Le quattro vite di Philippe Daverio in una mostra al Kapannone di Angera
Libri, cataloghi d'arte, foto, videointerviste e ironici ritratti. Lo spazio di Andrea Kerbaker ripercorre la poliedrica esistenza del grande divulgatore d'arte
Sentir raccontare l’arte da Philippe Daverio, era una vera e propria esperienza. Chi seguiva la trasmissione culto “Passepartout“, non avvertiva la distanza, anzi, era ammaliato da una narrazione libera e istintiva che non aveva nulla di accademico. Una cifra che ha fatto di Daverio uno dei divulgatori più amati dal pubblico televisivo.
La sua è stata un’esistenza poliedrica e ben poco allineata, come testimonia la mostra a lui dedicata e appena inaugurata al Kapannone dei libri di Angera alla presenza della moglie Elena e del figlio Sebastiano, dell’editore di Skyra, Massimo Vitta Zelman, dell’antiquario Carlo Orsi e del giornalista Marco Carminati del Sole 24ore. A fare gli onori di casa il collezionista Andrea Kerbaker e il sindaco di Angera Alessandro Paladini Molgora.
Philippe Daverio ha vissuto almeno quattro vite: ha iniziato da giovane gallerista, per continuare con la politica, la televisione e la docenza universitaria per chiara fama. La mostra scandisce questi momenti con libri, cataloghi d’arte, foto e videointerviste. Un percorso incorniciato da ironici ritratti – uno realizzato con il fil di ferro – donati da artisti e ammiratori.
Ironia, leggerezza, unite a una capacità di argomentare e spaziare quasi senza limiti erano le sue principali caratteristiche. «Philippe poteva passare da un argomento all’altro senza problemi» sottolinea Elena Daverio. Il suo racconto dell’arte era trasversale, liquido e questo affascinava il pubblico.
IL GALLERISTA
Negli anni Ottanta, apre tre gallerie d’arte, due a Milano e una a New York. Daverio è giovane, ma la sua capacità di leggere la contemporaneità emerge in tutta la sua originalità. Da gallerista non firma mai i cataloghi, tra l’altro stampati da un altro grande personaggio del mondo dell’arte, il tipografo milanese Giorgio Lucini. Una forma di pudore: «Lo riteneva poco elegante» dice la moglie.
UN EUROPEISTA CONVINTO
La scelta di diventare assessore alla Cultura nella prima giunta leghista all’ombra della Madonnina, guidata dal sindaco Marco Formentini, non viene accolta da tutti con favore. Ancora una volta Philippe Daverio scompagina le carte della sua vita con una provocazione che porterà buoni frutti alla città: nei quattro anni del suo mandato, Milano conterà ben sessanta mostre. «Quella candidatura gli costò molto in termini di lavoro – racconta Elena Daverio – perché in tanti lo identificarono come uno schierato. In realtà Philippe era una persona libera e un europeista convinto. Non si stancava mai di sottolinearlo, nonostante fosse rimasto deluso dalla scarsa attività dei politici italiani a Bruxelles».
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