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Una mostra per Franco Radice a Maccagno

Si apre il 17 settembre al Civico Museo Parisi-Valle di Maccagno

Si apre il 17 settembre al Civico Museo Parisi-Valle di Maccagno la mostra dedicata a Franco Radice, promossa dal Centro Culturale Frontiera in collaborazione con i Comuni di Maccagno e Luino, curata da Chiara Gatti e Federico Crimi, catalogo edizioni Nastro&Nastro a cura di Angelo Franco Aschei.
La mostra presenta per la prima volta un percorso antologico alla scoperta della figura e dell’opera di
Franco Radice (Roma 1938 – Varese 1992), pittore di paesaggio, natura e scene di genere legate al
mondo contadino della provincia, ma con un occhio attento anche alle problematiche sociali affrontate,
negli stessi anni, dai maestri italiani impegnati nelle denunzie dei drammi del secondo dopoguerra.
Attivo a Campagnano di Maccagno, dove si trasferì nei primi anni settanta, dopo dieci anni di attività
nella manifattura di ceramiche Vecchia Milano da lui fondata nel 1965 a Trezzano sul Naviglio, Radice
trovò sulle sponde del Lago Maggiore il luogo ideale per coltivare, lontano dai clamori della mode e della critica, la passione per la pittura. Una passione fatta di citazioni della grande stagione espressionista europea, tradita da una tavolozza di colori accesi, acidi nello stile dei tedeschi, e caramellosi, dorati e rosati, in ricordo di Matisse e delle "belve" di Parigi. Lezione votata a temi di grande attualità, quando Radice affronta i soggetti cari, per esempio, a Guttuso e compagni, della vita nelle fabbriche o nei campi, degli operai in picchetto davanti agli stabilimenti, o delle mondine con la schiena spezzata dalla fatica e il sole a picco sopra i grandi cappelli di paglia.
Tradizione e modernità viaggiano all’unisono nella sua produzione degli anni sessanta e settanta. La
ricerca formale dialoga con contenuti schierati e pungenti. Ma bisognerà attendere il decennio seguente
per veder emergere un verbo forse più personale, intimo e inedito. Sono le scene rubate all’esistenza
quotidiana – memori forse dell’esperienza vissuta dai realisti esistenziali milanesi – a rappresentare allora
lo stimolo per una nuova ricerca estetica. Il colore irreale degli esordi, i rosa "francesi", vengono ora
piegati all’esigenza di svelare sentimenti segreti, nei ritratti delle persone amate, nelle silhouette
allungate delle donne ritagliate sui tramonti lacustri, ma anche negli scorci boschivi dove grandi chiome
d’alberi sconfinano nell’astratto e diventano macchie di colore istintivo sulla tela che aumenta di
dimensione.
La vena narrativa, quella che vede Radice soffermarsi a indagare piccole scene dell’umana esistenza,
fra volti di bambini e personaggi ai margini, si coniuga ora con l’interesse per la composizione, per i ritmi
perfetti nella struttura delle immagini, come dimostra uno dei suoi capolavori, Le zucche del 1990, in cui
il soggetto ritratto diviene puro pretesto per un’immagine solida, dominata da un gesto informale e,
insieme, da una ricerca spaziale assoluta.

Pubblicato il 16 Settembre 2011
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