Il Coronavirus fa litigare bar e ristoranti
Giordano Ferrarese, presidente provinciale della Fipe: «La confusione è stata generata dal fatto che con l'unificazione delle licenze sulla carta quella distinzione non c'è più»
Non sono giorni facili per Giordano Ferrarese, segretario provinciale e consigliere nazionale della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) di Confcommercio che conta quasi duemila aziende associate. L’ordinanza regionale per arginare il Coronavirus ha imposto la chiusura anticipata alle 18 ai bar e ai pub escludendo però i ristoranti che possono continuare a rimanere aperti. Una distinzione su cui anche il presidente nazionale della federazione, Lino Stoppani, è intervenuto pubblicamente.
«La confusione è stata generata dal fatto che con l’unificazione delle licenze e la revisione della normativa sulla carta quella distinzione non c’è più – spiega Ferrarese – Certo i bar hanno meno vincoli, rispetto ai ristoranti, pensiamo solo ai bagni che devono essere dimensionati sulla clientela potenziale. Ma è innegabile che un bar oggi tra happy our e pranzi veloci svolge un’attività assimilabile».
Il vero problema è stato generato dal fatto che le singole ordinanze comunali riportavano la dicitura “Bar, pub altri esercizi“. «Questa specificazione – continua Ferrarese – ha creato una legittima domanda negli esercenti: che cosa si intende per altri esercizi? Quali sono questi esercizi? In effetti è una definizione che comprende il mondo intero e forse andava declinata con più chiarezza».
La Fipe non discute la scelta dell’ordinanza regionale, anzi. Secondo il presidente provinciale della Fipe, le ragioni sono comprensibili perché «mirano a tenere le persone non troppo a contatto tra di loro, cosa che negli happy our accade puntualmente e che, anche in tempi normali, andrebbe regolamentato. Nei ristoranti le persone sono sedute al tavolo e sono seguite da un cameriere e quindi quel potenziale promiscuo non si verifica».
Al di là di ogni polemica, la preoccupazione di tutta la categoria è sulla ricaduta economica negativa legata all’incertezza del protrarsi dell’embargo del Coronavirus. «È importante che tutti si diano una calmata e rispettino l’ordinanza – conclude Ferrarese -. È difficile fare un calcolo dei danni, quello che possiamo dire è che il danno c’è già e avrà ricaduti anche in altri settori. Quello che ci preoccupa è l’incognita della variabile tempo. Finché si tratta di una settimana il sistema può reggere, oltre diventa un problema».
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