Al cuore fa bene far le scale
di Luigina Marzano

Trucco e tacchi alti non bastano a dissolvere le ombre della donna che, seduta a un tavolo per due, attende l’estraneo incontrato sui social.
Non oltre i cinquanta, e in conto l’ultima delusione.
Forse la camicetta è troppo trasparente, rimetto la giacca. Forse il rossetto è troppo vistoso, lo tolgo. Sono le 20:00. Non verrà. Come ho potuto sperare.
Le vetrate del ristorante la proteggono da un improvviso temporale estivo. Rombo di tuoni, ma le onde marine le infondono pace.
Vorrebbe essere proprio lì, in mezzo a quel mare scuro e profumato. Che strano pensiero. L’aria di Positano, lo sfondo color pastello delle sue casette a strapiombo sull’acqua bianca di schiuma, o piuttosto la leggenda di Poseidone, il dio greco che l’avrebbe fondata per amore della ninfa Pasitea.
I pochi tavoli del ristorantino sono stati occupati. La voce calda di una cantante, che allieta la serata, la riporta alla realtà. Le parole della canzone incoraggiano a lasciare ogni preoccupazione, accompagnate dalla leggerezza delle note.
Al cuore fa bene far le scale, ma se non fa le scale al cuore fa bene far l’amore. Il cuore qualcosa deve fare, che altrimenti muore…
Due minuti e ventidue secondi di poesia e musica la conducono in altre dimensioni, tra i fallimenti di un passato che non torna, le illusioni di un futuro che spaventa, e un presente da vivere. Adesso.
20:30. Lui non è ancora arrivato. Che fare. Aspettare, ordinare, andare via.
– Sei tu Marisa? Un uomo di mezz’età, inzuppato, i capelli incollati alla fronte e lo sguardo esitante, le porge la mano e prende posto di fronte a lei.
– Sei Matteo? Per un attimo ho pensato che non saresti venuto
– e stringe il tovagliolo tra le dita.
– I signori gradiscono dell’acqua? – chiede il cameriere, e salva Matteo dall’imbarazzo. Non avrebbe mai confessato che giunto al ristorante si era fermato all’aperto, sotto la pioggia, a osservarla. Il cuore gli batteva come se avesse fatto le scale di un grattacielo, indeciso se restare o tornarsene a casa.
Ma quella canzonetta gli aveva dato la spinta. E così era stato per Marisa. Perché a volte basta poco. Basta permettere alla vita di ricominciare.
Un gioco di sguardi, la musica nelle vene, e tra un brindisi e una battuta sulle previsioni del tempo sbagliate i due chiedono un bis alla cantante.
Fallo impazzire, fallo soffrire, non dare retta a chi ti dice di andare piano. Che vada in fretta, fallo sfrenare, la vita è questa: deve scaldarsi, deve eccitarsi. Il cuore è cuore, si ferma e muore… non lo fermare. Non lo fermare. Il cuore.
La nostra canzone, dicono in silenzio i loro occhi.
Ispirata alla canzone “Al cuore” di Patrizia Cavalli e Diana Tejera
Racconto di Luigina Marzano (www.ilcavedio.org)- Serie “Non sono canzonette” dedicata a Maniglio Botti
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