Progetto Oasi: ad Angera 44 studenti e un “finto” professore
Un laboratorio sull’Oasi della Bruschera, protagonisti gli studenti delle scuole medie che hanno partecipato a originali lezioni di scienze
Progetto Oasi: doveva essere un laboratorio didattico, ma è diventato qualcosa di più. Ad Angera, a casa di Leonardo la sveglia suona presto anche la domenica e i genitori sbuffano, ma sorridono. Non è il solo dodicenne ad avere voglia di natura, voglia di Oasi: «Se ci si alza presto e si va all’oasi, si vedono gli animali, l’ha detto il professor Franzetti».
Non sta bene, pontificano tanti maestri di giornalismo, usare la prima persona per scrivere un articolo di giornale: rinuncio, allora, all’articolo di giornale, poiché, per spiegare cosa è diventato il Progetto Oasi, una testimonianza vale più di qualsiasi cronaca incolore. E il titolo di “professore” è improprio.
Tutto è partito da un’idea di Valeria Baietti, assessore alla cultura, e da Alessandro Molgora, il sindaco di Angera: qui la politica e la propaganda non c’entrano nulla. La questione è molto concreta: l’idea era quella di coinvolgere le scuole medie nella realizzazione di un pezzetto di guida turistica digitale e alcuni pannelli informativi ai quali sto lavorando da qualche tempo. Poi, in realtà, sono bastati pochi minuti di lezione in classe per capire che, forse, i giovani studenti di prima e seconda media avrebbero avuto molte (anche troppe) difficoltà a realizzare il progetto. Sono allora stati prodotti cartelloni, che facendo i perfezionisti, non sembrano eccezionali (graficamente). Sono stati scritti temi in classe e riflessioni tenere, ingenue, simpatiche, ma decisamente poco giornalistiche. Il progetto Oasi, tuttavia, è andato oltre e, usando la prima persona, ne sono ben fiero.
Un laboratorio sull’Oasi della Bruschera, per le scuole medie, doveva essere un’occasione per pochi studenti che volontariamente avessero scelto di venire a lezione il pomeriggio, per studiare qualcosa, sì, di diverso rispetto alle “solite” lezioni di scienze o storia. Avrebbero potuto scegliere di rimanere a casa, ma a quel laboratorio si sono presentati 44 ragazzini tra gli 11 e i 13 anni: le insegnanti prevedevano di non arrivare a venti, ma non è andata così. Erano molti di più.
Lezioni in classe ed esplorazioni “dal vivo”, un paio di mesi per capire e studiare un angolo di Angera: a coordinare l’esperienza, si sono impegnate le professoresse (queste sì, con il titolo giusto) Pervinca Barbassa e Debora Basoli, ma molti altri docenti si sono lasciati coinvolgere con entusiasmo. E poi c’ero io, quel “professor Franzetti”, che quando m’interpellavano in quel modo, mi suonava strano, tanto che la risposta automatica era, quasi sempre, “sì, ma non datemi del lei, per carità”: il professor Franzetti, ovvero il sottoscritto, non è un illustre biologo e nemmeno un titolato ornitologo. Sono semplicemente un giornalista tornato a casa da un’esperienza professionale fuori provincia, da sempre innamorato del mio territorio e con la voglia d’investire su quello: valorizzare un territorio parte da progetti semplici, come quello di trasmettere passione e amore per i luoghi in cui viviamo.
Lezioni in classe, tanto baccano. Uscite tra i sentieri e i canneti dell’Oasi, ancora baccano: voci di bambini che esprimevano gioia per quello che stavano facendo. Tanto che, sui sentieri che si affacciano su Angera, molti di quei 44 bambini, ci sono tornati e ci tornano con i propri genitori. Con i loro mini binocoli, con lo sguardo attento a ogni cosa.
Quei 44 studenti sapevano ben poco di quella palude vicino casa, degli aironi cinerini, del picchio rosso o dello svasso maggiore, ma in due mesi di lavoro hanno imparato a sentire propria, come una casa, un’area di grande pregio naturalistico del proprio paese. Hanno visto, in prima persona, cosa era e cosa è l’Oasi della Bruschera: hanno intuito che sembra un paradiso, ma forse non lo è, perché molti adulti, da troppo tempo, la considerano “terra di nessuno”. In una “terra di nessuno” non ci sono regole. Quei 44 giovani angeresi hanno scoperto, annusando e osservando, che ci sono ancora scarichi abusivi nei ruscelli dell’area, poi hanno constatato che per inquinare, in una “terra di nessuno” ci vuole poco, basta contare sull’indifferenza generale. Hanno scoperto, poi, che esistono ancora pescatori di frodo, imbattendosi in carcasse di pesci abbandonati sulla riva e segnalando loro, per primi, questo sfregio ambientale alle autorità comunali. Si sono accorti, toccando con mano, di quanto un territorio tanto conosciuto ad Angera, sia in realtà molto fragile e spesso lasciato a sé stesso. La convivenza uomo/natura, quell’equilibrio tanto difficile, l’hanno constatata di persona.
Poi, certo, quei 44 giovani studenti hanno imparato che l’Oasi della Bruschera è un Sic (sito d’interesse comunitario). Hanno imparato a riconoscere un ontaneto, hanno scoperto che agitando un bastone sul fondo melmoso della palude, si liberano bolle che odorano di metano, così come aveva intuito un certo Alessandro Volta proprio lì, ad Angera. Dai cormorani ai falchi, dagli ultimi gelsi alle cinque oche dell’isolino Partegora: poche nozioni scientifiche, ma tanta passione per quel che c’è e si può vedere (o non vedere) nel proprio paese.
Il progetto Oasi, anche se a scuola è terminato, continua nella vita quotidiana di tanti giovani cittadini: 44 studenti che ora sentono e considerano una palude come un pezzetto di casa propria, una casa che va amata al di là delle leggi di tutela. Ornitologi e naturalisti, forse, non lo diventeranno, ma il segnale forte è arrivato in tante famiglie. Famiglie che, magari, quel canneto, la consideravano soltanto un incubatoio di zanzare. Tuttavia, basta un pizzico di attenzione per scoprire ogni volta qualcosa di più, davanti all’uscio di casa: in queste sere quasi estive, per esempio, lungo quei sentieri si accendono le ultime meravigliose lucciole di Angera. E anche questa segnalazione è arrivata da uno di loro, da uno di quei 44 studenti che ora non fanno più baccano, ma s’incantano davanti a uno spettacolo silenzioso e magico, che l’inquinamento e l’incuria degli adulti non sono riusciti a cancellare.
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