“Riorganizziamo il CCR per studiare la prossima Europa”
E' la sfida per i prossimi dieci anni del centro di ricerca dell'Unione europea: non più solo ricerche su domande specifiche, ma dati per creare una nuova politica comunitaria
Lavorare per prevenire i problemi, non solo per risolverli: è questo l’obiettivo del CCR per i prossimi dieci anni, presentato nella giornata del 16 dicembre 2010 dalla dirigenza del sito europeo. Nella cittadella della ricerca europea che ha sede a Ispra – ed è una dei sette centri in Europa al lavoro per la direzione generale della UE – il lavoro di ricerca è da sempre portato avanti su impulso delle commissioni al lavoro a Bruxelles, ma la capacità di questa “fabbrica di ricerche” – con 3172 lavoratori di cui 2194 interni e un budget annuale di 420 milioni di euro tra somme istituzionali, attività competitive e crediti in aggiunta dai paesi associati – ormai va ben oltre alla singola questione.
«L’obiettivo futuro è andare verso la formulazione di una politica completa sugli argomenti che questo centro di ricerca affronta, prevalentemente questioni legate all’ambiente e alla sicurezza del cittadino – spiega Dolf Van Hattem, direttore facente funzioni del sito (nella foto) – Affrontare le cose prima che i problemi arrivino, uscire dalla semplice ricerca su domande specifiche che inizia solo quando i problemi si sono già verificati. Un obiettivo che prevede anche una riorganizzazione interna, non solo per competenze dei vari istituti, ma per area tematica».
La strategia dal 2010 al 2020 tende a studiare «Una economia aperta e competitiva, una politica della sicurezza e della gestione delle crisi, una società a bassa emissione di carbonio e sicura dal punto di vista nucleare, nell’ottica di una gestione sostenibile delle risorse naturali».
Questo ampliamento delle competenze prevede un rinnovamento generale del sito e la sua riorganizzazione fisica: il Ccr (o Jrc, secondo la sigla internazionale) è una vera e propria cittadella, e i vari centri di ricerca sono sparpagliati su una area importante. «La nostra idea è di concentrare il 90% della ricerca nella cosiddetta area scientifica» spiega Van Hattem. E in quest’ottica al suo interno si stanno costruendo due nuovi edifici, che ospiteranno tutta la parte di ricerca ambientale e le “life sciences”: palazzi collegati tra loro che accoglieranno circa 400 ricercatori in un’area totale di 24mila metri quadrati.
Un modo anche per ridurre parte dei costi: e anche in quest’ottica potrebbe leggersi l’obiettivo di ridurre al massimo possibile l’impatto ambientale della sede, secondo il criterio 20-20-20 (cioè 20 per cento di riduzione di gas, 20 per cento di riduzione di consumo di energia, 20 per cento di aumento di uso dell’energia rinnovabile). «Questo sarà l’obiettivo più difficile da raggiungere – spiega il direttore del sito – ma è un passo necessario, perchè l’obiettivo finale, per noi obbligato, è di diventare una sede a emissioni zero, oltre che ad alta sostenibilità ambientale».
Chi ha frequentato “la cittadella” sa che molte delle prescrizioni da noi recentissime sono comuni in quel centro: dalla raccolta differenziata diffusa ovunque all’uso di biciclette aziendali. Ma molto c’è ancora da fare, anche se una tappa importante quest’anno è stato l’ottenimento della certificazione ISO 14000: a riconoscergliela, poche settimane fa, l’istituto Det Norske Veritas.
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