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Sculture in ulivo, mosaici e haiku nella nuova mostra “alla Soara” di Angera

Dopo l'inaugurazione di quest'estate ritornano le mostre nell'ex gigantesca fabbrica di estrazione minerale. Da sabato 15 ottobre sarà Marina Craizar l'ospite di Damiano Latorre, tra percorsi tattili a occhi chiusi, mosaici e poesie

Sculture in ulivo, mosaici e haiku nella nuova mostra "alla Soara" di Angera

Dopo una prima esposizione allestita in estate, la Magnesia di Angera ritorna a ospitare gli artisti del Lago Maggiore e del Varesotto.

La Soara angerese riapre infatti le proprie porte per una serie di appuntamenti autunnali e invernali organizzati da Damiano Latorre, scultore del legno che ha riconvertito l’ex mensa della fabbrica per l’estrazione e la lavorazione dei minerali in un singolare laboratorio di falegnameria e nella più originale delle sale mostre ai piedi della Rocca.

«Quando mi sono trasferito ad Angera non avevo a disposizione uno spazio dove poter lavorare l’ulivo, così ho chiesto ai proprietari della Magnesia il permesso per utilizzare la vecchia mensa e le cucine di ciò che rimane dello stabile, naturalmente dietro un piccolo affitto» aveva spiegato Latorre all’inaugurazione della prima mostra, dopo aver trascorso i mesi precedenti a ristrutturare i locali in modo tale da trasformarli in una “sala eventi” il cui toponimo ricordasse, anche simpaticamente, il “Teatro alla Scala” di Milano.

La prima ospite del nuovo ciclo di mostre (da sabato 15 ottobre a domenica 30) sarà Marina Craizar, eclettica artista residente ad Angera ma nata in Belgio (da padre italo-croato). La sua arte spazia dai mosaici astratti ai dipinti dell’Elba realizzati con pastelli cretosi. A lei il compito di accompagnare il “viaggio tattile e visivo” tra le sculture di ulivo allestito da Latorre.

«Alla base delle mia arte ci sono innanzitutto le emozioni, senza quelle non sarei in grado di trasmettere una parte importante di me» così risponde Craizar chiacchierando lungo le pareti della Soara, dove ogni sua opera è accompagnata da un haiku, componimenti poetici di origine giapponese utilizzati dall’artista per sintetizzare in tre versi l’opera figurativa.

Ad accomunare Latorre e Craizar un senso molto sottovalutato, se paragonato a vista e udito: la tattilità. Come già spiegato nell’articolo della prima mostra “Alla Soara” Latorre propone nella sua galleria un percorso “a occhi bendati” tra le proprie sculture in ulivo, opere che riprendono temi sociali come la guerra o le migrazioni. Una sorta di potenziamento dei sensi, perché quando si rinuncia all’utilizzo della vista per compenso il nostro corpo reagisce stimolando maggiormente il tatto, e, di conseguenza, anche al potere della fantasia. Non è un caso infatti che le sue opere sia molto apprezzate anche dai ragazzi delle scuole, i quali rimangono sempre sorpresi nello scoprire, una volta toltasi la benda davanti agli occhi, la forma visiva della scultura, dover aver toccato quella immaginata.

Per Craizar invece il tatto ha un valore “demiurgico”. Come Prometeo, l’artista è un artigiano, le cui mani plasmano, appunto, … l’arte. «Non potrei realizzare le mie opere senza il diretto contatto con la materia – commenta Craizar, che ha frequentato un corso di mosaico nella sua “capitale”, Ravenna -. Quando trovo anche un sasso provo un’attrazione potentissima, come un magnete. Penso alla forte sensazione che è avere in mano la pietra e a come poter incastonarla in un mosaico. Oggi molti mosaicisti acquistano direttamente le tessere da inserire nell’opera, per me è invece indispensabile realizzarle con la tecnica del taglio. Questa “preparazione” è in realtà parte imprescindibile del mio processo creativo, che ritengono una potentissima terapia. È così che durante il lockdown ho avuto così il mio personale rifugio».

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Pubblicato il 13 Ottobre 2022
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