L’Imf è fallita, ma i lavoratori rimangono fedeli alla loro fabbrica
Gabriele Galante ha parlato per l'ultima volta alla sua gente. Il sindacato ha aperto la mobilità ma in pochi hanno aderito. De Musso (Fiom): «Sono a rischio 100 posti di lavoro, 400 con l'indotto»
Lunedì 12 settembre 2016 è una data che rimarrà a lungo impressa nella memoria dei lavoratori del Luinese. E anche in quella del sindacato e degli industriali della provincia di Varese. La Imf, una delle più importanti aziende metalmeccaniche del territorio, è fallita. Saltano così 100 posti di lavoro che potrebbero salire a 400, se si tengono in considerazione anche le ricadute che questo fallimento avrà sull’indotto della zona.
Gabriele Galante, imprenditore considerato a ragione uno dei più illuminati e lungimiranti di questa provincia, si è arreso. Per un’ultima volta ha parlato alla sua gente – così definiva i suoi dipendenti – riunita in assemblea nello stabilimento di Creva di Luino, con momenti di vera commozione, a dimostrazione che la stima tra la proprietà e i lavoratori, nonostante le difficoltà di questo ultimo anno, non è mai venuta meno.
La Imf fallisce per via dell’embargo russo, che ha fatto saltare tre commesse consistenti, e per la contrazione del mercato cinese. Sembra quasi una beffa per un imprenditore che, quando non si parlava ancora di globalizzazione e internazionalizzazione, era già presente in Cina, Brasile ed Europa dell’est e fino a ieri faceva da tutor ai colleghi industriali interessati a quei mercati. Galante era consapevole dei rischi rappresentati da alcune tensioni internazionali, ma al tempo stesso alla domanda se avesse risentito della crisi, rispondeva senza spocchia che lui la crisi non sapeva che cosa fosse. D’altronde la Imf con i suoi 47 milioni e 528mila euro di fatturato (dato del 2014) e con oltre 12 milioni di mezzi propri (Fonte “Made in Varese”) era tra le aziende che tenevano alto il nome del manifatturiero varesino nel mondo.
Nessuno pensava a questo fine corsa. Non ci pensava Galante. Così come non ci pensavano i suoi operai o, meglio, la sua gente. «Molti non ci credono ancora oggi che il fallimento è un fatto compiuto – spiega Francesca De Musso, delegata della Fiom Cgil -. Basti pensare che pur avendo aperto la mobilità per cinquanta persone ne hanno usufruito solo dodici lavoratori. Questo significa che la maggior parte di loro riteneva che l’azienda potesse riprendersi. E come dargli torto, se prospettavi questo scenario solo un anno fa, nessuno ci avrebbe creduto».
In questi mesi si sono rincorse voci di potenziali acquirenti, di gruppi stranieri interessati a subentrare nella proprietà dell’Imf, ma alla fine, nonostante il sindacato avesse ottenuto la cassa integrazione in deroga, proprio per dare più tempo a Galante per trovare una soluzione, il miracolo non è riuscito. «Spero che il curatore trovi nuovi investitori interessati all’acquisto – conclude la sindacalista della Fiom -. Forse, ora che è fallita, sarà più facile perché più conveniente. Questa è la dura legge del mercato».
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