La bambina Mani di Ragno
di Paolo Negri
L’albero dei desideri stava dentro allo Chapiteau. Gli avevano disegnato due occhi sul tronco. Bisognava chiudere i propri, appoggiare i palmi sul legno ed esprimere giusto quello che si voleva.
Quella bimba non badò a chi stava attorno, voleva solo sognare. Così adagiò le mani e nel buio chiese intensamente. A colpirla fu la voce maligna di un coetaneo che subito notò la sua stranezza e l’apostrofò come “bimba dalle mani di ragno”, vista la deformità delle sue dita. Lo urlò così forte, le risate dei presenti la ferirono tanto che l’unica via di salvezza per lei fu la fuga. E in camera sua, lontano dalla festa, al riparo o forse in trappola, notò che il sangue non si fermava. Allora chiamò a gran voce l’uomo che cavava gli occhi di notte, paura di un’antica fiaba sempre temuta ma ora necessaria per virare il proprio dolore in vendetta.
Fu svegliata da un rumore. Nel bel mezzo della notte, affacciata alla finestra, vide la gigantesca ombra di un uomo portare sacca e coltello. Terrorizzata che fosse proprio lui, la presenza che aveva chiamato, mise più vestiti possibili in una valigia e scappò per il sentiero che si inoltrava nel bosco, temendo che la cercasse e volesse punirla per quella richiesta così crudele.
Quando la fiamma della torcia si spense, la sua corsa continuò drammatica fino a una caduta.
A raccoglierla ci pensò una vecchina e a trasportarla un asino bianco. Svegliatasi in una casa dagli strani odori, la bimba pregò al mondo di non veder più nulla. La vecchina, vista l’insistenza indomita, prese un piccolo ragno dal soffitto, lo posò sulle sue palpebre e lui tesse una ragnatela, serrandogliele.
Seguirono ore con la febbre alta e gli incubi soffocanti. Poi i giorni portarono via i brutti sogni con la malattia. E il vento fece entrare dalla finestra i semi di una timida confidenza con quella sua nuova madre, più anziana e paziente della propria. “Posso rimanere qui con te?” chiese la bimba. La vecchina acconsentì, insegnandole a vivere al buio.
La piccola ospite, nonostante sentisse quanto fosse vicendevole il sole durante le stagioni, sebbene non lo guardasse, perse il conto del tempo e con esso, anche delle emozioni e del perché che l’aveva portata lì. Bastava un cesto di fragole per rasserenarle la giornata e, di tutte le attività svolte quotidianamente, la pittura delle pareti l’aspettava con gaio entusiasmo. “Ogni colore ha un suo odore e una sua consistenza, va bene, ma dimmi che non abbandonerò mai questa casa e che staremo così per sempre…” diceva la non più bimba. E la vecchina le rispondeva “Un giorno ti ritroverai proprio dove ti sei smarrita, e lì capirai…”.
Ma quando perse proprio lei, trovandola una mattina tutta gelida per terra, pianse e defluì così tante lacrime che i fili tessuti da quel ragno magico si sciolsero. Disperata per quella morte, la ragazza fu obbligata a guardarsi attorno, e il timore fece posto alla curiosità: lungo le pareti della casa, in quegli anni, avevano disegnato insieme una mappa!
Sepolta l’amata vecchina, e onorato il lutto, la ragazza prese le sue cose e partì, diretta al vuoto centrale di quella cartina, riportata su un foglio ora piegato in tasca.
Sbagliata la strada più volte, la ragazza arrivò esattamente dove voleva. E lì scoprì che l’albero dei desideri stava seccando. Appoggiato a quel tronco, un bambino faceva la conta per nascondino. A lei venne d’istinto appoggiare le mani sugli occhi di lui ma quando sentì il contatto con le sue, trasalì impaurita.
Lui le disse: “Tu sei la fata dalle mani di ragno! Allora esisti davvero! I miei genitori mi raccontano sempre di te! Dicono che quando appari, si può esprimere un desiderio e tu lo avveri!”.
Racconto di Paolo Negri (www.ilcavedio.org) -Illustrazione di Anna Marabelli (instagram @Anna_Marabelli)
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