili di dubbia legittimità costituzionale, potrebbe comportare l’apertura del mercato italiano alle banche svizzere e avere conseguenze devastanti per gli istituti bancari nostrani.
Gli istituti elvetici, noti per la loro solidità finanziaria e l’elevata qualità dei servizi, potrebbero attrarre una considerevole quota di risparmiatori italiani, introducendo nuovi standard di efficienza e innovazione nel settore.
La cooperazione internazionale si fonda su una base essenzialmente bilaterale, permettendo alla Svizzera di utilizzare la questione dei dati dei frontalieri come leva negoziale per ottenere vantaggi nel settore finanziario.
L’eventuale ingresso delle banche svizzere nel mercato italiano potrebbe portare a una maggiore competizione nel settore bancario, con possibili benefici per i consumatori in termini di qualità dei servizi e condizioni economiche. Tuttavia, questo scenario solleva preoccupazioni per gli istituti di credito italiani, che potrebbero trovarsi a fronteggiare una concorrenza particolarmente agguerrita in un momento già complesso per il settore.
La posta in gioco è alta: da un lato, l’Italia necessita dei dati dei frontalieri per implementare la propria politica fiscale; dall’altro, la Svizzera vede un’opportunità storica per espandere la propria presenza nel mercato finanziario italiano.
E mentre nel vicino Ticino rischiano di saltare oltre duecento posti di lavoro, colpendo prevalentemente cittadini italiani, in Italia si pensa di risolvere il problema della sanità territoriale chiedendo ai vecchi frontalieri di fare da bancomat.
È come pretendere di alzare il livello del mare spremendo tre limoni.
Non so se il deputato ticinese sia pienamente convinto dell’approvazione di questa mozione presentata al Consiglio nazionale, ma sicuramente tale circostanza mette sulla bilancia, da un lato, un piatto di lenticchie tolte dalle tasche dei vecchi frontalieri e, dall’altro, un grave rischio per il settore bancario italiano.
La partita è aperta e si potrebbero delineare scenari inquietanti se si insisterà su questa posizione.
Mentre la nostra sanità pubblica piange.
Avvocato Furio Artoni
Azione civica per luino e frazioni
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