Confagricoltura Varese risponde a FIPE: “Agriturismi, nessuna concorrenza sleale ai ristoranti”
Dopo le dichiarazioni del presidente provinciale della Federazione dei pubblici esercizi Giordano Ferrarese, arriva la replica di Confagricoltura, affidata ad una nota che cita numeri e pone alcune questioni per bocca del Presidente di Confagricoltura Varese, Giacomo Brusa
Dopo le dichiarazioni del presidente provinciale della Federazione dei pubblici esercizi Giordano Ferrarese, arriva la replica di Confagricoltura, affidata ad una nota che cita numeri e pone alcune questioni per bocca del Presidente di Confagricoltura Varese, Giacomo Brusa
Appare davvero incomprensibile l’attacco di FIPE ad un provvedimento tutto sommato marginale di Regione Lombardia relativo all’ampliamento del numero di pasti somministrabile negli agriturismo della Regione nei giorni festivi.
Viene lamentata una “concorrenza sleale” e allora occorre ricordare che non si tratta di concorrenza perché le due tipologie di attività sono strutturalmente diverse, come è diversa l ‘offerta di prodotti e la clientela.
I pubblici esercizi sono siti prevalentemente un centri urbani, potenzialmente attivi 365 giorni all’anno, senza limitazioni nell’acquisto di prodotti e nell’offerta di piatti e in generale senza condizionamenti meteo climatici.
Dall’altra parte allora occorre sottolineare seppure sommariamente quali e quanti vincoli debba rispettare l’operatore agrituristico nello svolgimento della propria attività : solo per fare qualche esempio non possono essere serviti pesci di mare o vini non Lombardi e vi è un forte limitazione nella provenienza dei prodotti utilizzati ( almeno il 35% di produzione aziendale ed almeno l ‘80% tra prodotti dell’azienda e prodotti obbligatoriamente acquistati da altre aziende agricole lombarde oppure a denominazione di origine , sempre lombarda naturalmente).
Emblematico al riguardo delle limitazioni è il numero massimo di pasti somministrabili, (autorizzato da Regione Lombardia in base alle effettive produzioni dell’azienda agricola ) che l’agriturismo non può superare a pena di salatissime sanzioni , vincolo che – giustamente – i pubblici esercizi non conoscono.
Ma soprattutto deve essere prevalente nell’organizzazione aziendale la parte agricola, cosa certificata da opportuni periodici ed approfonditi controlli da parte di Regione Lombardia.
Quindi si può tranquillamente sostenere che gli agriturismi – rispetto alle attività di ristorazione commerciale sono soggetti a un ulteriore livello di controllo sconosciuto ai ristoratori .
Poi normative igienico – sanitarie e di sicurezza sono evidentemente applicate al settore agrituristico che – a differenza di quanto emergerebbe dalle dichiarazioni di FIPE non vive nel Far – West ma nell’Italia del terzo millennio con tutte le certezze e gli adempimenti necessari.
Quindi l’attività agrituristica si svolge in territori rurali , fuori dai centri urbani , è prettamente stagionale e fortemente legata all ‘andamento meteorologico e chi va in un agriturismo la fa per lo più per passare una giornata all’aria aperta in strutture attrezzate, godendo delle bellezze della campagna ed accostandosi alle pratiche dell’agricoltura anche degustandone i prodotti .
Riteniamo che l’utente dei pubblici esercizi sia interessato ad altro ed è per questo che non capiamo dove possa essere la “sleale concorrenza”, si tratta di mercati diversi , con operatori diversi e diversa clientela .
Ma occorre anche spendere due parole sul senso vero dell’agriturismo: garantire una integrazione al reddito agricolo in zone difficili , mantenere gli agricoltori sul territorio con tutti gli effetti positivi di tale attività sul paesaggio e sul dissesto idrogeologico , ampliare l’offerta turistica e valorizzare il territorio anche con la conoscenza diretta delle imprese agricole e delle loro produzioni . Tutto questo naturalmente va a vantaggio dell’offerta turistica complessiva della Provincia , offerta di cui poi tutte le categorie – direttamente od indirettamente – si giovano.
E’ proprio così difficile fare sistema da noi?
Il Presidente di Confagricoltura Varese, Giacomo Brusa
Si impone una considerazione : come è possibile che poche decine di agriturismo ( 30 nel comunicato FIPE in cui si vagheggia anche di altrettanti “non registrati” che pertanto andrebbero attribuiti alla categoria del nero e non certo a quella degli operatori agrituristici ) possano fare concorrenza al settore dei pubblici esercizi che in Provincia di Varese è forte e strutturato al punto che una veloce ricerca su Google permette di reperire ben 1610 ristoranti in Provincia? E allora, di cosa stiamo parlando ?
Ci piacerebbe che tanta energia fosse investita da FIPE per trovare sinergie col settore agricolo: anche ad esempio collaborando sulla valorizzazione dei nostri prodotti provinciali a denominazione di origine protetta (miele , vino e formaggio ). sinergia che gioverebbe davvero a tutti “ .
La considerazione è che una cosa è produrre in proprio e valorizzare il prodotto nella filiera aziendale dell’agriturismo : calamità ,malattie, intemperie , grandinate , alluvioni , cinghiali , cervi e grandi predatori … possono in ogni momento azzerare il prodotto di un anno, tutt’altro è reperire liberamente sul mercato i prodotti necessari senza alcuna limitazione.
Passiamo alle domande: se questa attività è così facile e redditizia come apparirebbe perché è numericamente così limitata in Provincia e soprattutto perché chi la critica non pensa magari invece di riconvertire le propria attività aprendo appunto degli agriturismo?
Forse perché aprire una azienda agricola, dotarla delle necessarie strutture produttive, trovare la necessaria manodopera qualificata e motivata, produrre alimenti vegetali e zootecnici con tutti i rischi del caso per poi, alla fine del ciclo se e quando tutto va bene , valorizzarli nel ristoro agrituristico è molto più facile a dirsi che a farsi soprattutto in un territorio svantaggiato dal punto di vista agricolo come il nostro” .
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