I produttori del Latte Varese e la corsa contro il tempo per “piazzare“ la mungitura
Parlano gli storici allevatori che da sempre hanno creduto nella strada della cooperativa e che ora devono correre contro il tempo per salvare la loro attività
«Ho aperto la stalla 37 anni fa, e da allora ho sempre conferito nella cooperativa». E adesso? «E adesso dobbiamo piazzare il latte, che è una cosa che non si può “impignare“, dobbiamo venderlo al più presto, e forse ce la facciamo. Ma c’è un grande dispiacere».
Maurizio Torresan, 63 anni ha la stalla a Caravate dal 1984. Sessanta vacche da mungere mattino e sera che danno da mangiare a lui, ai due figli e alla nuora: l’intera famiglia gravita attorno a questa impresa agricola rimasta orfana del soggetto in cui decine e decine di allevatori hanno negli anni riposto la loro fiducia: con la crisi della Prealpina Latte (di cui è presidente della cooperativa) ora l’intera produzione va conferita ad un altro acquirente. Impossibile pensare ad una riconversione nel breve periodo verso altri prodotti o filiere, come il caseario.
«Ci vogliono soldi, permessi e tempo».
La centrale “Latte Varese” chiude i battenti. “Ci hanno lasciato soli”
Proprio quello che i produttori locali non hanno, e non solo quelli con stalle che ospitano decine di animali, ma anche gli operatori più piccoli, con meno bestie. L’allevatore spiega che «i soci ancora presenti, che sono in tutto 6 o 7 hanno già messo soldi per sperare di risollevare le sorti della cooperativa».
Soldi ora persi, da dimenticare: a breve arriverà un commissario e le strade fra i singoli allevatori e «Latte Varese» si divideranno.
Sul piano dei compratori della storica cooperativa, sempre il presidente dei soci ammette l’interlocuzione con alcuni soggetti della provincia di Varese non andata a buon fine.
Si percepisce, nelle sue parole una certa fretta: ma non è questione di appuntamenti piuttosto di far combaciare i ritmi di un lavoro che produce reddito con quelli di un prodotto dagli equilibri delicatissimi, eccezionale proprio perché deperibile; tutto al netto dei rischi di una professione che da sempre confina con l’alea della natura, i ritmi delle stagioni, le incognite di un mondo lontano dalla città ma che ancora per fortuna resiste.
C’è la speranza almeno di riuscire a continuare a vendere il latte: «Forse ho trovato un compratore, è questione di ore. Ma ancora la trattativa è in corso e non è bene entrare troppo nel dettaglio», spiega Torresan all’ora di pranzo, il momento d’oro in cui tirare il fiato per chi ha mani sempre impegnate e le orecchie pure, alle prese coi rumori dei macchinari agricoli, o del lavoro in campagna. Come il caso di Roberto Barichella di Besozzo: oltre 70 vacche da latte: «Richiami alle 12.30, è fuori, nei campi col trattore».
Difatti l’imprenditore a quell’ora è tornato a casa: «Facciamo circa 1.400 litri al giorno, e vista la situazione avevamo già abbassato la produzione». Quale situazione? «Diciamo poca tranquillità sul fronte dei pagamenti. Ora dobbiamo cercare un altro acquirente».
Il valore del latte dei produttori della cooperativa è molto elevato sul piano nutrizionale e della qualità. Dal punto di vista economico il latte si attesta fra i 37,5 e i 38 centesimi per litro anche se il prezzo teorico di mercato potrebbe variare spingendosi fra i 39 e i 41 centesimi al litro visto l’aumento del prezzo dei mangimi e dei carburanti e di un accordo a livello regionale che riuscirebbe a compensare la forbice di quei pochi decimali che in teoria dovrebbe proteggerli da momentanee speculazioni di mercato.
Ma non c’è tempo, la sera si avvicina e l’ultimo conferimento alla cooperativa risale a manica sera: un giorno sì e uno no per far arrivare il latte fresco nelle tavole dei varesini. E domani chissà.
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