“Mito, visione e invenzione”: a Verbania la mostra dedicata a Carrà e Martini
Al Museo del Paesaggio fino al 3 ottobre protagoniste saranno oltre novanta opere di due dei più grandi artisti del Novecento Italiano
Il Museo del Paesaggio di Verbania apre la stagione espositiva con la mostra “Carrà e Martini. Mito, visione e invenzione”. Fino al 3 ottobre la mostra inaugurata lo scorso 13 giugno ospiterà le opere provenienti dalla collezione del Museo e da una collezione privata milanese, a cura di Elena Pontiggia e di Federica Rabai, direttore artistico e conservatore del museo verbanese.
Oltre novanta le opere esposte, per lo più di grafica, dei due grandi artisti del Novecento italiano che, come spiega il museo, “si sono distinti e affermati proprio grazie all’invenzione di un nuovo linguaggio in pittura e scultura”. A completare il percorso dedicato al mito e alla visione una serie di sculture di Arturo Martini, presentate accanto ai bozzetti, ai disegni e alle incisioni.
Di Carlo Carrà al Museo del Paesaggio sono esposte circa cinquanta tra acqueforti e litografie a colori, che comprendono tutti i più importanti esiti dell’artista. Si va dagli incantevoli paesaggi dei primi anni Venti, tracciati con un disegno essenziale e stupefatto (Case a Belgirate,1922), alla suggestiva Casa dell’amore (1922), fino alle visionarie immagini realizzate nel 1944 per un’edizione di Rimbaud, in cui Carrà, sullo sfondo della guerra mondiale, rappresenta angeli, demoni, creature mitologiche e figure realistiche, segni di morte ma anche di speranza (Angelo, 1944).
«Fin dagli inizi – spiega il museo presentando l’artista – Carrà avvia grazie all’incisione un sistematico ripensamento della sua pittura, che lo porta a reinterpretare con acqueforti e litografie i suoi principali capolavori, dalla Simultaneità futurista alle Figlie di Loth, dal metafisico Ovale delle apparizioni al Poeta folle. L’incisione diventa così per l’artista un momento di verifica, ma anche uno struggente album dei ricordi».
Le circa quaranta opere in mostra di Arturo Martini sono comprese tra il 1921 e il 1945 coprendo tutta la carriera dell’artista, a iniziare dal lavoro a matita su carta “Il circo” del 1921 circa, importate disegno del momento di “Valori plastici” quando Martini è affine a Carrà e in genere a una personale rivisitazione della congiuntura metafisica.
«Importante poi il ciclo di incisioni eseguite a Blevio nell’estate del 1935 su soggetti già trattati anche in scultura – come L’Attesa e Ratto delle Sabine – o già presenti in altre incisioni precedenti – come L’uragano – proseguono gli organizzatori della mostra -. In queste incisioni la trama delle linee è fittissima fino a oscurare la superficie, quasi a emulazione della maniera nera. Nel 1942 realizza 11 disegni preparatori – tutti in mostra – del Viaggio d’Europa per l’illustrazione dell’omonimo racconto di Massimo Bontempelli. Del 1944-45 sono il gruppo di incisioni per l’illustrazione della traduzione italiana dell’Odissea a cura di Leone Traverso, poi non pubblicata. Eseguite a Venezia, rivelano un lato straordinario della versatile fantasia martiniana, anche qui orientata a sperimentare materiali “poveri” e linguaggi poveri, al limite tra immagine e pura suggestione timbrica. Pubblicate postume soltanto nel 1960 sono tra le prove più convincenti della grafica martiniana».
Accanto a queste prove dell’artista sono esposte dieci sculture come La famiglia degli acrobati, Can can, Adamo ed Eva, Ulisse e il cane, Testa di ragazza, Busto di ragazza e tre tele: Sansone e Dalila, La siesta e Paesaggio verde per rafforzare il tema della differenza tra disegno e realizzazione finale delle opere, pezzi unici di grande valore storico e artistico.
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