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Il sindacato medico Cimo Piemonte replica all’Unità di crisi

Il segretario regionale Cavalli: “Ad oggi il personale sanitario piemontese continua a lavorare in condizioni di forte rischio. Serve un'azione aggressiva legata ai tamponi”

“Come Cimo Piemonte abbiamo sempre avuto un atteggiamento costruttivo e propositivo nei confronti della Regione e dei componenti dell’Unità di Crisi. Eravamo e siamo tutti dalla stessa parte, vogliamo vedere retrocedere i contagi, aiutare i pazienti negli Ospedali e nelle Rsa, contribuire con un’informazione chiara e puntuale sui miglioramenti ma anche su ciò che ancora manca, ma non possiamo fare finta che ad oggi il personale sanitario piemontese continui a lavorare in condizioni di forte rischio e nell’incertezza di una possibile positività asintomatica” lo precisa il segretario regionale del sindacato medico Cimo Piemonte, Sebastiano Cavalli.

“Lo abbiamo detto e lo ribadiamo ancora, -dichiara Cavalli- serve un’azione aggressiva legata ai tamponi, sono ancora troppo pochi rispetto ai numeri dei medici che operano negli ospedali di tutto il Piemonte. Negli unici due incontri in conference call avuti con la Regione e l’Unità di Crisi abbiamo sempre evidenziato queste criticità, proponendo anche un riconoscimento economico come è avvenuto in altre regioni, ma non abbiamo avuto alcuna risposta. Non solo, dal 26 marzo, ultima riunione in call, non abbiamo più avuto contatti con i vertici regionali, più volte da noi stimolati a risponderci. Abbiamo dovuto rimarcare in tutte le sedi le nostre preoccupazioni per poter tutelare tutti i medici che sono impegnati in prima linea e che rischiano la vita pur di svolgere il proprio dovere. Il fatto di aver sostituito in corsa i vertici e i componenti dell’unità di crisi regionale forse dimostra che certe scelte non sono state poi così adeguate”.

Pubblicato il 15 Aprile 2020
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