“Trovesianesimo” a Materia: ritratto jazz di un genio fuori dal tempo
Un documentario e un dibattito per ripercorrere l’arte visionaria di Gianluigi Trovesi: il 16 aprile alle 21.00 a Materia, tra contributi, aneddoti e testimoni d’eccezione. Con Cesare Camardo e il critico musicale Davide Ielmini

“Dentro i colori del jazz”: cinquanta minuti per raccontare Gianluigi Trovesi. Uno fra i maggiori protagonisti del jazz mondiale si mette a nudo, mercoledì 16 aprile alle ore 21 a Materia (Via Confalonieri 5 – Sant’Alessandro Castronno), in un documentario diretto e montato nel 2012 da Cesare Camardo con i contributi del direttore della fotografia Ezio Riboni e del fonico Stefano Soru.
Un contrappunto di voci – quelle di Stefano Bollani, Gianni Coscia, Paolo Fresu, Vittorio Franchini, Giorgio Gaslini ed Enrico Rava – porterà il pubblico in un viaggio emozionante fatto di interviste e concerti che attraversano il panorama jazzistico italiano contemporaneo.
A raccontare aneddoti e curiosità di un gigante della musica saranno, nel dibattito che seguirà la proiezione, Cesare Camardo e il critico musicale Davide Ielmini. Che proprio con Trovesi ha intessuto un rapporto di amicizia che dura ormai da quasi trent’anni. Sveliamo qualcosa?
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Gianluigi Trovesi ha un amore sviscerato per Charlie Parker, considera il jazz come il fiume Po o come una gigantesca pizza Margherita, ha introdotto per la prima volta le variazioni sul Saltarello durante un assolo a Imola nel 1978 (grazie a Giorgio Gaslini), con il fisarmonicista Gianni Coscia ha avuto un amico comune di nome Umberto Eco. Ama raccontare e raccontarsi e, proprio per questo, pensa che alcune sue composizioni possano essere utilizzate come colonna sonora per i cartoni animati.
Gigante del jazz mondiale, ha superato il traguardo degli ottant’anni segnando il passo con le sue “etnie immaginarie” a suon di danze popolari (Ciaccona, Bergamasca, Follia…) e rivisitazione della grande tradizione classica. E dice: «Sono consapevole del fatto che se Guillaume Dufay, compositore del Quattrocento, è dio, io mi fermo al sagrato della chiesa: non ci entro, ma osservo».
Considerare Trovesi un semplice jazzista non sarebbe opportuno né per gli ascoltatori e neppure per il mondo della musica: inventore, alchimista e rimescolatore ha coniato uno stile che Davide Ielmini ha definito “trovesianesimo”. La riscoperta e la rilettura della musica rinascimentale, il crogiolo di culture e geografie lontane inimmaginabili, il contrappunto e la musica del Novecento fanno parte di questo indomabile “cantastorie” che entra nei meccanismi della musica come fa un orologiaio con gli ingranaggi.
L’incontro di mercoledì 16 aprile, alle ore 21 a Materia, sarà anche l’occasione per un confronto aperto su quanto il jazz, non solo italiano, sia da considerarsi sempre più una “musica fluida”. Grazie anche a quelle nuove generazioni che, come ha sempre fatto Gianluigi Trovesi, si stanno chiedendo se “il jazz sia solo jazz”.
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