Fino al sacrificio: la battaglia di Megolo racconta la Resistenza come scelta morale
Il 13 febbraio 1944 la formazione partigiana guidata dal capitano Filippo Maria Beltrami decise di non ritirarsi di fronte alla SS Polizei tedesca, che era più forte e aveva offerto la possibilità di "sbandarsi"
La Resistenza italiana offrì un grande contributo alla liberazione dal nazifascismo, impegnando migliaia di tedeschi e repubblichini tenuti lontano dal fronte dove avanzavano gli Alleati. Ma fu anche una grande lezione morale: la voglia di riscattare l’Italia dall’ignominia della dittatura, delle guerre d’aggressione contro altri popoli.
Lo racconta molto bene la storia di Filippo Maria Beltrami, della sua piccola formazione sui monti tra Cusio e Ossola, della battaglia finale che affrontò. A Megolo, il 13 febbraio 1944.
Quel giorno, in un alpeggio sopra il paesino di Megolo di Mezzo, “il capitano” decise di dare battaglia: accettò lo scontro con i tedeschi della SS Polizei, pur sapendo che le forze germaniche erano enormemente più numerose e addestrate.
Il capitano Ernst Simon, che guidava la 10° compagnia del 15 Reggimento Ss Polizei, aveva offerto a Beltrami la possibilità di “sbandare” la sua formazione. Il capitano però rifiutò, convinto che – dopo i primi mesi di guerriglia – fosse necessario accettare battaglia, combattere contro i tedeschi, dimostrare che gli italiani non restavano passivi.
Le armi erano poche: la mattina della battaglia il gruppo partigiano rimasto in linea era molto limitato, meno di una ventina di uomini, mentre i disarmati e chi non ebbe il coraggio si avviarono altrove. I tedeschi erano circa 150 (della Ss Polizei, reparto specializzato nell’antiguerriglia), appoggiati da altrettanti repubblichini che però non parteciparono all’azione di scontro frontale.
Nello scontro morirono dodici partigiani: Carlo Antibo, Bassano Bressani, Angelo Clavena, Bartolomeo Creola, Cornelio Gorla, Paolo Marino, Elio Toninelli. E poi Beltrami, Gianni Citterio “Redi” e Antonio Di Dio, che ebbero tutti e tre la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, e Gaspare Pajetta, che ebbe quella d’argento.
Del gruppo di fuoco più direttamente impegnato si salvarono solo in tre.
La scelta del “capitano”
La formazione di Beltrami – che si era costituita non in Ossola, ma a Cireggio, un paesino sopra a Omegna, sul Lago d’Orta – aveva tante radici diverse: c’erano ragazzi del paese che non volevano combattere per la repubblica di Sarò, altri venuti dal Milanese, dal Lodigiano, dal Torinese, militari di leva sbandati dopo l’armistizio e braccati dai tedeschi.
I ragazzi del posto avevano chiesto a Beltrami di guidarla: architetto di sentimenti antifascisti, richiamato alle armi come capitano d’artiglieria nella caserma milanese di Baggio, Beltrami all’armistizio dell’8 settembre era sfuggito ai rastrellamenti tedeschi e si era rifugiato a Cireggio, paese d’origine della famiglia, dove aveva una casa di villeggiatura.
Se all’inizio “il capitano” era rimasto lì nascosto, lontano dagli eventi, alla fine – per invito dei giovani del paese e sulla spinta della moglie Giuliana Gadola – aveva deciso di schierarsi, di scegliere da che parte stare, di andare all’attacco e non attendere gli eventi.
Dopo quella prima scelta, nell’autunno 1943, a febbraio 1944 arrivò il secondo momento della scelta, quando accettò battaglia, sapendo che le possibilità di vittoria erano minime.
“Il capitano” fu ucciso da un colpo alla gola, sparato dal soldato Heino Almstädt, di Amburgo (lo ha scoperto in anni recenti il ricercatore Rudolph Rues).
Dopo Megolo: dal seme che muore germogliano nuove formazioni
Dentro alla formazione di Beltrami c’erano anche visioni politiche diverse, dai cattolici monarchici (come i fratelli Di Dio, ufficiali di carriera del Regio Esercito) ai comunisti come Pajetta, passando per i socialisti come era lo stesso Beltrami.
Dopo la battaglia, le strade dei sopravvissuti di quel gruppo si divisero: così ad esempio Alfredo Di Dio costituì la “Valtoce”, sopra Ornavasso, il giovane Gino Vermicelli fu tra i garibaldini che costituirono la divisione Garibaldi Ossola intitolata a “Redi”. Prese invece il nome di “Gruppo Patrioti Filippo Beltrami” la formazione che diventerà Divisione, sotto il comando del tenente Bruno Rutto.
Le celebrazioni 2025 della battaglia di Megolo
Le celebrazioni per l’81° anniversario del tragico evento si sono aperte oggi, giovedì 13 febbraio alle 17, con l’inaugurazione della mostra “Gli schiavi di Hitler” allestita presso la Casa Museo di Megolo. La mostra racconta la drammatica storia degli internati militari, e sarà aperta al pubblico e visitabile dalle ore 09.30 alle 11.30 tutte le mattine sino a domenica 23 febbraio. Dopo l’inaugurazione, sarà presentato il libro di Pietra De Blasi dal titolo “Il valore di una scelta”.
Venerdì 14 febbraio la giornalista Lidia Tilotta in mattinata incontrerà gli studenti delle scuole medie di Pieve Vergonte e, la sera, sarà al Centro Culturale Mario Massari per presentare il suo libro Lacrime di Sale di cui è coautrice e che sarà intervistata dalla giornalista Maria Grazia Varano.
Sabato 15 febbraio alle 17 sarà celebrata la Messa in suffragio dei Caduti a Megolo presso la Chiesa di San Lorenzo di Megolo di Pieve Vergonte e alle 21 presso la Casa Museo di Megolo Gruppo Narrativa Teatrale Verbanese con il Coro Volante Cucciolo presenterà il reading musicale “Il peso della farfalla”
Domenica 16 febbraio le celebrazioni ufficiali: alle 14.30 e l’orazione ufficiale della giornalista Lidia Tilotta. Seguirà un momento di raccoglimento presso
il cimitero di Megolo davanti alla tomba della famiglia Pajetta e un momento di raccoglimento di una delegazione presso il Cortavolo.
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