A Solcio di Lesa, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, rivive la casa di Siro Penagini. Il pittore milanese, che visse e operò per diversi anni a Caravate nel Varesotto e di cui ancora oggi si ricorda l’amicizia con Innocente Salvini, acquistò la proprietà nel 1923. Oggi l’edificio è oggetto di un interessante progetto di restauro a fini residenziali, dopo anni di abbandono, a cura dello studio varesino “Il Laboratorio”.

Il progetto finale, come dettagliatamente illustrato da Gaetano Gucciardo socio dello studio, prevede una sintesi tra le necessità di conservazione e tutela dell’esistente e quelle di adeguamento degli spazi di vivibilità. Una cura particolare è stata destinata all’inserimento dell’opera nel paesaggio esistente, una delle sfide, tra l’altro, più complesse quando si opera in contesti ad alta sensibilità paesaggistica come questo.

Dopo essersi sposato e dopo aver vissuto a Caravate, in provincia di Varese, (in una villa originariamente appartenuta alla famiglia Campari) Penagini si trasferì a Solcio. La casa fu ampliata e progettata dallo stesso artista che anni prima aveva ottenuto il diploma di Geometra al Collegio De Filippi di Arona. I lavori vennero svolti secondo la stessa tipologia archetipica originaria della cosiddetta “casa a torre” moltiplicando ed aggregando l’impianto originario (due stanze sovrapposte con tetto a due falde e colmo lungo la linea di massima pendenza): il “rimaneggiamento” volumetrico e’ sicuramente coinciso anche con la composizione dei prospetti che hanno attinto all’architettura neoromanica (oculo circolare sovrapposto a finestre con cornici ed arco a tutto sesto), ancora in voga nei primi due decenni del novecento, e l’utilizzo di alcuni dettagli gotici.

Nei carteggi tra il Penagini e Salvini, in cui quest’ultimo rivelava le sue inquietudini sull’ispirazione e la ricerca dello stile, il tema dei lavori nella villa piemontese, torna di frequente. “Caro Salvini – scriveva Penagini – domenica mi sono messo in viaggio credendo di arrivare da te. Invece sono rimasto tutto il giorno da mia madre a Pallanza … decidi di venirmi a trovare prima tu, perché ora sono in procinto di far costruire due camere e non potrò muovermi …” e ancora: “Caro Salvini, dovevo scriverti da un po’ e anche venirti a trovare e ho rinunciato nonostante il desiderio di vederti. Ho fatto costruire le due camere e i lavori saranno finiti tra una settimana …”. I riferimenti sono tratti dalle lettere raccolte nel volume “Il colore per me è come un delirio” di Serena Contini (Alberti Libraio Editore). Scritti che hanno permesso di ricostruire quanto l’amicizia con Penagini avrà un’influenza determinante per la crescita artistica del grande pittore di Cocquio Trevisago

Nella biografia dell’artista contenta in “Siro Penagini 1885/1952. in occasione della mostra postuma antologica (presentazione di S. Zanella, Testo di R. Bossaglia) alla Civica Galleria D’Arte Moderna di Gallarate, 28 febbraio – 26 marzo 1988 si ricostruiscono così quegli anni: “Con la moglie e i figli nella primavera del 1923 si stabilì a Solcio, sulla sponda occidentale del Lago Maggiore, in una casa rustica che restaurò e ampliò costruendovi uno studio al piano terreno e un altro al primo piano illuminato da un grande lucernario. In questa casa allevò i figli e lavorò intensamente”.

A Solcio di Lesa, Siro Penagini, morì nel 1952. Fu tra gli artisti più singolari del Novecento Italiano grazie al suo stile unico e originale. Tra le sue opere si ricorda il “Mosè che detta le leggi” al Palazzo di Giustizia di Milano. È sepolto a Lesa nel piccolo cimitero del paese.