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Il dramma dimenticato delle popolazioni istriane durante la Grande Guerra

Mario Manzin ha aperto al Centro Culturale Sala Paolo una serie di incontri per il centenario della Grande Guerra. Venerdì 5 giugno sarà la volta della scrittrice Annalina Molteni che parlerà del "fronte al femminile"

Centro culturale sala Paolo Brezzo di Bedero

La cultura a Brezzo di Bedero ha da decenni come protagonista principale Mario Manzin, organizzatore non solo della Stagione dei concerti estivi in Canonica e a Pianezza, ma anche di altre molteplici iniziative di livello elevato in vari campi, fra cui quello letterario. Quindi chi, se non lui, poteva organizzare ed iniziare il ciclo di conferenze dedicato al centenario dell’inizio della prima guerra mondiale?

Il 24 maggio, al Centro Culturale Sala Paolo, Mario ci ha intrattenuto sulle vicissitudini che una popolazione italianissima, quella dell’Istria Meridionale, ha dovuto subire all’inizio della guerra. Ci ha spalancato la visione di un aspetto praticamente ignoto, quasi trascurato, di cui è costellata qualsiasi immane sventura che colpisce il genere umano, allorché qualcuno ritiene di risolvere i propri problemi attraverso la guerra.

Per la Prima Guerra Mondiale uno storico scrisse che le due pallottole di Sarajevo riuscirono ad uccidere nove milioni di militari e sei milioni di civili e Manzin ha voluto rappresentarci l’incredibile odissea, condita dal dramma, perpetrato in soli sette giorni,  della deportazione degli istriani dalla zona che andava da Rovigno a Pola, facendo precipitare nella disperazione migliaia di famiglie sradicate in modo brutale dalle loro case per essere proiettate nei campi di concentramento.

A Wagna, nella Stiria, venne allestito dal governo austriaco un campo profughi nel quale furono internati fino a ventimila istriani, ciò per evacuare le zone circostanti il porto militare di Pola, ma molti altri vennero in seguito dirottati, soprattutto quelli sospetti d’irredentismo, in altri campi ancora più severi, nei quali le condizioni di vita erano al limite della sopravvivenza.

La conferenza si è snodata con l’elencazione di una serie impressionante di episodi che coinvolsero le popolazioni istriane, che vennero addirittura trasferite in Transilvania, nella zona prospiciente ai Carpazi, dove stava infuriando la battaglia fra gli austro/ungarici e i russi.

Grandi storie di piccoli interpreti, storie di stenti, di fame, di malattie, di percentuali spaventose di morti – il 18% dei deportati non sopravvisse – , vissute dall’altra parte con una scrollata di spalle: De Gasperi, membro del Parlamento Austriaco in rappresentanza della Val di Fiemme, chiedendo ragione di una tal carneficina, si sentì rispondere che la percentuale non si discotava molto da quella registrata in altre contrade dell’Impero, quindi non c’era nulla di particolarmente grave.

La rappresentazione così altamente drammatica ha ammutolito il pubblico presente, sconvolto nell’apprendere pagine di storia, che sovente non vengono neppure citate, nella consapevolezza che ogni grande evento, denominato come storico, inevitabilmente sottende un’incredibile sequenza di tragedie singole, nelle quali ognuno di noi potrebbe essere coinvolto.

Le note del maestro Berti hanno concluso, con un ritorno alla melanconia e alla percezione del potere trascinante della musica, la splendida esposizione, della quale le autorità comunali presenti hanno calorosamente ringraziato l’autore.

Questo è stato il primo degli incontri programmati in una serie di quattro, che si svolgeranno con la seguente cadenza:

Venerdì 5 giugno, relatrice Annalina Molteni, sul tema “Il fronte femminile”
Venerdì 12 giugno, relatrice Annalina Molteni, sul tema “L’altra umanità al fronte”
Venerdì 3 luglio, relatore Folkmar Stoecker, ex Ambasciatore Tedesco in Italia, sul tema “La grande guerra nella memoria dei popoli europei”

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Pubblicato il 26 Maggio 2015
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